DRAMMA E MEMORIA NEI “DIARI” VISIVI DI YERVANT GIANIKIAN E ANGELA RICCI LUCCHI AL MART

Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, I diari di Angela. Noi due cineasti.
Capitolo secondo, 2019 Frame da video, Mart

ROVERETO. L’immagine nel XX secolo è al centro delle esposizioni temporanee del Mart. Fra di essi I diari di Angela. Noi due cineasti. Capitolo secondo con la ricerca di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, vincitori nel 2015 del Leone d’Oro alla Biennale d’Arte di Venezia. Ad essi si affianca il monumentale Trittico del XX secolo. Si tratta di una video riallestita dopo dodici anni dall’ultima presentazione.

Fino al 23 agosto 2020, curata da di Denis Isaia, la mostra si svolge a qualche anno dalla scomparsa di Ricci Lucchi. «Ho sentito l’urgenza di continuare con I diari di Angela – Noi due cineasti. Capitolo secondo, spiega Gianikian, per me un mondo di simboli e colori. Il nostro lungo viaggio insieme non può che essere di nuovo risignificato. Mi inoltro, con non poco pudore, nella seconda parte del film che nel 2018 ha trovato accoglienza in tutto il mondo.

Ho riflettuto a lungo su come utilizzare ancora le sue parole, i disegni e i suoi silenzi.

Io e Angela abbiamo filmato e scritto due diari paralleli. Le immagini da me riprese in giro per l’Europa, per l’America e altrove, incontrano perfettamente i suoi testi».


Questo lavoro, come fanno osservare i promotori, è «un racconto poetico che, attraverso filmati d’archivio e materiali cartacei raccolti in oltre quarant’anni, rivela parte della vita dei due registi. Il resoconto autobiografico di una delle più complesse e originali esperienze cinematografiche è un collage che mescola la storia di Yervant e Angela a quella delle loro produzioni, che assembla privato e pubblico, famiglia e lavoro, pensieri e cantieri, presente e passato. La dimensione spiccatamente diaristica dei pensieri di Ricci Lucchi viene rielaborata dopo la sua morte dal compagno».

Si muove dunque lungo il filo dei ricordi dei grandi drammi del secolo scorso la ricercca dei due creativi. «Poco prima della sua morte, a dicembre del 2017, Ricci Lucchi scrive un pezzo intitolato Linea Gotica, in cui emerge netta la commistione tra ricordo personale e violenza collettiva che contraddistingue l’intera opera della coppia: “Estate. Autunno. Inverno. Natale 1944. Primavera 1945. Le bombe ormai ci terrorizzavano. Piovevano dal cielo azzurro, estivo, venivano annunciate da rombi lontani, sempre più vicini, sempre più vicini, si abbattevano sulle nostre teste, sulle case, sulle strade, sui campi, sui fossi”. Un’immagine precisa e nitida di un trauma vissuto nei primi anni di vita (la regista era nata nel 1942, in uno dei periodi più violenti del Novecento). È un susseguirsi di annotazioni, pensieri e disegni che seguono il movimento dell’immaginazione. Scrive nell’estate del 1984, durante un soggiorno in Alto Adige: “immagini – solo immagini – diario di ciò che penso: macedonia o insalata russa di ciò che frulla nella mia fantasia, secondo i giorni e le notti…”. Episodi che rivivono nel film e che ricalcano le linee di una ricerca mai interrotta e formulata tramite diversi media».

«I diari – chiosa la nota del Mart -recupera e celebra numerosi stilemi dell’esperienza autoriale di Gianikian-Ricci Lucchi: dall’utilizzo dei materiali d’archivio, all’abitudine della scrittura e della notazione, passando per la raccolta di oggetti e di testimonianze, in equilibrio tra ricerca storiografica e sperimentazione linguistica.

La carriera artistica della coppia è interamente dedita all’indagine sui grandi drammi del XX secolo – diaspore, guerre, genocidi – a partire da una rilettura di pellicole ritrovate e documenti. In una sorta di vocazione febbrile che analizza, seziona, scandaglia, recupera, si genera una nuova grammatica visiva attraverso l’esposizione di frammenti e l’utilizzo di tecniche di propria invenzione; come la camera analitica, che permette lo studio e l’elaborazione di singoli fotogrammi.

Un’inchiesta che interroga il presente, costruita sui detriti del passato più recente».

INFO MartRovereto, Corso Bettini, 43 38068 Rovereto (TN)
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NOTA. L’immagine dell’opera rappresentata è stata inserita esclusivamente per corredare il presente articolo di presentazione della mostra in osservanza a quanto indicato nelle note dell’Ufficio stampa della rassegna.