CLAUDIO PEZZINI: come dipingere la modernità

Claudio Pezzini con la compagna Graziella Furini alla personale allestita alla Libreria del Convegno di Cremona

SAN MARTINO DEL LAGO. Fra gli artisti che posso considerare amici c’è Claudio Pezzini, eclettico pittore che vive in quel di San Martino del Lago, un paese della Bassa Cremonese. In quella quiete realizza opere splendide, modernissime, esposte persino in manifestazioni internazionali, fra cui il Caroussel du Louvre a Parigi, ArteForlì, ArtePiacenza, il Museo Diocesano di Salerno, Ca’ dei Carraresi a Treviso, Linguaggi & Stili al Castello Pallavicino – Casali di Monticelli d’Ongina. Fra l’altro, suoi lavori figurano in importanti pubblicazioni, fra cui giornali, cataloghi e riviste, nell’annuario Il quadrato e sulla copertina del volume Il paesaggio italiano nell’arte dal reale all’immaginario, oltre che in diverse collezioni private. Insomma, un vero creativo che merita davvero grande attenzione. Ed è per questo che ho pensato di proporgli di degustare un caffè insieme per parlare della sua arte.

Quando hai iniziato a dipingere?

Fin da bambino ho sempre avuto una attrazione verso il disegno e il colore ma è stato dopo i vent’anni che ho iniziato ad approfondire questa passione.

All’inizio dipingevi paesaggi e composizioni…

Inizialmente dipingevo soprattutto paesaggi, nature morte e boschi cercando di rappresentarli in modo realistico ma questo non mi soddisfaceva, quindi ho deciso di descrivere questi soggetti bucolici in modo più personale utilizzando la spatola ma mi rendevo conto che tutto non era quello che volevo esprimere con la mia pittura.

Poi la svolta, verso una pittura meno tradizionale. Quando hai deciso di cambiare completamente portando a maturazione lo stile che ormai tutti conosciamo? In una fase molto lunga hai dipinto numerosi scorsi metropolitani. Come nasce questa idea? Come si è evoluta?

Quindi circa sei-sette anni fa ho iniziato a rappresentare scorci metropolitani. L’idea è nata perché volevo esprimere la sensazione che spesso ho provato in questi luoghi, ovvero la sensazione di far parte di un alveare umano in cui siamo in tanti ma terribilmente soli le città diventano quindi ostili luoghi pericolosi ma comunque sinistramente affascinanti. Qui l’umanità sembra schiacciata da ciò che ha creato un sistema che gli è sfuggito di mano che non riesce più a controllare.

Durante la diffusione del Covid-19 ha realizzato diversi quadri. Ce ne parli?

Durante l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia ho sentito l’esigenza di esprimere attraverso una serie di dipinti il mio stato d’animo e ciò che vedevo e sentivo quindi la paura, la speranza, lo smarrimento, la sensazione di non libertà di controllo da parte delle istituzioni; un insieme di emozioni a volte confuse ma comunque molto presenti che influiscono severamente nella vita sociale.

Ora hai aperto una nuova fase del tuo percorso creativo. Di cosa si tratta esattamente?

Sono ancora molto legato alla rappresentazione tramite i paesaggi metropolitani della natura umana soprattutto sociale e psicologica ma ho iniziato una ricerca pittorica che strizza un po’ l’occhio alla street art sempre con l’intento di rappresentare l’uomo all’interno della società moderna con tutte le sue criticità le sue debolezze le sue ambiguità.

Pensi che l’arte, in questo difficile momento sociale, possa essere d’aiuto e conforto?

Sicuramente almeno per me è stata fondamentale.