
CERRETO. Quando si parla della bassa Lombardia viene spontaneo pensare alle città di Mantova, Cremona, Crema, Lodi e altri centri e province afferenti all’area geografica più lontana dal contesto del capoluogo regionale, con le sue infrastrutture e l’economia collegata all’inevitabile ritmo di vita frenetico.
Il clima cambia decisamente nell’area che interessa le città di Cremona, vigevano e Lodi
Per quest’ultima in particolare, il discorso si fa interessante, se si volge lo sguardo con particolare attenzione dalla città verso la sua l’area di influenza, in particolare nelle zone rurali in cui si conservano gran parte delle testimonianze della superstite parte medievale.¹
Uno sguardo così posato su quella appartata realtà, può aprire le possibilità di fare un’esperienza del tutto diversa rispetto ad esempio, del contesto più omogeneo, per rimanere in Lombardia, dell’area dei laghi più a nord, sperimentando probabili accessi a suggestioni inaspettate.
E’ proprio in questo contesto che sorge l’Abbazia del Cerreto², nota anche come “Cerreto lodigiano”.
L’architettura gotica cistercense, comune a Morimondo, Chiaravalle, e per alcuni aspetti alla Certosa in Pavia, si innalza sul distensivo paesaggio naturale della pianura padana, coi campi irrigati da una fitta rete di grangie, ‘rogge’,³ filari di alberi frangivento e piccoli centri abitati, fattorie, cascinali,⁴ immancabili per la vita di un’abazia, di cui si è parlato altrove riguardo a contesti simili.⁵
Può bastare anche un breve passaggio a Cerreto per scoprire che il territorio è ricco anche di storia e di beni architettonici antichi anche ben conservati, testimoni di un importante passato che molto ha inciso e caratterizza il presente, soprattutto nella lingua e nella toponomastica. Cerreto è un piccolo gioiello architettonico incastonato nel verde della campagna. L’edificio monastico, inutile negarlo, richiama alla mente Chiaravalle Milanese,⁶ sia pure in dimensioni più ridotte.
E con la sorella maggiore condivide la parti oltre-la disposizione dei corsi d’acqua attorno e lo sfruttamento della forza motrice di questi tramite la presenza di un mulino che nei secoli ha consentito di produrre farina sai cereali dei campi limitrofi ma anche di produzioni provenienti da altre abazie, di molare coltelli e falcia erba, di segare tronchi interi e molto altro.
E infatti l’abbazia lodigiana, fondata dai benedettini nel 1084, fu successivamente affidata per il suo sviluppo ai cistercensi impiantati qui in un turbolento periodo di dispute teologiche da Bernardo di Chiaravalle e acquisì nel tempo un ruolo significativo per tutta l’area lodigiana.
L’interno della chiesa, esempio notevole di architettura romanico-gotica,⁷ di cui a breve si farà cenno,
Merita menzione l’accostamento dell’originario mattone, tipico della terra lombarda, col bianco dei restauri di anni recenti: questo ha creato un mix cromatico particolarmente riuscito, anche se farà storcere il naso ai puristi del restauro conservativo.⁸
Il clima che si respira internamente, proprio grazie a questa soluzione bicroma distribuita sulle strutture costolonate, è quello già presente nella basilica degli apostoli poco fuori Lodi vecchio.
Tra le opere pregevoli che si trovano all’interno spicca una tela di Callisto Piazza, discepolo di Tiziano, denominata “Pala Cesi”. Il dipinto, commissionato dall’abate Cesi, raffigura la Madonna col Bambino, i santi e il committente stesso.
La configurazione strutturale si presenta come chiesa a croce latina a tre navate di cui la navata centrale a sistema alternato: quattro doppie campate rettangolari a cui, nelle navate laterali, corrispondono otto campate divise da pilastri in cotto senza base con fasci di semi colonne. Il presbiterio rettangolare è separato da una balaustra. Il transetto è a un’unica campata per braccio e nel transetto sono disposte sei cappelle rettangolari⁹, una per braccio. Abside squadrata. Copertura a tetto a due falde su navata centrale e a una sulle navate laterali. Facciata a doppio spiovente e a frontone spezzato.
Antistante alla facciata si apre un pronao¹⁰a tre campate alternate: lunga /breve /lunga con copertura a tetto a una unica falda.
Tutti i muri sono in laterizio, ma non mancano tracce che ben denotano resti di archi a muro dell’originario monastero.
Sopra al coro si innalza il tiburio a lanterna¹¹ ottagonale, la cui imposta all’incrocio è per la metà su archi traversi di raccordo a formare una torre campanaria con copertura piana.
Una seconda torre campanaria a sezione quadrata si innalza sul lato destro dell’abbazia, come tradizione lombarda vuole, vicino alla sacrestia.
L’epoca di costruzione è da riferirsi comunque post 1160 e anteriore al 1170, con qualche dubbio sulla opportunità di spostare in avanti la seconda, per alcune variazioni della tecnica realizzativa delle coperture.
Trattasi quindi della fioritura dell’architettura gotica monastica nel periodo della massima diffusione che qui come in Lodi Cattedrale, Lomello di Pavia,Chiaravalle Milanese e Morimondo, mostra un particolare uso degli archi diaframmatici come soluzione alterna ai contrafforti, e che si ritroverà anche altrove in area lombarda e specialmente in quella emiliana […]
N.L.
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