I MIEI PRIMI 50 ANNI… CON L’ARTE

CREMONA. Dopo oltre cinquemila articoli dedicati ad altri, pubblicati su diverse testate, mi permetto di dedicarne uno a me. Spero mi perdonerete. La data non è casuale. Oggi compio 50 primavere. E mi accorgo che ho sempre avuto un’amica fedele: l’arte.

Lo è da quando con mio nonno Vittorio, che faceva il sarto sul corso e io passavo tanti pomeriggi da lui a fare i compiti, alle 18 in punto faceva l’immancabile “pausa sigaretta” e andavamo a vedere opere di ogni tipo, soprattutto quadri, sculture e affrescchi. Ma non solo.

“Fumo l’ultima e poi smetto”, diceva alla sua assisente, l’infaticabile e devota signora Gina a cui affidava il laboratorio quando si allontanava. Ma, un po’ come il protagonista della Coscienza di Zeno, non era mai l’ultima.

Dopo girovagamo per la città, la nostra Cremona, fra chiese, musei e gallerie. A lui piacevano molto le opere a tema sacro, specialmente quelle di scuola campesca, ma anche quadri poco conosciuti. E l’arte moderna. Insomma, era di “larghe vedute” artistiche.

Un giorno un cliente, che le lavoranti trattavano con grande rispetto e di cui avevano una certa soggezione, si presentò in atelier per provare un vestito su misura. Appoggiò sul tavolo una tela completamente rossa con quattro tagli obliqui.

Quando mio nonno e il cliente tornarono dai camerini, notarono il mio interesse per quel quadro. Mi chiesero cosa ne pensassi. Dissi che se avevo capito bene si trattava di qualcosa di estremamente originale, perché, mi autocito sfacciatamente, “trasformare dei tagli in un’opera d’arte richiede un pensiero superiore”. I due rimasero sorpresi. Da un bambino di 8 anni un pistolotto così forse non se l’aspettavano.

Fabio Cordova, Simone Fappanni in veste di scienziato

Un po’ più grande frequentavo abitazioni e gallerie di tanti artisti. Stavo per ore ad ascoltarli e a rivolgere domande. Volevo capire il loro mondo. A volte loro si stupivano delle mie osservazioni, dicendomi di non avere notato questo o quel particolare, questo o quel significato, che io facevo osservare.

Insomma, già da piccolo avevo una certa predilezione per l’arte. Allora tutto è stato chiaro: la mia vocazione era quella di studiare l’arte, soprattutto quella moderna.

Ho provato anche a dipingere e a scolpire, ma con risultati terribili. L’unica cosa che sono riuscito a pitturare, nel corso degli anni, è stato un armadio di casa mia in stile veneziano, ma completamente restaurato in chiave contemporanea. E tutto grazie alla pazienza dell’amico pittore Riccardo Bozuffi, che mi ha incoraggiato a ogni pennellata. Gli ho dato il tormento, neanche avessi affrescato la Cappella Sistina. Ma poi i risultato è stato inebrinate.

A un certo punto ho dovuto fare una scelta: fare il critico d’arte professionista o l’insegnante. Decisi di insegnare, riservandomi la critica d’arte come piacere, riuscendo così a essere libero di studiare e scrivere solo di quell’arte che mi attraeva. Attirandomi pertanto l’antipatia di quanti rifiutavo (e rifiuto) di seguire. Amen. Prima di tutto mi reputo un amico degli artisti, prima che un critico.

Decisivo, in questo senso, è stato il gallerista Dino Cecconi, scomparso poco più di un anno fa. Lui mi ha insegnato ad amare gli artisti più dell’arte. Lui era infatti più attratto dal talento dagli artisti che dalle loro opere. Passavamo pomeriggi interi a montare mostre e a ricevere artisti negli spazi espositivi di Via Beltrami. A poco a poco mi accorsi anch’io di amare più gli artisti dell’arte. E non ho smesso.

L’arte, però, non è la mia vita. È la passione che condivido con gli artisti e gli amanti dell’arte come me. Ecco perchè credo che l’inaugurazione sia un momento fondamentale di una mostra, perchè dà modo di incontrare direttamente l’artista. Ecco perchè mi piace partecipare ai vernissage. L’arte è infatti condivisione, perché consente di stare con se stessi e gli altri, anche se non ci si conosce. L’arte è un’amica fedele perché sa solo dare e non pretende nulla in cambio.

SIMONE FAPPANNI, 11 GIUGNO 2021