IL CODICE (COLORATO) DELL’ANIMA: NECESSITÀ ESPRESSIVE E DIFFICOLTÀ COMUNICATIVE

G. Previati, Il carro del Sole (1900 circa) Camera di commercio di Milano, fonte Wikipedia

LECCO. Ogni forma d’espressione artistica è linguaggio che esprime con modalità non sempre corrispondenti alla sintassi del linguaggio parlato, il quale, risultando inadeguato al compito che è chiamato a svolgere, sembra peccare di tracotanza nella pretesa di enunciare ciò che non è nelle proprie facoltà di definizione.

Talvolta ciò che non sempre e’ possibile comunicare con le sole parole, si trova nella naturale condizione di veicolare, tramite espressione d’altra natura, la piu compiuta definizione di “codice dell’anima”.

Il linguaggio parlato scritto, quindi fatto di segni che rimandano alla vocalizzazione, è pur sempre formulato e incentrato a definire la realtà da cui si origina e che in genere porta con sé i limiti e i confini della fisicità, incluso il tempo e la sua influenza.

La “realtà” dell’anima invece, elude sia il tempo sia il contesto limitante corrispondente.

È necessario dunque un linguaggio dalla grammatica e dalla sintassi diversa per tentare di descriverne lo status e le dinamiche.

Un linguaggio dai caratteri particolari di autonomia e generalissimi di universalità.

L’Anima e/o animus, volendone enfarizzare i caratteri energetici di identificazione, aspira ad una armonia più affine di quanto è ravvisabile nell’accidentale accadimento dello stato fenomenico/empirico.

Più propriamente ci si può riferire, con ciò che invece chiamiamo in senso ampio cosmos, intendendo con questo i caratteri di ordine e proporzione fra le parti costitutive il cosmo stesso, parti fisiche e meta-fisiche. In quella proporzione armonica in cui anima e animus, nei loro caratteri specifici, soprattutto energetici, si riconoscono.

E ciò che accade nel macrocosmo, accade nei più reconditi angoli dell’anima soggettiva: pensiero dai caratteri fortemente platonici, ripresi dell’Aristo nel suo componimento più noto e, più recentemente da Gustav Jung, e riproposto come noto, in ultima istanza da james Hilman.

Ordinariamente l’esistenza soggettiva, al pari di una monade, è dimentica che l’anima non e’ solo dentro, ma anche fuori da ogni soggettività. E Questo aspetto è ricorrente, sotto mentite spoglie già nella filosofia della scuola di Chartres nel XII Sec e nel pensiero medievale di matrice araba fra Avicebron (fons vitae) e Avicenna nei suoi due lasciti letterari, (forse piu in sordina nel ” libro della guarigione”), riemergendo come un fiume carsico in pieno ‘500 nel pensiero di Giordano Bruno.²

È necessario dunque una ” esplicatio terminorum” per intendere la definizione di anima da considerare in questo contesto, ( per le cui specifiche rimando alla bibliografia)e in particolare si rivela particolarmente dirimente intenderla come attività, principio vivificante il cosmo.

Principio che, nell’uomo si manifesta come esercizio dell’intelletto inteso, appunto come prodotto di tale attività, oltre che gli attributi tradizionali ad essa conferiti dalla tradizione Pitagora e aristotelica ed ereditari dal pensiero medievale fino a quello moderno.

Quasi mai invece, tale principio vivificante³ sia consapevolmente esercitato nell’arte, più per inconsapevolezza che non per esplicito diniego di volontà. Ma tuttavia accade così che ci si metta in ascolto, ma non si riesca a percepire nulla, se non per tramite dell’illusione di aver compreso o empatizzato, l’ordine del cosmo. Questo ricorre spesso a causa del pensiero di matrice “New Age” fintamente armonico e con un risvolto perbenista e talvolta ipocrita che tende a celare alcuni aspetti crudi e difficilmente accettabili della natura del cosmo, o” anima mundi” che dir si voglia.

Talvolta è il pensiero acquisito o imposto dai dogmi del tempo in cui capita di vivere, che è mosso ( specialmente nella contemporaneità’) ormai da automatismi che impediscono, come un rumore di fondo, di ascoltare quel cadenzato “mormorare longo” (arcana mundi, Orazio)dell’animus e del tempo.

L'”anima mundi”⁴ , la spinta vitale e generativa, o il mormorio (interno) di fondo della vita del cosmo, dunque ordinata ( e non è mai sufficientemente sottolineato il prerequisito “ordinata”, che non sempre corrisponde ai criteri assolutamente arbitrari in cui generalmente lo si intende) è forse più di ogni altro, il principio che anima l’afflato generativo dell’artista, quello più anelato; lo status artistico con la “A” maiuscola, difficilmente riscontrabile per più di una manciata di volte nel percorso di un’esistenza dedita a tale ricerca.⁵

Come una pallina che si muove sempre più veloce scendendo da un piano inclinato, esemplifica Davide di Dinant, cosi gli automatismi da condizionamento del pensiero dogmatico, si radicano sempre più impedendo di vedere realtà accettabili fuori di ciò che è imposto e generalmente accettato.

Ed allora occorre individuare quale sia l’ostacolo che ferma questa pallina dalla discesa impazzita verso l’espressione formale libera.

L’alternativa è un cambio di direzione, del pensiero.⁶

Nella quasi totalità dei casi, l’espressione, che corrisponde a un bisogno ancestrale dell’uomo possiede codici già ontologicamente determinati, nati ed evolutisi insieme a tutti gli aspetti dell’identità dell’essere uomini.

Codici che si presentano sia come sequenza che come gradualità di valori fondanti.

Questi si armonizzano con gli enti in cui la fisicità umana dispiega l’esistenza, ma è una fisicità che trapassa nella dimensione meta-fisica oscillando come le due bacchette del diapason fra l’una dimensione e l’altra.

In questo senso, il codice dell’anima soggettiva, di per se cerca un dialogo dalla corretta sintassi con l’anima mundi: il corpo fisico è lo strumento per attuare tale dialettica.

A questa sintassi corrisponde alla connessione instaurata, deriva una semantica ricca di senso.

Senso e significato che si concretizzano in quella armonia, più percepita che compresa razionalmente, nell’incontro di un’opera che nasca da questo processo e che, solo in questo caso, si potrebbe definire” d’arte”.

Il modo dunque, è l’aspetto preponderante nella genesi di un’opera che sia d’arte, che è altra cosa dalla moda: si tratta di pensare e percepire l’esistenza e le sue modalità di essere, del suo “esserci”⁷

Quella idea, strettamente legata ai suoi presupposti reali e illustrata poi nel quadro che è ancora in gestazione, già si presenta POTENZIALMENTE come opera d’arte.

Per eludere il pericolo che resti solo potenziale, è necessario la sviluppo di un linguaggio artistico coerente con il carico significante che porta con sé. Questo non può prescindere da un costante e puntuale lavoro esegetico.

Quest’ultimo aspetto, molto presente nella mentalità dell’arte classica fino a tutto l’ellenismo e poi trapassato nella cultura latina, oggi è quasi totalmente trascurato dagli artisti contemporanei, preoccupati soprattutto di dare la loro versione delle esperienze personali, con la pretesa eroica spinta all’eccesso talvolta, che diventino un fatto collettivo.

Auto nomos cogitstionis⁸, per dirla alla latina. Autarkeia⁹ per dirla nel greco ellenizzato.

Quell’Auto-nomos che non è anarchia ne tracotanza, (se colui che vi si cimenta è consapevole del proprio agito) ma concinnitas, che come un chiasmo lega l’armonia delle proporzioni nelle quattro dimensioni della fisica e le cinque della metafisica secondo Porfirio.

Un autore saggista e filosofo russo, Gurjieff, che tanto si è applicato allo studio delle dinamiche degli automatismi, giunto a un bivio della sua ricerca, ha sostenuto che occorre uno elemento di discontinuità, una sferzata iniziale imprescindibile, per rompere le convinzioni, sia quelle dettate dall’ego ipertrofico, sia dai dogmi imposti o acquisiti ma sempre alimentati da un ego che impedisce l’espressione dell’anima come principio vivificante.

La discontinuità⅛ può arrivare da un evento forte, imprevisto, oppure un atto, una presa di posizione coscientemente e deliberatamente agita, derivante da uno sguardo consapevole sulla realtà. Giungere come il di-svelamento di maya, ( secondo Schopenhauer) da un indagine dentro se stessi, nel profondo di se e nell’aver consapevolezza del teatro di falsità che è andato in scena dietro quel velo, fino a un momento prima.

Ciò che accade nell’anima esterna, “l’anima mundi:, accade anche dentro l’anima soggettiva, personale….ed allora si soffre per una foresta in fiamme, cosi come si gioisce per in germoglio che spunta da sotto la neve o la nostalgia, che nasce dalla possibilità di vedere un tramonto…… si gioisce per una pittura rupestre, un suono di un’arpa e si piange dopo aver visto un concetto spaziale di Fontana o un quadrato di Malevich.( ma c’è anche chi riesce a invertire le parti…..)

Dalla frammentazione derivata o ricercata con consapevolezza, ma certamente dal cambiamento di paradigma, deriva l’azione artistica su più fronti, il primo fra tutte resta in ogni caso il pensiero unito all’emozione,( e- mozione) che strutturatosi diviene sentire radicato, parte identitaria: come a dire: “one life, one soul”.

Nella rappresentazione artistica questo si traduce in un diverso modo di fare, di trattare, di colorare, ma prima ancora di pensare e percepire.

Presupposto a questo è la condizione di “auto-nomos” ossia la legge che l’anima si dà da sé rispecchiandosi nella legge del cosmos, quando lo specchio utilizzato( leggi consapevolezza) non è deformato.

In questo senso con tale modo di incedere è raro, muovendosi nel mare magnum dell’arte, trovare traccia nelle opere sia antiche, ma ancor piu in quelle moderne traccia della compresenza di tutto ciò.

Raro ma non impossibile e qualora ci fossero tali principi di valori, allora l’opera sarebbe inestimabile e l’artista, per molti versi, inarrivabile, quantomeno nel suo pensiero e nella sua etica.

La frattura di discontinuità dal pensiero unico imperante che pochi artisti perseguono sostanzialmente e non solo formalmente, e’ quello del progressivo passaggio da una comunicazione da figurazione tradizionale, ad una espressivita’ che muove in altra direzione.

Sia essa astratta, simbolica o informale, il linguaggio non ha oggi, piu corrispondenza con l’esperienza di vita percepita, e per giustificare tali forme espressive si deve ricorrere a espedienti giustificazionali, Il più delle volte fumosi e inconcludenti.

. E questo accade a volte nel linguaggio figurativo ma sempre più spesso considerando in questo processo anche forme espressive meta figurative.

In senso lato si può parlare di opere che danno maggiore enfasi alla sensazione che al pensiero, pur annettendoli entrambi, ed in questo senso, il colore viene manipolato oltre le convenzioni estetiche comunemente accettate.

Ma viene a mancare l’unità con il pensiero e la comprensione di quell’enfasi emozionale e colorata, cosi da far venir meno quell’equilibrio dell’unita sinergica chiamata, ” cosmos” di cui sopra.

Questo incipit, prelude l’accesso ad un effetto, agli occhi dell’avventore all’opera, di trovare una risposta alla problematica di senso, perché l’azione dell’artista è mossa spesso da una enfasi sul colore a spese del tratto, (per non dire del pensiero talvolta non pervenuto)in gran parte questo accade perché gli effetti del colore si prestano meno ad una spiegazione razionale, invece idonea all’apprendimento del tratto di-segno.

Espressionismo¾ e’ la parola convenzionalmente usata per descrivere un tale approccio alla vita ed all’arte, ma e’ riduttivo incasellarlo in tal modo.

E soprattutto si correrebbe il rischio di legarlo a un periodo temporale, luoghi e vicende troppo circostanziati.

Si tratta piuttosto di creare uno sfondo al pensiero vincolato, quello si, che in gran parte fa di secondo nome “condizionamento”, per lasciare emergere, dal silenzio interiore, dalla oscurità’ di uno spazio intimo, il carattere esclusivo dell’anima nel suo ritrovarsi libera da condizionamenti, se non quello della aderenza alla legge del cosmos, vale a dire alla propria natura.

Ancor meno dei pochi fortunati di cui sopra, altri saranno in grado di creare delle immagini che, gioco forza, potranno avere modalità’ espressive non convenzionali, nascendo da un mondo interiore libero in senso lato, anche da dipendenze affettive, ( le affezioni dell’anima di aristotelica evocazione) che ne sono la manifestazione opposta.

Una opposizione che non è presa di posizione dettata da dura cervice ma libera da condizionamenti e preconcetti di vita personale o sociale, per aderire alla forma incondizionata del pensiero senza tempo, prima ancora che della forma senza carattere.

Si tratta di un processo doloroso, che lascia metaforicamente dietro di sé un lago di sangue, anche se il proposito è in tutto e per tutto filantropico, perché tende a dare forma o colore a ciò che di per se non ne ha: l’oggettivazione dell’inoggettivabile, si potrebbe esemplificare tale disperato tentativo; i moti dell’anima riconosciuti e sposati al consenso del pensiero.

É doloroso, perché porta alla luce l’anima, che invece abita le profondità di ogni individualità;

É doloroso perché il più delle volte, a questa manifestazione gridata con colori, non corrisponde entità in grado di sentire, vedere, in definitiva di intendere.

E la tensione carsica che sottende a questo, emerge vigorosa talvolta distruttiva nella manifestazione coloristica e nel gesto sotteso.

In questo modo, e per questa via, l’artista realizza, se giunto al grado idoneo di consapevolezza, che l’autenticità della sua opera è, prima che rivolta all’esterno, verso l’interiorita’.

Se fortunato/a potrà, nel tentativo di contatto profondo con un’altra individualità, un’altra “monade in una comunita di monadi”( Husserl)⅜ trovare il suo rispecchiamento: quella datita’ di senso che giustifica il percorso e lo stesso “esserci.”

Utopia sarebbe voler, estendere questa interazione a una collettività che, pur essendo tale, ha scelto nei tempi nostri, d’essere costituita da monadi: un ossimoro che elude nel proprio status, la possibilità del carattere ecumenico.

Posto tale itinerario, e solo a questo punto, abbracciando formule espressive che non corrono il rischio di apparire improbabili, perché sostenute da un substrato significante e una dialettica fra pensiero e sentimento, può scaturire l’energia che alimenta l’attività dapprima inventiva e poi informativa dell’artista.

Tutto questo si ritrova, a vari gradi di intensità, scandito dalla crescita di consapevolezza interiore, che diviene arte solo a determinate condizioni( quali che siano queste condizioni per brevità qui, si sceglie di trattare in un articolo dedicato).

LUCA NAVA

Estratto dell’art. integrale completo di Bibliografia reperibile su Noesis-Noema n°6\2023