
CREMONA. Forma, segno e colore sono i tratti distintivi della pittura di Cristiano Guatelli, noto artista della cremonese scomparso nei giorni scorsi. Autodidatta, ha realizzato soggetti alquanto intrigante che spaziano dal figurativo e lambiscono l’astratto secondo una passione creativa che lo ha progressivamente condotto verso uno stile unico, immediatamente identificabile e pertanto assolutamente distintivo. Particolarmente importante, nel suo iter formativo, è stato, come viene evidenziato nella pagina web a lui dedicata, l’incontro con Giancarlo Sani, utile per un confronto creativo.
Nel suo ampio curriculum spicca, fra l’altro, la partecipazione, nel lontano 1965, a una collettiva di giovani artisti al Palazzo Reale di Milano, prima di una lunga serie di presenze in sedi alquanto rilevanti, mentre fra le personali vanno almeno ricordate quelle alla Galleria Il Poliedro di Cremona, alla Galleria Zanetti di Bozzolo, e soprattutto quella itinerante a Cuba, paese dove ha conseguito prestigiosi riconoscimenti.
Nei suoi quadri si avverte il sottile respiro della vita. I suoi pezzi, che paiono nascere da un attento e perspicace studio dell’anatomia umana e da un altrettanto meticoloso studio posturale, rivelano la capacità dell’artista di proporre la raffigurazione di figure ammantate da un’avvolgente dinamicità in seno alla quale è facile e piacevole perdersi ad libitum.
Dunque, ogni elemento compositivo è il riflesso di una personalità capace di scandagliare la profondità dell’animo mediante la focalizzazione di specifici aspetti che la determinano, primo fra tutti lo sguardo, autentico “specchio dell’anima”, come lo intendevano gli antichi, ma anche un dettaglio, una situazione imprevista, un atteggiamento e persino un particolare mai semplicemente accessorio. Ne discende che la “bellezza” diventa, nella sua arte, un concetto che trascende il tempo e le mode passeggere, tracciando le coordinate, intime e acute, che immaginiamo lo abbiano spinto a dipingere con passione e senza pentimenti. Siamo di fronte ad un’ampia galleria di volti, nudi e corpi che sembrano portare alla ribalta i propri pensieri e il proprio essere.
«Era particolarmente interessato alle figure», conferma il maestro Romano Boccali, con cui Cristiano ha più volte esposto ed era legato da una sincera amicizia. «Molti suoi soggetti, aggiunge, sono ispirati a persone incontrate per strada, uomini, per così dire, “di fatica”; non pochi ispirati a persone viste durante i soggiorni a Cuba, che ha interpretato nelle sue tele». In questo senso vale davvero la pena sottolineare come il pittore abbia scelto non di rado di non riprendere la figura intera, ma determinati particolari, a volte prediligendo tagli quasi “fotografici” o inquadrature ardite, per consegnare al fruitore lavori originali. In un quadro, ad esempio, ad essere protagonisti sono soltanto gli occhi, disposti in una sorta di “meta-narrazione” che si distende lungo tutto il dipinto e sottende un raffinato simbolismo, lo stesso che si ritrova in altri pezzi, dove anche gli oggetti diventano integranti parti di una concertata strutturazione espressiva.
«Guatelli – si legge nel testo di Luca Ferrari per il catalogo di una mostra di qualche anno fa – aggiorna la nozione stessa di corporeità eludendo sistematicamente il modello vivo, reale, esistente: i suoi quadri sono identikit di esistenze volatili, rappresentazioni di corpi-simulacro che alludono a un’idea di realtà, confondendo i piani percettivi, provocando strappi di senso».
Così facendo, a nostro parere, anima e corpo, essenza ed esserci nel mondo, nel senso heideggeriano del termine, vengono portati alla luce in quadri dalla limpida connotazione plastica che chiama direttamente in causa l’osservatore. L’auspicio è che questo pittore così originale possa essere ricordato, con un’ampia mostra antologica, concertata con i famigliari, in un’adeguata sede istituzionale.
SIMONE FAPPANNI (riproduzione del testo riservata)