I PRIMI 15 ANNI DI PRINTMAKING ALL’OPIFICIO DELLA ROSA

Un’opera di Dewis in mostra

MONTEFIORE CONCA. Mentre tra artisti associati all’Opificio della Rosa: Maria Pina Bentivenga, Thomas Gosebruch e Umberto Giovannini, sono stati invitati ad esporre fino al 18 agosto loro lavori alla “Summer Exhibition” della Royal Academy di Londra, i 15 anni di printmaking dell’affermatissimo centro specializzato nei processi d’incisione e grafica d’arte al Castello di Montefiore, sono ricordati da una serie di eventi che vedono protagonisti alcuni degli artisti in residenza, dopo il via con incontro e mostra di due maestri dell’incisione d’oltre Manica: Paul Dewis (“Dal lavoro con Lucian Freud alle sperimentazioni per il progetto Printmaking Tales”) e Kaz Dewis (“Fashion design e printmaking”).

Paul Dewis ha scelto di lavorare in residenza a Montefiore su molti strati di legno, plastica, stampe digitali e fotografie, per ottenere stampe super complesse. La sua tecnica è un mix di riduzione e monostampa.
Dewis come è giunto dall’esplorazione della profondità emotiva dell’arte di Lucien Freud al “printmaking tales” con l’Opificio della Rosa?

«Le matrici calcografiche di Lucian Freud sono state incise, e realizzate le prove di stampa, presso il London Print Studio, dove lavoravo all’epoca. Le matrici venivano preparate poi editate presso lo Studio Prints da Mark Balakajian. Intorno al 2007, oltre al London Print Studio, ho iniziato a lavorare alla Byam Shaw School of Art. Byam Shaw è poi diventata parte della Central Saint Martins ed è qui che ho incontrato per la prima volta Umberto Giovannini. Grazie al nostro amore per il printmaking, in particolare per la xilografia, abbiamo iniziato a parlare e siamo diventati buoni amici. Sono stato invitato per la prima volta all’Opificio della Rosa nel 2016 e da allora sono tornato a lavorare molte volte. Ancora oggi io e Umberto discutiamo di printmaking quasi tutte le sere, quando ci troviamo a lavorare e sperimentare sui nostri progetti nello studio di printmaking della Central Saint Martins».

Perché Lucien Freud vedeva l’elemento di interesse dell’incisione in «pericolo e mistero» insiti nel processo creativo?

«L’interesse di Lucian Freud per l’incisione fu molto legato all’osservazione e al disegno. Direi anche che un elemento di pericolo e di mistero fa parte di tutto il processo di incisione. Dopo mesi di intenso lavoro, Lucian mi affidava la matrice, che dovevo incidere, immergendola in una soluzione corrosiva di cloruro ferrico. Questo è un momento delicato perché le cose possono andare storte! Inoltre, naturalmente, il disegno sulla lastra è speculare all’immagine stampata. È una scommessa, perché non si sa mai come sarà la stampa finché non si realizza la prima prova! O tutto o niente. Anche Lucien abbracciava pienamente questa scommessa e, dalla mia esperienza, ha rielaborato molto raramente le lastre dopo la prima incisione».

Come il suo lavoro di composizione con la stampa, Mister Dewis, è approdata alla combinazione di digitale, collagrafia e xilografia? E perché lo ha descritto come la ricerca «di un senso del luogo, un posto, uno spazio, reale o no, un angolo, un luogo dove poter sperimentare e provare cose»?

«Per me la xilografia ha un’immediatezza e una fisicità perfette per lavorare con il colore e il colore è molto importante per me. Dipingo anche, e la pittura influenza il mio approccio alla stampa, non voglio creare immagini grafiche troppo rigide. Proprio per questo utilizzo anche il digitale, il collagraph e, come sto sperimentando qui all’Opificio della Rosa, il monoprint. Per me questo aiuta ad aggiungere profondità e movimento alla stampa.

Il senso del luogo è diventato meno importante per me all’interno del lavoro e le fotografie in bianco e nero che scatto, sono un punto di partenza per creare qualcosa di nuovo. Anche se posso identificare dettagli di luoghi specifici nel lavoro, questo ritengo che in rapporto al lavoro credo che sia ininfluente per lo spettatore. L’importante è avere uno spazio e un tempo per sperimentare e poter provare. L’Opificio della Rosa è un ambiente, un luogo perfetto per questo»

MARCELLO TOSI