LUGANO. E’ in corso presso il MASI Lugano la mostra, curata da Cristina Sonderegger, di venti dipinti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, di Alexej von Jawlensky, artista russo nato a Toržok nel 1864 e morto a Wiesbaden nel 1941, uno dei fondatori a Monaco di Baviera della Neue Künstlervereinigung nonché membro, insieme a Vasilij Kandinskij, Franz Marc, Paul Klee, August Macke, Marianne von Werefkin del Blaue Reiter, uno dei movimenti più significativi insieme a Die Brücke (1905) dell’espressionismo tedesco, attivo fino alla scoppio della prima Guerra Mondiale. Nel 1914 Jawlensky abbandona la Germania e ripara dapprima nel Canton di Vaud a Saint-Prex, dove rincontra gli amici pittori Ferdinando Hodler e Cuno Amiet, indi a Zurigo pervasa artisticamente dalla tempesta dadaista, per approdare infine ad Ascona in Ticino, dove soggiornerà dal 1918 e il 1921. Qui ritrarrà gli ameni paesaggi ticinesi su cui si irradia una luce, per certi aspetti, già mediterranea, quella luce e quei paesaggi che avevano già a suo tempo attratto molti artisti, poeti, filosofi, ricchi banchieri provenienti dal Nord d’Europa, i quali diedero vita al movimento di liberazione sessuale ante litteram attraverso la rigenerazione a contatto con la natura e i culti misteriosofici di Monte Verità e del cosiddetto Clarismo (i suoi ideatori furono Elisàr von Kuppfer e Eduard von Mayer) all’insegna di un paradisiaco “no gender” e un iniziatico percorso mistico e palingenetico.
La mostra, che chiuderà i battenti il 3 agosto 2023, è ideata come momento di approfondimento tematico nell’ambito dell’esposizione permanente del MASI dal titolo “Sentimento e osservazione” che intende ripercorrere le tappe più salienti dei movimenti artistici elvetici con apporti anche da altre realtà esterne europee.
Il percorso artistico qui documentato pone in essere il metodo di lavoro, davvero pionieristico, di Jawlensky, basato sulle variazioni tematiche e sulla serialità che dalle suggestioni paesaggistiche si orienterà prevalentemente verso il figurativo dapprima con valenze coloristiche tipiche dell’espressionismo e poi via via sempre più astratte, concettuali e mistiche (a quest’ultimo proposito si ricorda la ricerca del volto di Cristo, cui già nel Settecento, sul versante della riflessione filosofica, aveva dato un contributo fattivo lo svizzero Johann Kaspar Lavater con i suoi studi sulla fisiognomica).
Gli anni del soggiorno ad Ascona saranno quindi decisivi per la sua svolta artistica, si diceva dal paesaggio alla raffigurazione umana: “sulle rive del Verbano si consolida quindi il suo linguaggio pittorico personale, in cui le accese cromie e le linee marcate dell’espressionismo si coniugano con le forme semplificate e le trasparenze cromatiche dell’astrazione”. Parecchie opere presenti in mostra sono anteriori a quelle realizzate nel Canton Ticino e servono al visitatore per fruire dell’entroterra pittorico, da cui si è poi sviluppata la poetica del Nostro.
Dalla Natura con caffettiera gialla e teiera bianca del 1908 si passa a Testa con donna del 1913, per poi proseguire, tra l’altro, con Il sentiero. Madre di tutte le variazioni risalente al 1914, Variation über ein landschaftliches Thema (Variazione su un tema paesaggistico del 1914), Paesaggio temporalesco del 1915, la Grande variazione (1916), la Variazione. Sorgere del sole del 1916, nucleo di opere segnate fortemente dalla sensibilità espressionista resa da una pallette cromatica talvolta accesa talvolta più evanescente (rimandi ai lavori del Blaue Reiter). La triennale permanenza nel Canton Ticino di Jawlensky, da lui definita “interessante”, avrà un forte punto di coagulo, sul versante creativo, nelle cosiddette Teste astratte (o costruttiviste), una fervida produzione già avviata a Zurigo nel 1917 e non priva di accenti teosofici. L’opera-guida intesa come Urform sarà infatti la Testa astratta. Forma primordiale del 1918, cui faranno seguito molte altre secondo un’originale e personalissima serialità che dal volto umano tout court passa a quello sacrale del Cristo (celebre il Volto del Salvatore del 1920). “Pur ispirati a tratti di persone reali, i visi sono generalmente il frutto di una ricerca dell’essenzialità, che ben presto aspira a diventare forma universale e iconica del volto, priva di ogni individualità. Sempre a Zurigo l’artista avvia la serie dei Volti del Salvatore. Si tratta di volti dai tratti asessuati, inizialmente con occhi anche aperti, col tempo sempre più chiusi, le cui sembianze vanno a confondersi”.
Tali teste astratte del periodo di Ascona rappresentano un’efficace e originale sintesi tra la geometrizzazione dei volti e un felice equilibrio cromatico. Jawlensky addotta infatti, in questa fase della sua produzione artistica, colori più tenui che vengono stesi su campiture larghe e distese. Le accese cromie e contorni marcati dei ritratti eseguiti prima dello scoppio della prima Guerra Mondiale sono ormai un ricordo. Come sostiene lo stesso artista: le teste sono “insiemi composti da linee che verso il basso si chiudono, verso l’alto si aprono e al centro si incontrano”. L’astrattismo di Jawlensky è pertanto fortemente personale e, per certi versi, inedito.
La visita a tale mostra è vivamente consigliata per gli stimoli e le suggestioni che se ne ricavano in abbondanza in ordine alla celebrazione di un pittore davvero significativo delle Avanguardie storiche del primo Novecento.
E’ disponibile anche il catalogo intitolato “Alexej von Jawlensky ad Ascona” in edizione italiana e tedesca, curato da Tobia Bezzola e uscito quest’anno per i tipi dell’editore Casagrande.
ERMINIO MORENGHI
Sede e orari: LAC, Piazza Bernardino Luini 6, 6900 Lugano;
Ma/Me/Ve:11.00-18.00
Gio:11.00–20.00
Sa/Do/Festivi:10.00-18.00
Lu: chiuso.
Sito web: www. masilugano. ch