GIOVANNI SEGANTINI: ALL’OVILE. GENESI DI UN CAPOLAVORO

G. Segantini, All’ovile, 1892 © 2020 FattoreArte

ST. MORITZ. Fino al 20 ottobre 2022 il Museo Segantini a St. Moritz (Svizzera) ospita la mostra Segantini. All’ovile. Genesi di un capolavoro.

La rassegna documenta quanto lo studio degli effetti luministici in un ambiente chiuso sia stato di fondamentale importanza per la creazione di uno dei maggiori capolavori divisionisti del maestro italiano.

Il percorso espositivo si completa con il dipinto Ritorno all’ovile del 1888 dalla Collezione Otto Fischbacher e tre disegni coevi.

Una sezione presenta le indagini diagnostiche non invasive, condotte sulla tela di All’ovile che rivelano un ripensamento, poi cancellato.

L’esposizione, curata da Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo ragionato di Segantini, e prodotta in collaborazione con le Gallerie Maspes di Milano, presenta una delle opere divisioniste più importanti del maestro trentino, realizzata nel 1892.

All’ovile fa parte di un ciclo di tre dipinti dedicati agli effetti della luce di lanterna in un ambiente chiuso e buio che ripropongono, con un linguaggio moderno e sperimentale, la tradizione luminista seicentesca, da Caravaggio ai fiamminghi e alle acqueforti di Rembrandt, che Segantini ben conosceva.

La prima, la più monumentale, “Le due madri. Studio di lanterna” del 1889, si trova alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano; la seconda, “All’arcolaio”, del 1891, è conservata dal 1898 in Australia alla National Gallery di Adelaide.

Nonostante siano tutte di altissima qualità, l’effetto magico della luce che avvolge la scena è particolarmente percettibile in All’ovile, proprio per la dimensione più intimista di questo quadro.

Per quanto riguarda la tecnica divisionista, qui Segantini va oltre la resa suggestiva della luce utilizzando trattini di colori puri giustapposti. L’utilizzo di oro in polvere e in particelle incorporate all’impasto fresco gli consente di accentuare le vibrazioni della luce.

Come sempre colpisce la sua capacità di suggerire l’essenza delle cose, la loro fisicità: dal vello delle pecore al tessuto del vestito della donna, al suo volto e al legno della mangiatoia e della culla.

Che il motivo della luce di lanterna in un interno con le sue valenze simboliche abbia affascinato e ispirato Segantini, lo dimostrano altre opere presenti nel percorso espositivo, come i disegni I miei modelli (1890) e All’arcolaio (1891-93).

A questi si affiancano due capolavori della collezione Otto Fischbacher Giovanni Segantini Stiftung, in deposito al museo engadinese: un dipinto e un disegno intitolati entrambi Ritorno all’ovile.

Se la luce della lanterna all’interno della stalla è simbolo di calore, sicurezza e tregua, anche se solo temporanea, dalle fatiche della vita del pastoreRitorno all’ovile del 1888 raffigura invece un esterno dominato dalla luce fredda e ostile di un crepuscolo autunnale. L’atmosfera di mestizia e rassegnazione, accentuata dalla figura curva della pastora stanca di ritorno dal lavoro, è mitigata dall’ingresso della stalla fortemente illuminato, promessa di ricovero e riposo.

Nel disegno più tardo Ritorno all’ovile del 1891-92, lo stesso motivo è rappresentato in una forma simbolicamente accentuata.

Completa la rassegna, una sezione che presenta i risultati delle indagini diagnostiche non invasive, realizzate da Davide Bussolari e Stefano Volpin, che consentono di andare oltre gli aspetti percettibili ad occhio nudo, ed “entrare” nel lento percorso creativo dell’artista e di scoprire l’esistenza di un ripensamento poi cancellato.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano/inglese) Gallerie Maspes edizioni.

Giovanni Segantini. Note biografiche

Segantini nacque il 15 gennaio 1858 ad Arco, in provincia di Trento, che allora faceva parte dell’Impero austro-ungarico. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano e ottenne il suo primo successo con il dipinto “Il coro della chiesa di Sant’Antonio in Milano” (1879).

Nel 1881 Segantini lasciò Milano e si trasferì con la compagna Bice Bugatti in Brianza. L’allontanamento dalla città e dall’accademia con i suoi canoni e i soggetti mitologici e religiosi obbligati fu una scelta di principio. A quel tempo la Brianza era una regione rurale, Segantini concentrò il suo studio sulla vita quotidiana dei contadini e dei pastori. Nel 1882 nacque il primo figlio, Gottardo; seguirono Alberto, Mario e Bianca.

Nell’agosto 1886 il pittore, dopo un lungo viaggio esplorativo, si stabilì con la famiglia a Savognin, un villaggio di contadini di montagna nell’Oberhalbstein (cantone dei Grigioni). Nell’inverno del 1886/87 il suo mercante d’arte, Vittore Grubicy, gli fece visita e informò il suo protetto sulle tendenze artistiche più moderne in Francia. Fu però soprattutto il paesaggio montano con la sua luce intensa che portò Segantini ad un nuovo linguaggio pittorico. Con il passare del tempo questi arricchì di un contenuto simbolico i paesaggi alpini meticolosamente osservati, in modo da creare visioni allegoriche di rara luminosità. L’allontanamento dalla pittura realista di genere avvenne in una fase di crisi del realismo in tutta Europa.

Dopo otto anni di soggiorno a Savognin, Giovanni Segantini si trasferì in Engadina con la sua famiglia. Nel 1894 prese in affitto lo Chalet Kuoni a Maloja. Anche qui l’artista, i cui dipinti erano tra i più costosi dell’epoca, mantenne il lussuoso stile di vita dell’alta borghesia milanese, sperperando così in breve tempo i guadagni considerevoli. I mesi invernali li trascorreva a Soglio in Val Bregaglia.

All’età di 41 anni, Segantini morì inaspettatamente di peritonite il 28 settembre 1899 sul monte Schafberg sopra Pontresina, mentre stava lavorando al quadro centrale del suo Trittico della natura.

FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Ufficio stampa Clp