
Vi sono luoghi che sono significativi non tanto per cio che sono in un determinato frangente storico ma soprattutto per il potere evocativo oltre che della presenza di lacerti documentaristici.
Ilcastello dell’Innominato si inserisce perfettamente in un contesto simile.
Storicamente si constata come rocca di Somasca sia in sostanza una fortificazione, probabilmente così come si presenta nella forma attuale, risalente al XIII secolo posizionata su un’altura al confine tra il comune di Lecco e quelli delle valli soprastanti il capoluogo lombardo.
Secondo la tradizione Alessandro Manzoni, nei promessi sposi, si ispirò a questa rocca per ambientare la residenza dell’Innominato.
Si tratta di un insediamento militare che sorge su un’altura di roccia calcarea abitata sin dall’età del ferro dalla cultura di Golasecca. Ma la roccaforte è probabilmente di origine alto medievale, ossia fra Vll e Vlll secolo che poi nel XIII secolo divenne castello di proprietà della famiglia dei Benaglio, vassalli bergamaschi dei Della Torre di Milano per poi entrare a far parte dei possedimenti della Repubblica di Venezia dopo la pace di Lodi nel 1452.
Nel XV secolo le comunità cristiane di Somasca e Chiuso, compivano processioni che salivano fino alla croce vicina alla cappella nella quale veniva celebrata la messa, e riscendevano spesso con un giro ad anello alla rispettiva parrocchia. La cappella rimase in profondo stato di abbandono a causa dell’eccessiva distanza che separava il castello e l’abitato sottostante ed inoltre questa venne devastata con il castello durante le lotte tra guelfi e ghibellini. Con l’arrivo di san Girolamo Emiliani a Somasca nel 1533 la cappella venne restaurata da lui e dai suoi compagni religiosi.
Come spesso accadeva, la pietra veniva recuperata dal forte ormai ridotto a rudere, ( e a testimoniarlo resta un’iscrizione interna e nel 1534 )
Anche dopo le opere promosse da San Girolamo la cappella venne nuovamente abbandonata e lasciata andare in rovina fin quando nel 1892 furono ritrovate le fondamenta.
Da questo momento I lavori di ricostruzione furono gesti dall’architetto Antonio Piccinelli e si conclusero l’8 settembre 1895.
Il restauro è realizzato stile neoromanico e ha una pianta rettangolare che culmina con un’abside. L’ingresso è formato da un arco sormontato da un affresco della madonna e preceduto da sei gradini, oltre che dall’ingresso la facciata è dotata anche da una finestra circolare e da dieci archetti decorativi in mattoni.
La muratura in pietra locale è sovrastata da un tetto a capriata lignea su cui è posizionata una statua in cemento di san Girolamo Emiliani mentre sul lato destro è presente una campana benedetta detta “Ambrogia” realizzata dalla fonderia Barigozzi di Milano il 9 novembre 1902.( iscrizioni e targa presenti)
L’interno, piccolo e congestionato è in pietra a vista e culmina in un’abside e da due affreschi dipinti nel 1895 da Antonio Sibella: uno, quello inferiore raffigura sant’Ambrogio in trono mentre quello nella parte superiore san Girolamo Emiliani.
Il cartiglio sotto il dipinto di san Girolamo riporta un iscrizione dedicataria che ne certifica le intenzioni.
In seguito alla ristrutturazione del santuario di San Girolamo Emiliani poco più a valle, e della cappella di Sant’Ambrogio, l’architetto don Antonio Piccinelli decise di ricostruire anche la torre principale del castello.
Anche per la torre, una volta ritrovate le fondamenta, ormai nascoste dalla vegetazione, nel 1897 con una messa celebrata nella cappella di Sant’Ambrogio si diede inizio ai lavori di ricostruzione.
La torre fu innalzata per un’altezza considerevole di 8 m con le pietre del luogo e venne resa come parzialmente diroccata secondo lo stile neogotico: si tratta dunque di un falso storico che vive dell’enfasi, nella sua ricostruzione, di quel sentimento romantico diffuso a fine ottocento.
La torre fu poi inaugurata dopo circa un anno il 15 dicembre 1898.
LUCA NAVA
Bibliografia :
*Bollettino annuale della Civica Biblioteca Angelo Mai di Bergamo, Bergamo, 2009-2010.
*Gestione delle praterie e dei prati di interesse naturalistico – Consorzio Parco Monte Barro 1998
*Michela Ruffa, Il sito golasecchiano della rocca di Vercurago, in Fabio Bonaiti e Gian Luigi Daccò (a cura di).
Sotto il mantello di San Martino: storia di una valle di confine, Calolziocorte, Comunità montana Lario Orientale – Valle San Martino, 2012.
*Paolo Gabriele Nobili, Comuni montani e istituzioni urbane a Bergamo nel Duecento. Alcuni esempi di un rapporto dal difficile equilibrio, in Riccardo Rao (a cura di), Bergomum 2009, Bergamo.