DANTE.GLI OCCHIE LA MENTE, UN’EPOPEA POP IN MOSTRA AL MAR

Teodoro Wolf Ferrari, Affiche olivetti M1, 1912, manifesto su carta, cm 32.6×21.8×1, press kit StudioEsseci

RAVENNA Fino al 9 gennaio al Mar – Museo d’Arte della Città di Ravenna il pubblico ouò visitare una mostra che viaggia su un doppio binario: la fortuna popolare di Dante, dal testo alle immagini, a cura di Giuseppe Antonelli. E, in parallelo un percorso d’arte contemporanea, a cura di Giorgia Salerno, proporrà una voce fuori campo, con opere di artisti contemporanei scelte in attinenza concettuale a riferimenti danteschi con temi guida come le anime, la figura femminile, il sogno, il viaggio e la luce. A promuovere la mostra, evento clou delle Celebrazioni ravennate per il Settimo Centenario della morte di Dante, sono il Comune di Ravenna, l’Assessorato alla Cultura e il MAR con il prezioso contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Il percorso espositivo nella fortuna di Dante è un lungo, intrigante racconto che inizia con Dante vivente e approda all’oggi. Antonelli racconta di Dante che, passeggiando per Firenze, sente prima un fabbro poi un asinaio cantare pezzi del suo libro. E tutte e due le volte si arrabbia. Col primo perché «tramestava i versi suoi, smozzicando e appiccando». Col secondo perché, «quando avea cantato un pezzo, toccava l’asino, e diceva: Arri»; «Cotesto arri non vi miss’io!», protesta il poeta indignato. Chissà cosa avrebbe detto il padre Dante sentendo Venditti e Jovanotti ricantare in modo diverso un suo stesso verso. «E se amor che a nullo amato amore amore mio perdona», canta il primo in Ci vorrebbe un amico; e il secondo, in Serenata rap: «Amor che a nullo amato amar perdona porco cane / lo scriverò sui muri e sulle metropolitane». Episodio tramandato nelle “Trecentonovelle” di Franco Sacchetti (morto nel 1400)
“La fortuna popolare di Dante comincia già nel Trecento e arriva, più di recente, fino a quell’universo culturale che chiamiamo genericamente «pop». Un fenomeno – annota il curatore – che non riguarda solo la musica leggera e non riguarda solo l’Italia. La fortuna pop di Dante è, anzi, un fenomeno decisamente internazionale. Ad attestarlo c’è lo straordinario successo di libri, film, fumetti e cartoni animati, persino videogiochi che si ispirano alla figura Dante e alle atmosfere del suo poema. Dante è ormai diventato nella cultura popolare quello che si è soliti chiamare un’icona. Un’icona nel senso di un simbolo legato a un immaginario condiviso. C’è il Dante simbolo dell’identità culturale italiana ed europea, la cui effigie passa dalle lire agli euro. C’è l’immagine di Dante utilizzata – già da tempo – come marchio commerciale e in chiave pubblicitaria. C’è il Dante personaggio che ritorna nelle trame di libri, film, giochi di successo.
Un Dante non pedante, insomma: ancora presente con forza nella nostra vita di tutti i giorni. E un Dante multimediale attraverso non solo libri ma anche molti contributi audio e video. Il percorso espositivo è scandito in sale che affrontano alcuni aspetti specifici di questa fortuna.”
Intrecciato alla mostra, il MAR propone un percorso d’arte contemporanea, a cura di Giorgia Salerno, con una selezione di opere di artisti contemporanei scelte in attinenza concettuale a riferimenti danteschi con temi guida come le anime, la figura femminile, il sogno, il viaggio e la luce. Un’immersione dantesca in cui in ogni tema, delineato dalle opere, si potranno rintracciare riferimenti a luoghi e personaggi di Dante e della Commedia.
In mostra importanti artisti e artiste del panorama internazionale come Edoardo Tresoldi, l’artefice della “Materia Assente” e delle cattedrali in rete metallica, medaglia d’oro all’Architettura italiana e nominato da Forbes nel 2017 tra gli artisti europei under 30 più influenti d’Europa. Tresoldi arriva a Ravenna con Sacral, una grande architettura scelta per rileggere il Nobile Castello o Castello degli Spiriti Magni, luogo emblematico che incontriamo nel quarto canto dell’Inferno, abitato da coloro che Dante ritiene anime virtuose e di grandissimo valore ma che non hanno potuto raggiungere la salvezza.
La grande architettura, un tempio, sarà posto al centro del chiostro cinquecentesco del Museo d’Arte della città, originariamente sede del monastero dei canonici di Santa Maria in Porto dediti al culto della Madonna Greca e che proprio Dante cita nel Paradiso, cantica conclusa durante gli anni ravennati. Con l’architettura di Tresoldi, il pubblico avrà l’occasione di entrare fisicamente nell’opera e idealmente nel Nobile Castello e, in un’azione quasi performativa, ripercorrere il viaggio dantesco. Un viaggio che condusse il poeta attraverso terre lontane dalla sua Firenze per giungere in ultimo a Ravenna, in un lungo peregrinare che qui è rappresentato dalle opere del padre della land art, Richard Long. Si racconta, così, l’esperienza del viaggio, colmo di incontri e momenti di riflessione attraverso le sezioni del sogno e della figura femminile, questa interpretata da artiste internazionali come Kiki Smith, Rä di Martino, Elisa Montessori, Tracey Emin e tante altre.
Dalla storia alla mitologia, dalla colpa alla beatitudine, indagando sulla molteplicità dei ruoli femminili citati da Dante, ognuna custode di un diverso messaggio.
Non mancheranno anche rimandi alle grandi riletture della Commedia, come le tavole dell’Inferno di Robert Rauschenberg e opere della collezione permanente del Museo con la scelta di valorizzarne il patrimonio, come Stella-acidi di Gilberto Zorio, tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, che volutamente chiuderà il percorso espositivo con il tema della luce. La stella rappresenta un’immagine guida, una meta, la stessa a cui Dante rivolge lo sguardo e lascia il compito di concludere ogni cantica: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”; “Puro e disposto a salire alle stelle”; “l’Amore che move il sole e l’altre stelle”.

FONTE. Testo e foto: StudioEsseci. Testo e immagini sono inseriti al solo fine di presentare la mostra nel presente articolo