
MONLUÈ L’occasione di rivisitare luoghi di spiritualità e di storia è sempre un’evenienza che regala ogni volta sensazioni nuove. È questo il caso che potrebbe essere di molti che transitano occasionalmente o magari tutti i giorni per lavoro, sulla tangenziale est di Milano.
L’occasione fugace per visitare, anzi rivisitare, dopo tanti anni, un’ antica abbazia in periferia di Milano, ovvero San Lorenzo in Monluè, è anche il modo più diretto per assorbire il clima che luoghi caratterizzati da una certa aurea, possono far percepire.
La fondazione di S. Lorenzo è da riferirsi al XII secolo nell’ambito del fiorente clima delle abazie cistercensi, mentre l’ultimazione dei lavori data al XIII secolo.
Si tratta di ritrovare una chiesa e un’ampia grangia che apparteneva all’ordine dei frati Umiliati, già titolari della vicina abazia di Santa Maria in Viboldone.
Il piccolo edificio sacro è edificato in “cotto lombardo”, a navata unica, e una torre campanaria che con la chiesa forma quasi una struttura “effimera” tanto è la dimensione ridotta con la graziosità degli elementi decorativi che la accompagnano, quasi miniaturistici.
L’interno si presenta con transetto e coro a terminazione piatta con due cappelle aggettanti, più simili a esedre.¹
La semplicità delle forme e dei materiali fa presupporre un’influenza della contemporanea architettura dei palazzi comunali o broletti, allora nascenti come innovativa istituzione e, in misura decisamente minore, delle maggiori e più ampie chiese abbaziali cistercensi.
La copertura dell’aula, in origine a capriate lignee,² è costituita oggi da un soffitto a cassettoni mentre il coro, cui si accede tramite un arco a tutto sesto ornato da una ghiera in cotto a due colori che prosegue lungo la navata, è coperto da una volta a crociera ad archi acuti, che portano con se anche un innesto gotico in una struttura complessivamente romanica, con costoloni a toro su peducci ovoidali.
Se il mattone è il classico materiale della padania, il soffitto a cassettoni invece si presenta in legno, bisognoso allo stato attuale, di altra cura e attenzione per l’evidente degrado in corso.
Accanto alla chiesa, quel che resta dell’antica Grangia, diventata poi Cascina, dopo la soppressione dell’Ordine degli Umiliati³ che la gestiva, e aveva operato una laboriosa quanto necessaria bonifica delle zone circostanti l’abbazia.
Oggi Monluè si trova ai margini della città, appena al di là dalla tangenziale est, e la condizione di vicinanza con l’arteria stradale, desta un sentimento di malinconico abbandono non solo del sito ma della tranquillità che un tempo doveva costituire questo luogo.
Ambiente rimasto per i secoli ormai lontani, come luogo agreste, di quelli ritrovabili nei dipinti di campagne e armenti da Francesco Londonio a Luigi Comolli⁴, per rimanere in area lombarda.
E di questa vocazione all’ambiente incontaminato ne da conto il nome Monluè che deriva da “Monte dei Lupi”.⁵
Documenti d’epoca⁶ e toponimi⁷ infatti testimoniano che anticamente nei secoli del basso medioevo (secoli XII , XIII e precedenti) la zona fosse boschiva e infestata da branchi di lupi che spesso e volentieri andavano a interessare le grangie, gli allevamenti e le cultivar del monastero.
Oggi il luogo si trova, come già detto, appena al di là della tangenziale, di cui si sente purtroppo il rumore che brutalmente interrompe anche solo il processo immaginativo di quale splendore dovesse essere questo piccolo complesso nel suo ambiente originario.
Ma comunque, visto il contesto, anche oggi questo luogo defilato, quasi rannicchiata nella sua piccola me, all’ombra della tangenziale sopra elevata, conserva la sua capacita di essere un angolo a vocazione agricola, e di relativa tranquillità, quantomeno lontano dalla frenesia più alienante della città.
Dai cartelli esposti e dalla limitazione d’accesso ad alcune aree, sembra che siano in atto attività di recupero che riguardano sia della cascina che la parte conservata della grangia che è ancora abitata da qualche famiglia, sia della fruibilità dei prati circostanti, dedicati a parco pubblico[….]
LUCA NAVA (Bibliografia su richiesta)