FRANCA GHITTI. LA FIGURA E L’OPERA NEGLI ATTI DEL CONVEGNO

Copertina, Tondo per Wiligelmo, 1987, Ph F Cattabiani, fonte: press kit Artemide

MILANO. Domani alle ore 18, presso la Triennale di Milano, si terrà la presentazione degli Atti del Convegno all’Accademia di Brera dedicato a Franca Ghitti. Il volume è pubblicato da Silvana Editoriale.

Questi i dettagli desunti dal comunicato stampa.

Tra le rocce incise dagli antichi Camuni e gli anfratti, tra i campi e i casolari, le botteghe immerse nel silenzio  e le vecchie fabbriche in disuso: è tra questi luoghi sospesi, nella sua terra, che comincia a disegnarsi nel tempo e nello spazio la straordinaria mappa tracciata dalle opere di Franca Ghitti. Mappe che dalla Val Camonica si dilatano senza confini, fino a Parigi, e poi in Africa e nel Medio Oriente. Nel decennale della scomparsa dell’artista le sfaccettature della sua multiforme personalità torna a porre le questioni ineludibili legate alla sua ricerca artistica.

Franca Ghitti nasce a Erbanno, in Val Camonica. Studia all’Accademia di Brera a Milano, frequenta a Parigi l’Académie de la Grande Chaumière, a Salisburgo invece il corso di incisione diretto da Oskar Kokoschka. Sono anni ricchi di contatti, di incontri molto fecondi e di formazione che lasceranno un segno profondo nella sua futura produzione artistica.
Nel 1963 partecipa alla fondazione del Centro Camuno di Studi Preistorici e comincia a studiare le mappe incise sulle rocce della Valle, inventando su tavolette di legno, con reti metalliche e chiodi, le sue prime Mappe, nate proprio da questa passione.
Realizza negli anni Sessanta le prime sculture in legno:  comincia a recuperare  legni usurati, avanzi di segheria, chiodi, per evocare la presenza di una cultura che non vuole scomparire e che invece vuole nutrire di se’ la “modernità”.

I viaggi e gli anni vissuti in Kenia (1969-1971), dove realizza le grandi vetrate in vetro e cemento per la Chiesa degli Italiani di Nairobi, i contatti con le varie tribù fanno nascere nell’artista la coscienza  del valore dei codici formali come sedimenti, “alfabeti altri”, come li definisce. Rientrata in Italia, lavora il legno e il ferro, nella continua ricerca sui  linguaggi emarginati, legati alle vecchie tradizioni di lavoro nei boschi e nelle fucine. Una ricerca che non si interromperà mai.

Nel 2020 presso l’Accademia di Brera si è tenuto un convegno di studi sull’artista, proprio qualche settimana prima del dilagare della pandemia in Italia e nel mondo. Oggi, a due anni da quelle giornate di studio, vengono pubblicati in un volume della Silvana Editoriale <Franca Ghitti. La figura e l’opera. Atti del Convegno dell’Accademia di Brera dal 21 gennaio 2020>, a cura di Elena Pontiggia. Un’iniziativa editoriale realizzata in collaborazione con la ”Fondazione Archivio Franca Ghitti”.

La presentazione del volume avverrà il 25 maggio, alle ore 18, presso Triennale Milano. Sono previsti gli interventi degli autori: Elena Pontiggia (Accademia di Belle Arti di Brera, Milano); Giovanni Cadeo (architetto); Cecilia De Carli (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano); Lorella Giudici (Accademia di Belle Arti di Brera, Milano); Fausto Lorenzi (giornalista); Luca Pietro Nicoletti (Università degli Studi di Udine); Francesco Tedeschi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano). Gli interventi raccolti in volume suggeriscono nuove interpretazioni dell’opera della Ghitti che, come lei stessa ha scritto credeva <nella scultura come linguaggio assoluto>.  Questa certezza porta all’individuazione di un nuovo significato nascosto nelle cose, in tutte le cose, anche quelle apparentemente più insignificanti e abbandonate. Trasfigurate fino a diventare messaggi di un mondo “altro”, che scardina gli ordini costituiti. Scrive Pontiggia nell’introduzione del volume, ricordando quanto elaborato in una precedente monografia a lei dedicata <dove cercavo di definire la capacità del suo lavoro di esprimere il suo mondo e insieme di esprimere il mondo: “Approfondendo la civiltà della sua valle, Ghitti ci consegna, alla fine, una mappa borgesiana della valle della vita”.

Il tema della mappa, dunque, torna al centro della meditazione e del fare artistico. Lo sottolinea Francesco Tedeschi, nel suo intervento, dedicato proprio a questo, per <collocare le mappe di Franca Ghitti nell’ambito delle geografie dell’immaginario, dove ho voluto considerare la sua mappa come “prima conoscenza del territorio, che rimane sospesa fra descrizione e progettazione, dove si recupera il senso originario delle forme, mentre si guarda alla loro proiezione nel futuro>.

Legni recuperati, metalli già usati mille volte, pietre che sembrano provenire dal fondo del tempo, lavate e scavate da secoli di acqua e di sole, e restituiti ad una nuova esistenza, in una nuova dimensione che si trasforma in sguardo religioso. Guardiamo un’opera come  <L’abitacolo dell’eremita> datata 1976: l’artista usa legno e fili di ferro ed evoca una figura in un atteggiamento di preghiera, o di ascolto, in una micro-stanza con la porta spalancata sul mondo.

Il Museo dedicato a Franca Ghitti, che avra’ sede in un Convento del 600 a Darfo (Brescia) e conserverà l’opera, la biblioteca e l’archivio dell’artista, è in allestimento.

Ufficio StampaArtemide PR di Stefania Bertelli