
MONZA. Banksy. Painting Wall è il titolo della mostra allestita all’Orangerie della Villa reale di Monza fIno a febbraio. Si tratta di un’esposizione che comporta lo spostamento, per la prima volta in Italia, di tre opere originali di Banksy, piu precisamente tre muri dipinti dall’artista tra il 2009 e il 2018. Oltre a questi altre opere originali che non tralasciano di considerare anche le serigrafie, tra cui le iconiche Girl with Balloon e Love is in the Air.
Contributi all’apparenza secondari come importanza sono quelli di fotografie dei murali, ma che a ben guardare, se interpolati ad alcuni passaggi Dismaland, il suo parco in cui regna il non-divertimento, i tre muri originali non appaiono piu come frammenti isolati ma danno vita a un itinerario che lo spettatore stesso crea e dirige, attraverso l’immaginario in parte prevedibile, ma pur sempre ambiguo e sostanzialmente inafferrabile in quanto a significati dell’oracolare artista del XXI secolo.
Le opere di Banksy, nascono originariamente come street art, destinate a nascere e all’esposizione sui muri delle città, fruibili da chiunque in veste di passante, divenute quindi un ossimoro staccate dal loro contesto, nel quale nascono e acquisiscono forza espressiva e significante.
A maggior ragione, se nascendo libere e gratuite, trasportate in un museo entrano in un contesto protetto e a pagamento, anticamera del mercato dell’arte connotato da valori finanziari decisamnte estranei alla logica della street art.
Ci si trova difronte a un contesto, ad evidenza contraddittorio e proprio con questa consapevolezza ci si dovrebbe accostare a questa esposizione, ossia a partire da una riflessione su questa duplice vita delle opere presentate, che articolano il percorso espositivo allestito all’interno dell’Orangerie della Villa Reale di Monza.
In questo senso anche il concetto di sacralità dell’opera viene in qualche modo generato artificialmente lasciando implicitamente intendere che questo non sia già insito nell’atto primo della genesi della stessa.
E il gesto che sancisce questo è proprio la decontestualizzazione che si compie portando il mondo esterno, a cui appartengono le opere e i contenuti delle stesse, in un interno per contemplare quei frammenti di mondo che parlano di un mondo da cui sono sconnessi, divenendo inattingibile, sacralizzato, ovvero sacrificato, reso sacro, ma solo per un atteggiamento formale che, in quel contesto ne deriva, piegato all’uso strumentale del mercato.
E’ forse questo il significato vero dietro alla serie dei gatti e altre invenzioni dell’artista: un generale perdita del valore della sacralità delle cose, delle persone, e tutto ciò che dai rapporti fra le due deriva. Quella ragazzina che lascia il palloncino può essere vista alternativamente come inizio di libertà, di un sogno abbandonato o disillusione che la crescita e il vissuto (termine al passivo) comporta.
I protagonisti dei tre muri dipinti dall’artista sono ragazzini, simboli della nuova generazione dotata di strumenti fin qui sconosciuti per vivere il mondo.
Gli argomenti e i problemi che urgono sono la crisi climatica, i diritti delle Donne, (tema attualissimo e a rischio di inflazionarsi), tema delle diseguaglianze sociali, tematiche originali, sempre vitali dell’artista Banksy. L’ opera che si incontra per prima è Season’s Greeting e nasce per essere posta all’angolo di un edificio in Galles e in tal contesto assume tono di denuncia contro l’inquinamento perpetrato.
Infatti da un lato si vede un ragazzino in abiti invernali munito di slittino e particolarmente immerso nel contesto in cui la neve viene accolta a braccia aperte mentre cerca di carpire qualche fiocco con la lingua. Sull’angolo adiacente, però, si perviene alla constatazione che quei fiocchi bianchi che tanto danno gioia, non sono di neve ma di cenere tossica che, prassi regolare si sprigiona da un bidone della spazzatura in fiamme.
Proseguendo il messaggio In Heart Boy, altro muro alto due metri, compare un ragazzino che, notando l’accaduto all’orizzonte e voltandosi turbato verso lo spettatore: il motivo però sta alle spalle del giovane che, sullo stesso muro che occupa con la sua figura, con un pennello sgocciolante tra le mani, disegna un cuore rosa.
Terza e ultima opera intitolata, Robot/Computer Boy, è realizzata sulla parete esterna di un ristorante, è un’esplicita riflessione sui temi della digitalizzazione e dei rapporti uomo-macchina; attraverso un’inquietante composizione speculare che conduce inevitabilmente alla disumanizzazione del soggetto. Se il muro ritrae un ragazzino travestito da robot intento a disegnare sulla parete dell’hotel un robot stilizzato, questo è indice che ( e questa è una proposta interpretativa dell’opera dell’artista da parte di chi scrive) la realtà in cui viviamo o ci stiamo abituando a vivere, sta tentando di cosrtuire, con l’intelligenza artificiale, macchine in grado di comportarsi simulando empatia come umani e persone che, per gli schemi sociali, comportamentali e di pensiero dicotomico, rigidamente imposti, loro malgrado, stanno imparando a comportarsi da umani, fra loro, come robot.
LUCA NAVA