Genovese, residente a Milano, Vanni Cuoghi è fra i più eclettici e originali artisti italiani. Presente alla Biennale di Venezia e ad altre importanti rassegne sia in Italia che all’estero, ha tenuto mostre personali di assoluto rilievo. I suoi lavori, fra cui la celebre serie dei “Monolocali”, si possono ammirare nelle pagine del suo sito http://www.vannicuoghi.com/it/. Durante il lockdown ha realizzato 56 acquerelli, uno per ogni giorno di forzata “clausura”, testimonianza “in presa diretta” dell’isolamento dovuto, come sappiamo, alla diffusione del Covid-19. L’artista – che ringrazio sentitamente – ha gentilmente risposto alle mie domande su questo “Diario d’immagini”.
Iniziamo con una provocazione: perché hai scelto di eseguire le tue opere formato cartolina, dato che ormai le cartoline sono… in via d’estinzione?
Le cartoline hanno un “passo lento” e, al contrario delle mail, descrivono un tragitto tangibile, reale e tracciabile, composto da una partenza, un percorso e un arrivo.
Hai tenuto un diario per immagini del lockdown, quando hai iniziato?
Dopo l’8 marzo, quando il Governo ci ha chiesto di chiuderci in casa. Si è trattato di un’intimazione potente. Ecco allora l’idea di creare un documento tangibile di questo evento con 56 acquerelli che sono un vero e proprio “diario” che esprime i momenti in cui non si doveva lasciare la propria abitazione per il bene proprio e altrui.
Artisticamente parlando, quali tra i soggetti legati alla pandemia ti sembra più rappresentativo di questa straniante situazione?
Direi l’ultimo, quello pensato con largo anticipo, in cui c’è un sincero ringraziamento alla Madonna e l’iconografia riprende quella della “Madre Misericordiosa” di Piero della Francesca (cfr. Polittico della Misericordia, 1460 circa, Sansepolcro, Museo Civico, ndr) col mantello aperto in senso di protezione ma anche di forza, quella per uscire dalla pandemia.
Qual è il messaggio di fondo di queste cartoline?
Il messaggio di fondo è la creazione di un documento che vuole diventare memento e speranza per un futuro migliore, lontano dagli errori fatti nel passato. Anche se, a conti fatti, l’uomo difficilmente impara dai propri errori.
Perché hai utilizzato l’acquerello per realizzare questi lavori?
Ho ripreso una modalità esecutiva che avevo lasciato tanti anni fa, perché l’acquerello, a mio parere, è un “mezzo nomade”. Carta, pennelli e colori “ad acqua” possono essere portati ovunque; raccontano dunque un cammino, un percorso.
Credi che l’arte possa essere d’aiuto e conforto in questo complesso momento?
Da artista e da fruitore credo che l’arte possa migliorare la qualità della vita, sia per chi la fa, ma anche per lo spettatore che è parte integrante di questo sistema.
AUTORI: SIMONE FAPPANNI / VANNI CUOGHI © RIPRODUZIONE DEL TESTO RISERVATA