
LONDRA. Soltanto ieri uno striscione allo Stadio Zini di Cremona, esposto dalla tifoseria della Juventus, dove aveva militato, e applaudito da tutti i tifosi, incoraggiava Gianluca Vialli a non mollare, a resistere al male con cui da anni doveva faticosamente convivere.
La sua è stata una resistenza dura, forte, senza paura, come quando scendeva in campo. Ma oggi la battaglia è finita. Oggi Gianluca giocherà in cielo con Pelè, Maradona e gli altri campioni del pallone. Disse: “mi sento un leone. Non a caso mi hanno soprannominato il re leone“.
Nato a Cremona il 9 luglio 1964 è stato non solo un grande calciatore di Cremonese, Juve, Sampdoria e Chelsea, ma anche dirigente sportivo e allenatore, capo delegazione della nazionale italiana.
Tra i migliori centravanti fra gli anni Ottanta e Novanta, ha vinto numerosi trofei.
Con Roberto Mancini ha formato una straordinaria coppia di attaccanti, “i gemelli del gol”, un rapporto, quello fra i due atleti, di profonda amicizia.
Fra il 1985 e il 1992 ha totalizzato 59 presenze e 16 reti nella nazionale maggiore, prendendo parte a due Mondiali, in Messico nel 1986 e in Italia nel 1990, e a un Europeo, in Germania Ovest, nel 1988, oltre ad avere segnato 11 gol con l’Under-21.
Più volte candidato al Pallone d’oro, nel 2015 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. Al di là dei tantissimi successi resta il ricordo dell’uomo, semplice e affabile con tutti.