
BARI SARDO. La mostra collettiva allestita al centro culturale d’arte MAB di Bari Sardo, dal titolo CIBARTI, si inaugura in occasione della manifestazione di esperienze gastronomiche Cosa bona e bariesa, e affronta il tema del cibo nell’arte, interpretato da artisti e artiste attraverso differenti temi, percorsi di indagine, correnti e tecniche.
Il MAB Centro Culturale d’Arte di Bari Sardo, con la direzione artistica di Nicoletta Zonchello, presenta la rassegna dal 5 ottobre al 1 dicembre 2024. L’inaugurazione avrà luogo il 5 ottobre alle ore 11.00. Curata da Caterina Ghisu, Simone Mereu Canepa e Rosanna Tempestini Frizzi, la mostra esplora il tema del cibo nell’arte attraverso opere di artisti contemporanei.
CIBARTI invita a riflettere sul cibo, a cui sono legate le prime manifestazioni artistiche: dalle pitture rupestri preistoriche, gesto magico propiziatorio per la caccia, all’arte egizia che celebra pane e birra, passando per l’arte minoica con i polpi e i pesci, i gioiosi e ricchi banchetti etruschi, fino alle espressioni dell’arte greco romana, con l’invenzione del mosaico asàros òikos, il pavimento non spazzato, che rappresentava il benessere del committente attraverso la descrizione dei resti scartati dai lauti pasti. Alla rappresentazione realistica delle tante immagini sul cibo di affreschi, encausti e mosaici romani, il cristianesimo contrappone un nuovo valore simbolico: pane, vino, pesci, grano e uva divengono emblemi di Cristo, cibi non solo per il corpo ma anche per l’anima; nelle miniature e negli affreschi medievali si susseguono le ricche tavole imbandite dei Banchetto di Erode, delle Nozze di Cana e delle Ultima Cena, con una sempre maggiore attenzione ai dettagli nella pittura del Trecento.
Non c’è periodo storico che non abbia narrato e celebrato il cibo nell’arte, dai cenacoli rinascimentali alle nature morte fiamminghe e caravaggesche, al Mangiafagioli e alla Bottega del macellaio di Annibale Carracci, per approdare, nella seconda metà del XX secolo, alla Pop Art, con il suo cibo macroscopico e colorato, oggetto di consumo, consacrato negli anni Sessanta con la nascita della Eat Art, corrente artistica fondata da Daniel Spoerri.
Nel secolo XXI, gli artisti e le artiste raccontano il tema del cibo e della tavola sotto una luce nuova, attraverso l’uso di tecniche, materiali e mezzi d’espressione alternativi, che hanno consentito di moltiplicare il significato dell’estetica e del senso delle opere.
Dalle loro riflessioni emergono nuovi aspetti sociologici, come i disturbi alimentari descritti da Elisabetta Falqui e la sovraesposizione dei corpi femminili di Beatrice Marinoni, o economico-globali, come lo spreco di cibo interpretato dai palinsesti di Simone Mereu Canepa o la desertificazione e il consumo della terra da parte delle guerre raccontato da Maria Grazia Medda. Altri artisti, come Francesco Amadori, si soffermano sul cibo come momento di condivisione e ospitalità, mentre Stefano Masili ci descrive l’uso quotidiano, fino ai dettagli della tavola a fine pasto; Giorgio Corso sottolinea il costante riferimento al cibo, ben oltre le necessità alimentari.
Nikzone riprende la serie Food Obsession con la sua iconica French Fries Queen e un’inedita Eva, col serpente e la mela, ed espone per la prima volta un lavoro che accosta in modo straniante il cibo all’incomunicabilità di una coppia. E se Mariano Chelo gioca con le citazioni in chiave contemporanea delle nature morte di Morandi, Pietrina Atzori lo fa impreziosendo il packaging dei cibi industriali con i suoi lavori all’uncinetto, o ricreando alimenti con tele cucite. Davide Volponi, che ha fatto del riciclo degli oggetti di scarto la cifra della sua ricerca artistica, propone amaretti fatti con le patate di mare, mentre i frutti di Erica Briani Pereyra diventano pianeti inesistenti e Giovanna Sparapani gioca con l’immagine di un famoso chef stellato. Quella di Aroldo Marinai, invece, è una graffiante Ultima Cena che viene vista ironicamente dall’artista come un convivio in pizzeria. L’artista macedone Robert Gligorov rappresenta una metamorfosi dal regno animale a quello vegetale con un Orange Boy che ci ricorda che siamo quello che mangiamo.
L’allestimento, curato da Caterina Ghisu, Simone Mereu Canepa e Nicoletta Zonchello, gioca con la mise en place di alcune opere che si combinano con oggetti di design come i servizi di piatti di Paulina Herrera Letelier e Nikzone e i bicchieri con le donne senza volto di Mabi Sanna.
Francesco Amadori, Pietrina Atzori, Maurizio Brocca, Mariano Chelo, Giorgio Corso, Paolo Denti, Elisabeth Euvrard, Elisabetta Falqui, Robert Gligorov,Paulina Herrera Letelier, Aroldo Marinai, Beatrice Marinoni, Stefano Masili, Maria Grazia Medda, Simone Mereu Canepa, Nikzone, Erica Briani Pereyra, Mabi Sanna, Giovanna Sparapani, Davide Volponi.