ROMA. Diaconia. La scrittura e l’arte, prima mostra personale dedicata a Mario Diacono da un’istituzione, approfondisce la storia di questa personalità eccentrica rispetto al sistema dell’arte. Nella parete centrale della sala della sezione ARITMICI del museo Macro sino al 17 ottobre, un ritratto in forma di indice analitico raccoglie la sua produzione di scrittore, critico, poeta, gallerista e collezionista. Articolati in sei diversi capitoli, gli episodi del percorso personale di Diacono sono distribuiti nello spazio e presentati attraverso una selezione di pubblicazioni, documenti e opere che, giustapposti come elementi interdipendenti, mostrano un’interazione continua tra letteratura e arte, perno centrale della sua ricerca.
I primi due capitoli, come un manifesto con cui iniziare a leggere le molteplici esperienze della vita di Diacono, attraversano l’evoluzione di una scrittura che si sradica dal linguaggio per assumere la connotazione di cosa, oggetto, immagine visiva. Parafrasando le parole dello stesso Diacono, quando «la pagina bianca era diventata un lenzuolo funebre» inizia un periodo di sperimentazione linguistica e letteraria, di sabotaggio della parola, che culmina da un lato in collaborazioni editoriali con figure come Emilio Villa, Stelio Maria Martini, Luciano Caruso e Claudio Parmiggiani, dall’altro con la realizzazione di poesie-oggetto a cui dà il nome di Objtexts.
L’esplosione del libro e del linguaggio determinano la possibilità di assistere a una deviazione della scrittura nella condizione di feticcio, termine quest’ultimo che si indentifica nell’eccesso di forma, nell’idea di archetipo che Diacono ricerca nei suoi viaggi antropologici in Sardegna, Africa occidentale, New Mexico e Arizona dei quali è possibile incontrare documenti e fotografie, testimonianze delle sue esplorazioni.
Un capitolo del percorso viene interamente dedicato all’interesse per l’alchimia e la filosofia occulta, discipline radicate nella ricerca di Diacono a partire dall’adolescenza e rese manifeste nella decisione di costruire una delle più importanti collezioni di edizioni originali al mondo. Nel display che accoglie questi temi la rivista TAU/MA, co-fondata da Diacono e Claudio Parmiggiani, disvela una costellazione di materiali, esposti attraverso il binomio documento/testo, in una contaminazione tra ri-edizioni di fonti primarie dal Cinquecento alla prima metà del Novecento e libri d’artista realizzati per l’occasione.
Chiudono la narrazione fatta di un continuo alternarsi di storie e bookworks, i capitoli dedicati all’attività di gallerista di Diacono, aperta con il supporto di Achille Maramotti e intesa come strategia per continuare a scrivere e sostenere la visione e il potenziale degli artisti che più apprezza.
Mario Diacono (Roma,1930) si laurea nel 1955 presentando una tesi sul futurismo, con Giuseppe Ungaretti, del quale diventa successivamente segretario. Negli anni Sessanta Diacono vive un momento di sperimentazione linguistica e letteraria, dalla quale nascono collaborazioni e riviste come Quaderno, EX , Continuum , aaa. Prima di trasferirsi nel 1968 negli Stati Unitiper insegnare Letteratura Italiana all’Università di Berkeley, vive un anno a Milano e collabora con Daniela Palazzoli al progetto editoriale B.t. Nel 1976 Diacono ritorna in Italia e apre nel 1978 una galleria a Bologna che si sposterà in diverse città: Roma, Boston e New York. I testi da lui scritti per le mostre presentate nella sua galleria sono raccolti in Verso una nuova iconografia (1984), Iconography and Archetypes (2010), Archetypes and Historicity (2012). Ha pubblicato la prima monografia dedicata a VitoAcconci, Dal testo-azione al corpo come testo (1975).
La mostra è promossa da ROMA Culture (culture.roma.it) e fa parte del programma Estate Romana 2021.
FONTE. Testo e foto: press kit Macro. Credist photo Mario Diacono, Adam’s Banned Book (1972-73), Ph. Alessandra Calò, Press kit Macro. Immagine e testo inseriti al solo scopo di presentare la mostra