ROMA. Non c’è dubbio che i nuovi media superano i confini geografici, aumentano il volume e la velocità della comunicazione e portano le nostre interazioni a un livello altamente interconnesso e complesso (Feldman, 1997; Russell Neuman, 1991).
Alcuni autori sembrano essere positivamente entusiasti riguardo alle possibilità offerte dai nuovi media in una sorta di tecnofilia, mentre altri si sentono minacciati prevedendo un futuro pessimistico adottando un atteggiamento tecnofobico (Aristarkhova, 2007; Subtle Engine, 2014). Particolarmente interessante è la posizione del tecnorealismo (Shenk, Shapiro e Johnson, 1998): poiché le tecnologie non sono neutrali, l’approccio tecnorealista esamina in modo critico il ruolo che esse svolgono nel migliorare la qualità della nostra vita (Hafner, 1998; Shapiro, 1999).
Le nuove tecnologie e i nuovi media influenzano l’arte in termini di percezione, esperienza e produzione, poiché ampliano e diversificano la creazione artistica, l’esperienza del pubblico e le sue aspettative, aumentato l’accessibilità e hanno un grande impatto sui musei. Inoltre, sono sorte molte iniziative di digital learning nell’ambito dell’educazione artistica.
Per fornire un quadro d’insieme ho considerato riflessioni accademiche e professionali includendo artisti, insegnanti, critici e curatori, i quali hanno, seppur in modi diversi, dovuto ridefinire i loro ruoli alla luce dei nuovi media. Le sfide sono sia pratiche che teoriche: i professionisti devono saper padroneggiare competenze informatiche di base e saper trarre vantaggio da questa nuova comunicazione in termini di promozione e marketing; inoltre devono mediare la conservazione, l’acquisizione, il display e l’interpretazione considerando i nuovi media, e offrire al pubblico un’esperienza partecipativa e coinvolgente (Dorai e Venkatesh, 2001; Frieze, 2015; Duff et al., 2009; Golant Media Ventures, 2017).
Le nuove tecnologie consentono inoltre agli artisti di creare nuove forme di arte ricche di possibilità, convenzionalmente chiamate new media art. Il termine si riferisce a opere create con nuove tecnologie multimediali- come l’arte interattiva, digitale e virtuale- che rendono possibile l’espressione di un nuovo tipo di creatività (Gere, 2004; Cui, Guo e Wang, 2014). Gli artisti sperimentando costantemente con strumenti e software tecnologici. Il mezzo digitale spesso coinvolge il pubblico e ridefinisce i ruoli tradizionali di curatori e musei, che affrontano molteplici problemi in termini di policy, conservazione, selezione e display (Gandolfini, 2014; Cook and Graham, 2010; Dietz, 2006). A causa della loro natura, tali opere offrono nuove modalità di esperienza estetica, generando una “trasformazione permanente nell’utente” (Crowther, 2009, p162).
I media digitali hanno il vantaggio di divulgare l’arte oltre i contesti formali, e in ciò raggiungono un pubblico più ampio e nuovo, rendendo l’arte più accessibile e coinvolgente per tipologie di utenti diversi.
Pertanto, artisti e musei stanno implementando la loro presenza online per influenzare e comunicare con il proprio pubblico, condividere e distribuire i propri contenuti o opere attraverso siti web e social media come Facebook, YouTube, Snapchat, Instagram, ecc., competendo in maniera diretta con le altre forme di intrattenimento (Miranda, 2016; Jeffreys, 2015; Hannon, 2016). Secondo ICOM (2007) i social media influenzano i musei in termini di acquisizione, conservazione, ricerca, esposizione e comunicazione. Molti musei hanno persino sviluppato delle app, come Love Art (National Gallery) e Strawberry Thief (V & A).
Un’indagine condotta tra 1244 organizzazioni artistiche americane (Thomson, Purcell e Rainie, 2013) mostra che la maggior parte degli intervistati considera i nuovi media molto importanti per il fundraising e la promozione, per incrementare l’audience e aumentare il livello di coinvolgimento. Tuttavia, il 49 e il 22% dei partecipanti si preoccupano, rispettivamente, dell’impatto negativo che essi hanno sul livello di attenzione del pubblico e sul numero di presenze. Inoltre, il 74% di loro sottolinea una mancanza di personale o di risorse per quanto riguarda la gestione dei social media.
Da un lato, l’arte rischia di diventare uno strumento per ottenere like e condivisioni, soddisfacendo il narcisismo del pubblico che cerca gli artisti più instagrammabili (Williams, 2016; Whitehead, 2017). Dall’altro, questo manifesta un coinvolgimento con l’opera e può attrarre un nuovo pubblico, che chiede un’esperienza partecipativa piuttosto che contemplativa.
Il pubblico vuole essere coinvolto a livello interattivo e personale, e si aspetta che i contenuti siano disponibili in formato digitale (Napoli, 2010; Russo et al., 2007). Nelle esperienze partecipative il pubblico agisce come co-creatore o curatore; secondo Nina Simon (2010), la partecipazione promuove il valore sociale dei musei.
I nuovi media ampliano quindi l’accesso all’arte, in una sorta di democratizzazione della conoscenza, e promuovono una nuova cultura partecipativa che ammorbidisce la linea che separa l’opera dall’utente (Peppler, 2013; Nielsen, 2015).
AUTRICE: DINA FOGLIA
Dina Foglia ha conseguito una Laurea magistrale in Scienze filosofiche a Milano e una in Museums, Galleries and Contemporary Culture a Londra, insegna alle superiori. Ha conseuguito un Master in Scienze Filosofiche presso l’Università degli Studi di Milano e un Master in Musei, Gallerie e Cultura Contemporanea presso l’Università di Westminster a Londra, che le ha dato l’opportunità di lavorare come curatore.
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