MILANO. Nella suggestiva cornice della Sala Fontana al quinto piano del Museo del 900 a Milano si è tenuta la presentazione del terzo volume della serie “Il corpo solitario” edito da Rubettino (reperibile cliccando qui) e scritto dal critico Giorgio Bonomi, instancabile nella sua ricerca ormai ventennale sull’autoscatto d’artista.
Alla conferenza era presenti oltre all’autore, Roberto Mutti, critico fotografico, Luca Pietro Nicoletti, professore associato di Storia dell’Arte Contemporanea della Università di Udine e Francesca Della Toffola, fotografa e autrice della copertina del libro. In sala artisti, intellettuali e appassionati di fotografia nonché ex allievi dei relatori.
L’introduzione al libro di Bonomi è stata affidata a Mutti, il quale ha esordito apprezzando quella che lui ha definito la “mania” dell’autore nel ricercare ormai da anni artisti fotografi un po’ in tutto il mondo. Secondo Mutti questo volume è prima di tutto un libro di studio più che un’opera dal carattere enciclopedico (sono presenti più di 300 artisti) dove vengono considerate tutte le tecniche fotografiche, analogiche e digitali. Altri pregi di questo libro sono la massiccia presenza della fotografia al femminile e la possibilità di lettura in modo non sequenziale poiché ogni capitolo può essere considerato un mondo a sè, che si può leggere in maniera indipendente dagli altri, permettendo così al lettore di creare la propria narrazione.
Infine Mutti ha posto l’accento sulla precisa scelta di Bonomi di mettere sullo stesso piano autori affermati ed emergenti e sulla discrasia tra la grande varietà di stili e tecniche presenti e la scarsità di studi critici su di esse.
Il professor Nicoletta ha sottolineato il grande censimento operato da Bonomi e la costruzione di una fenomenologia dell’autoscatto in un libro definito realmente democratico, dove però i famigerati selfie non sono stati considerati perché ritenuti dall’autore atti frutto non di auto coscienza.
L’artista Della Toffola ha raccontato la genesi della copertina nella quale lei sembra sparire nel contesto dove appare sdraiata.
Il suo scopo era affermare la propria presenza nel tempo presente e mostrare l’imprevedibilità dell’autoscatto.
Bonomi in conclusione ha tirato le fila sul suo lavoro prospettando inoltre la prossima realizzazione di un quarto volume. Ha ricordato che la sua sua ambizione è quella di una documentazione precisa ed esaustiva e di includere solo e soltanto gli artisti che si definiscono tali indipendentemente dalla qualità dei loro lavori. Perché ciò che per lui conta di più è fondamentalmente essere utile agli studi su questa particolare produzione artistica in ambito fotografico.
Interessante la sua interpretazione del mito di Narciso inteso come metafora della comprensione di se, cioè quello che gli artisti cercano di fare con i loro autoscatti.
Ma cosa è per Bonomi un autoscatto? Essenzialmente un ritratto della fisicità dell’artista, del suo corpo o anche solo parti di esso. Parti assolutamente fisiche. L’unica eccezione che Bonomi fa a tal proposito riguarda gli scatti dove protagonista sono le ombre che lui considera però parti integranti del corpo anche se immateriali. Infatti nel libro questi lavori sono stati raccolti nel capitolo “il corpo assente”.
In sala erano presenti due artisti che trattano proprio questo tema e che nel libro per coincidenza sono uno di seguito all’altro: Nicola Bertoglio (emergente) e Pino Lia (storicizzato).