IL DISSOLVERSI DELL’ANTICA MEMORIA: OLEKSII AL MUSEO DELLO SMALTO

Mediterranean pine di Oleksii, courtesy of the artist

PONTE SAN PIETRO. Sabato 14 settembre, al Museo dello smalto di Ponte S.Pietro (Bergamo), s’inaugura la mostra personale di Enamel Oleksii. L’esposizione è curata da Luca Nava.

Orari: sabato e domenica delle settimane di settembre e ottobre 10-12 e 15-18. Disponibilità di visite guidate su richiesta.

In uno dei cicli della letteratura bretone cavalleresca, appartenente al novero delle leggende arturiane, di cui si ha notizia nella cronaca  dell’Historia Brittonorum descritta dal monaco “Ambrosius” (nome da consacrato che va a sostituire quello proprio di battesimo che risponde a Nennio), Merlino, personaggio assai ricorrente e spesso determinante nelle vicende del ciclo arturiano, in virtù del suo ruolo oracolare, si pronuncia in una frase dalla ampia risonanza che si fa, via via più ridondante nella mente di chi dovesse meditarla.

L’enigmatico “mago”, nel contesto della conclusione di una battaglia memorabile dell’alto medioevo, che ha come sfondo l’esercito cristiano impegnato (e infine vincitore) nella conversione forzata dell’ostinato e fiero popolo dei Sassoni, infilando la spada nella roccia, Excalibur, appunto, pronunciò queste parole: “E’ necessario porre un simbolo a memoria di questa impresa affinché esso sia utile a futura memoria, perché la maledizione degli uomini è che essi dimenticano”.

Evidente nell’affermazione del mago come la finalizzazione e l’attribuzione di valore dell’impresa risieda certamente nelle gesta eroiche dei valorosi protagonisti, ma anche e soprattutto nel divenire di tale impresa, memoria.

Un patrimonio immateriale che ha però per oggetto le immagini, mezzo attraverso il quale si codificano i significati scaturiti da una realtà empirica e sedimentati nella psiche. Un empirismo che ha caratterizzato un tempo fu e che, al momento presente, non è più, quantomeno nella forma materiale con la quale si manifestò in origine. E allora di necessità, il fatto accidentale ha la sua identità nella memoria che di esso se ne reitera di generazione in generazione, idealmente non morendo mai: un piccolo passo verso l’ubiquità degli dei.

Se si dovesse scegliere arbitrariamente un punto di partenza da cui osservare e considerare l’opera complessiva, versata nelle sue varie declinazioni dallo smaltato cuore pulsante di Oleksii Koval, questo probabilmente sarebbe il fulcro mnemonico.

Fondamento empirico dell’opera sono le esperienze di viaggi e di raccolta e recupero oggetti divenuti simboli dal significato denso di una tradizione, quello essenziale il rimando dal carattere mnemonico. In mezzo a quelli che sono i presupposti sostanziali e gli esiti essenziali, vi sono emozioni e più strutturati sentimenti, gradi di coscienza crescenti di volta in volta.

Il singolare utilizzato poc’anzi riferendosi al sostantivo “tradizioNE” piuttosto che il plurale “tradizioNI” costituisce una sottolineatura doverosa al fine di conferire il giusto valore all’enorme varietà di luoghi, genti, tradizioni, costumi, profumi,colori e credenze, incontrate dall’artista. Si tratta di un campionario al quale, pur mantenendo le specificità di ogni situazione, nella percezione dell’artista diventa motivo di conferimento differenziazione e dell’identità, pur  muovendosi nella direzione di una sostanziale unità.

In questo senso va inteso l’operare dai caratteri di nomadismo artistico quando si allude al carattere di universalità dei contenuti dell’opera: il termine il termine “universale”, ossia, “che va verso l’Uno”, descrive un processo di interiorizzazione delle esperienze compiute, delle tradizioni, delle suggestioni derivanti dal folclore, in direzione di una assimilazione dei significati plurimi in un condensato unico, come a ribadire l’unità animistica che sottende a tutto. Dal plurale, “significati” al singolare, onnicomprensivo, “significato”.

Lo sforzo di una visione universale è volta, a indicare che condizioni, tempi e protagonisti mutano sempre nel teatro della vita, ma ripetendosi sempre con le medesime modalità, quasi a promuovere un eterno ritorno di fatti e loro significati/o in un altrettanto ciclico muoversi del tempo.

Le modalità con le quali l’artista perpetua la memoria della tradizione, sembra dare credito proprio a quel processo “in tondo” degli eventi e cose quando esse siano calate nella temporalità, un un eterno ritorno, in cui il tempo stesso coincide con una forma di memoria: un eterno presente-atemporale. Artisticamente questa base contenutistica e concettuale emotiva si traduce e si concretizza, nel caso di Koval, in smalto.

Antichissima arte dalla forma d’espressione che ha nella capacità e  gestione dell’operatività pratica una componente che si impone come condizione non aggirabile. Tuttavia la perizia applicata alla tecnica a smalto, che consente un risultato dalla consistenza di minerale, in grado di resistere alla tirannia del tempo, a poco frutterebbe se non messa al servizio di un contenuto che sia in grado di esaltare la componente essenziale, ossia dei significati.

La tecnica a smalto porta con se e in se qualcosa di arcaico, fortemente e intimamente evocativo: gli elementi minerali, l’umidità, il fuoco, il ruolo dell’ossigeno e quindi dell’aria nei processi ossidativi, sono i caratteri basilari che compongono la natura(oltre a un’infinità d’altri elementi), e dunque che compongono, nei caratteri più semplici, anche l’uomo che della natura è parte.

L’artista che operi con lo smalto, e Oleksii ne è uno degli esponenti più radicali e innovativi al tempo stesso, anche come scelta di vita in questo, opera dunque da perfetto alchimista: trasformando la materia egli trasforma consapevolmente se stesso.

2-MEMORIA E TRADIZIONE CRISTALLIZZATE: CROMIA LUCENTE DELLO SMALTO.

Le opere che nascono da una iniziale idea, stesa graficamente come disegno su carta, trova in seguito un riporto su superficie metallica (spesso si tratta di rame in lega con materiali duttili)su cui viene riportata in incisione.

Si rende quasi sempre necessario, per motivi pratici, ridurre l’intero corpus dell’opera in piccole tessere sagomate da ricomporre una volta smaltate, una per una singolarmente.

Cromie, scelta dei materiali, tempistiche, perizia, e un certo grado di connessione emotiva  con il processo chimico-alchemico sono le varianti decisive del processo che si va compiendo: mentre affiorano le sensazioni evocate, lo smalto viene miscelato poi steso ancora in polveri; mentre lo smalto fonde e si cristallizza, le sensazioni sono divenute memoria dalla consistenza minerale. “everlasting”, come ama definirla Oleksii.

L’aspetto della frammentazione dell’opera porta inevitabilmente a generare molteplici variazioni, anche se di piccola entità, di toni della cromia da una tessera ad un’altra. Variazioni che riguardano la saturazione e densità nei colori, in un numero pari almeno al numero delle tessere occorrenti.

Una dinamica inevitabile come a fare da eco alla frammentazione e varietà delle sfumature esperienziali di cui l’opera stessa è summa.

In ogni singolo frammento decorato a smalto vi è una parte determinata dalle scelte dell’artista, ma sussiste sempre una percentuale, talvolta nemmeno piccola, di arbitrarietà nell’andamento del processo di fusione e miscellanea degli elementi minerali che la natura riserva a sé stessa.

Il risultato i cui caratteri serbano sempre variazioni inaspettate e talvolta stupefacenti, è manifestazione delle potenzialità espressive dello smalto e carattere sognante della possibilità delle polveri di farsi veicolo e depositari al tempo stesso di memoria per tramite, come si diceva, dell’opera alchemica-artistica, manifesta in prima istanza empiricamente, esperibile al tempo stesso emotivamente.

Questo processo di cui il duplice aspetto fisico e interiore si svolge talvolta parallelamente, tal altra una fase richiama l’altra.

Con il sostantivo “naturale” si intende qui abbracciare il significato plurimo che accomuna materia-forma e psiche che, come enunciato sopra, della natura è parte, quella  più vivificante.

Dunque il processo di genesi in immagine dell’opera, la sua stesura grafica e in incisione, la sua realizzazione a smalto, si accompagna parallelamente a una palingenesi, quasi un processo di individuazione dell’artista  che si rinnova  di volta in volta, nelle parti di se a lui sconosciute, quantomeno fin quel momento.

Di questo approccio verso le cose del mondo e della loro metamorfosi significata attraverso le percezioni, viene evocato l’arcaico atteggiamento dei popoli antichi, i quali, turbati dall’intricato correlarsi e fluire dei fenomeni naturali che sperimentavano, agognavano altresì un gran bisogno di quiete interiore. Il piacere ricercato nella pratica artistica è quello di una proiezione negli oggetti e ciò che rappresentano per poi ri-guardarli e scorgere se stessi pacificati dall’arte, prima che la sensibilità possa essere sollecitata nuovamente da altro.

Quando ciò avviene, quello che si invera è l’affacciarsi nell’intelletto quella felicità che sono suscitate dal senso di pienezza per la possibilità di abbracciare (simbolicamente), e istantaneamente l’aspetto empirico e quello animistico, la parte attiva e quella contemplativa delle parti afferenti a un’esperienza e, in definitiva, la possibilità che questa diventi parte integrante del proprio se.

3-MULTICULTURALITÀ E  SUOI CARATTERI.

L’aspetto dei viaggi e dell’incontro di culture diverse e relative manifestazioni, soprattutto nei modi di vita e delle tracce che questi hanno lasciato, portano l’artista a ricercarne gli aspetti  sedimentati nel tempo, nello sforzo di cogliere caratteri specifici, divenuti naturali motivi di interesse, rintracciandone in qualche modo gli aspetti originari.

Di questo incedere ne è chiara testimonianza l’opera che ha per oggetto l’evocazione folcloristica il “Sardak” una giacca tradizionale diffusa fra le popolazioni dei monti Carpazi, al confine con l’Ucraina.

La ripresa di un simbolo culturale, carico di tradizione radicata in un popolo e in una terra, poi tradotto in un’opera composita dai caratteri già illustrati e similari per granitica durata nel tempo alla consistenza minerale, consente di fare una trasposizione metaforica tra la solidità della tradizione (insieme all’identità che veicola)e il tramite con cui è espressa.

Anche in questa esecuzione di notevoli dimensioni l’artista temporeggia sui numerosi particolari che nel compendio restituiscono un’idea di decorativismo accompagnato a presenze araldiche poste in modo simmetrico sulla parte superiore dell’opera. Queste richiamano il motivo equestre di cavallo e cavaliere della tradizione medievale che tanto caratterizzava le popolazioni de quelle aree.

A contribuire il carattere iconico dell’opera, pur cosi ben curata nelle variazioni tonali del viola di fondo del Sardak è la sostanziale bidimensionalità del risultato a livello percettivo: tale aspetto, negando la terza dimensione, astrae l’oggetto dalla circostanzialità e dalla  temporalità, collocandolo direttamente al rango superiore di simbolo, come accadde nei medesimi tempi dell’evo medio(e che oggi si rinnova) in quelle terre, all’espressione artistica più sacra in assoluto: le icone.

Una ricerca, quella di Koval, condotta  anche nei luoghi più defilati che non disdegna di cercare negli scaffali polverosi di rigattieri, piuttosto che vetusti negozi di roba vecchia, alla ricerca di oggetti, fotografie, arazzi danneggiati dalle vicende e dal tempo.

In sostanza si va cercando senza un’idea precisa ma una di fondo, relitti di un passato, più o meno recente, troppo semplici e malconci per interessare al mercato antiquario.

Trovata questa base Oleksii imbastisce il suo lavoro, in modo sartoriale, ricamando attorno al cimelio antico una cornice sopra la quale i suoi interventi di copertura a smalto, enfatizzeranno il contrasto fra l’aurea antica e la parte lucente e cangiante, realizzando cosi l’iniziazione dell’opera di trasformazione del “reperto” che è anche metafora dell’opera alchemica: è questo il caso che si può rintracciare nel suo repertorio della serie “Indian Potrait” sviluppatosi negli anni 2008-2013, in cui le fotografie sono la parte evocativa, ossia la memoria e le cornici e altri elementi smaltati costituiscono l’apporto attualizzante dell’artista. Ma il vero artwork è l’aver accostato i componenti divenuti, solo dietro a questo incipit emotivo-psicologico e non altro, opera d’arte.

 Il particolare formato ellissoidale di questo ciclo tende, con forma allungata e curva, alla naturale espansione verso l’esterno, specie in direzione dell’orizzontalità, lasciando intendere a una continua integrazione di caratteri e simboli nel novero della cultura che si va omaggiando.

Alla stessa area semantica afferiscono le opere che sono raccolte sotto il ciclo denominato “Thousand and one night” le quali nascono da un nomadismo dell’artista che è soprattutto, nomadismo culturale. Opere che ancora una volta scaturiscono dai luoghi del suo spostarsi continuo  visitati ricercando, quasi con incedere poliziesco alla continua ricerca del fuggiasco particolare e della sedicente sfumatura all’orizzonte, del lato occulto e animistico ivi presente.

 Si tratta di luoghi, ancora una volta in cui risiede una estesissima memoria archetipica, luoghi che presentano i caratteri riscontrabili visitando gli insediamenti attorno al bacino del mediterraneo delle antiche civiltà che qui hanno segnato la loro presenza.

Si tratta di aree riarse dal sole diurno e avvolte dal freddo e dalla rugiada dell’escursione notturna: non importa nominare villaggi o città, quale luogo o luoghi precisamente egli abbia visitato, ma piuttosto l’ambito geografico, antropologico, culturale e il loro folclore, colori, profumi, suggestioni che si esprimono: quali le tracce che tutto questo lascia nell’animo e nello sguardo dell’artista.

Diverso formato, ma anche diverso climax e dimensioni caratterizzano le opere opere dedicate alla terra di Ucraina denominato “Ucraina series”, composto da soggetti singoli ma talvolta anche da “wedding”, ossia ritratti in coppie, quasi sempre coppie coniugali come suggerisce il titolo, nelle quali interviene anche una parte disegnata e/o a fotografialasciate a vista: trattasi tecnicamente di opere a tecnica mista, ma sarebbe riduttivo volerle catalogare solo in questo modo.

Lo smalto su tessere di rame qui è destinato a realizzare una sorta di copertura dell’immaginetipica  e ne costituisce un vestito, come la RIZA lo è per le antiche icone: in questo Koval rivela l’adesione alla tradizione figurativa delle sue terre natie.

Un abito, quello delle Ukraina series  che è arricchito di apporti di monete, antichi orecchini, passamaneria, unitamente al decorativismo della smaltatura. Quasi sempre in queste realizzazioni restituisce un’immagine ferma e icastica, tutt’altro che asciutta ma non di meno con sottolineature grafiche dal profilo tagliente.

La tecnica dello smalto con apporti a rilievo simile alla risultanza estetica della tecnica a Champlevè, unitamente agli apporti di altri materiali, realizza una superficie a diversi piani, frastagliata e leggermente irregolare.

“Inciampando” nelle asperità e sulla superficie smaltata la luce scorre in modo non uniforme, moltiplicando gli infiniti giochi chiaroscurali e la frastagliata lucentezza degli smalti.

In altre opere di piccole dimensioni, raccolte sotto il nome comune di “FRAGMENT”, sussiste in realtà una notevole varietà di tematiche che si sviluppano tramite l’utilizzo, anche simbolico della compresenza di smalti su rame e apporti in parti polimorfe in bronzo.

Se il termine “frammentazione” è stato usato con allusione al numero di tessere componenti una medesima opera nei cicli descritti, in questo caso il termine frammento va interpretato come carattere di individuazione e di un’autonoma opera ( certamente inquadrata per comodità di presentazione in un genere), che si lascia apprezzare a un colpo d’occhio.

Valutando queste opere è possibile infatti incorrere in oggetti che occupino poco più dell’ingombro della mano che le regge. Si tratta di frammenti sinteticamente allusivi alle esperienze e viaggi sulla cui importanza si va insistendo, ma tradotti in guisa di piccoli totem, quasi, si direbbe, opere da viaggio, da portare sempre con se.( non ricordano forse, in questo utilizzo, la sacralità delle antiche e piccole icone da viaggio?)

Particolare menzione meritano le opere autonome a incisione, le quali, con severo rigore del monocromo, nulla concedono all’occhio del piacere scintillante che invece è riservato dall’opera a smalto.

La tematica del ritratto o del semi-ritratto ricorre anche in queste opere che poi, in alcuni casi, vengono completate solo parzialmente a smalto, enfatizzando le differenze percettive rispetto all’inciso e focalizzando il rilievo smaltato verso le parti afferenti al vestiario tipico delle donne Ukraine e ai loro monili, riservando ancora una volta grande attenzione all’aspetto della cultura, della tradizione e in definitiva, per diversa via della memoria.

Sguardi assorti, sfuggenti, concentrati su un mondo interiore, similare a quello dell’artista che in questo modo, agendo nel tempo, ne conferisce densità e valore in quanto spazio in cui si invera la memoria. Egli realizza in verità, un ritratto meditato dall’interno all’esterno di cui l’opera ne è l’oggettivazione: i personaggi divengono cosi da elemento soggettivo ad archetipo di una condizione esistenziale,  un modo di stare al mondo,  immagine icastica cristallizzata a vari livelli della tradizione, assorbita nelle tappe del suo nomadismo.

4-RIFLESSIONI IN MOSTRA  ATTORNO  ALLA  NATURA.

Non meno efficaci allo scopo di descrivere la poetica di Koval è la serie dedicata alle “Still Life”, opere troppo spesso etichettate come nature morte, in cui la dimensione terminale della parola “morte” non ha alcuna pertinenza con l’ispirazione e l’intenzione dell’artista.

Nondimeno anche alcune “landscape”, le cosi dette vedute, lo sono in senso lato, poiché coinvolgono paesaggi naturali ma non paesaggi puri: immagini derivanti e filtrate dagli occhi dell’artista rivisitati dal filtro emotivo e alla luce del significato archetipico che quella veduta porta con se.

In realtà le opere in questione costituiscono non un luogo, arbitrariamente inteso, ma “il luogo” per eccellenza dove il proprio se si frammenta per poi trovare nuovamente carattere unitario, secondo quella dinamica temporale che coinvolge il mondo empirico e che, spostandosi sul piano ideale, anche della psiche.

In tal modo l’esperienza di se è resa possibile tramite quel processo che gli alchimisti denominano “solve et coagula” ossia “sciogli e poi ricomponi”. A dissolversi nell’esperienza artistica, (che comincia già con un approccio alle cose e alla vita, prima ancora che essere un gesto creativo) sono le proprie convinzioni e pregiudizi davanti all’esperienza di nuove culture, cosi come a sciogliersi sono le polveri e i silicati stese con perizia sulla superficie ramata della tessera componente l’opera.

Il processo inverso, ovvero il coagularsi, riguarda lo stupore di una visione del mondo generatasi e della vita che lo invera e lo agita.

Cosi come le polveri, dietro all’azione del calore, perdendo la loro singolarità e coagulando, generano una unità dai connotati nuovi e, fino all’ultimo istante, prima della estrazione dal forno e della vetrificazione, imponderabili.

Prova eloquente ne sono forme e colori, che spesso dall’artista sono interiorizzati e poi oggettivati in splendidi landscape notturni scintillanti, sublimazione di luoghi divenuti simboli di una esperienza agognata e caparbiamente inseguita.

Esempi piuttosto efficaci che dispiegano la dinamica appena descritta sono l’opera monumentale dal titolo “Jungle”: una riflessione a sfondo naturalistico e incontaminato su  numerosissime variazioni tonali del difficilissimo colore verde, usato per saturare gli interstizi creati da lamine incise, formanti un corpo di felci e altre varietà arboree, attraverso le quali filtra l’azzurro alternativamente di cielo e acqua.

 La trattazione luministica, considerato il processo che vede coinvolta la creazione delle singole tessere dell’opera, mostra un risultato che denota una capacità  immaginativa ( ossia di immaginare il risultato già per intero compiuto)  e una visione onnicomprensiva sorprendente in grado di omogeneizzare la percezione della veduta, rendendone la forza e l’enigmatico clima creatosi in un colpo d’occhio unico.

A fare da contraltare alla visione allargata di una selva composta prevalentemente da felci oltre che altre specie vegetali, si pone l’opera dal titolo”Big palm” . Protagonista una palma simmetricamente perfetta e gigante vista dal sottinsu.

La Palma ha un significato antichissimo nelle culture mediterranee.

Nel mondo arabo si diceva essere congiunzione di mare e cielo, nella tradizione mitologica egizia gli iniziati a Iside portavano foglie di palma a ornare il capo,

Nella cultura greca si dice che Latona avrebbe partorito Apollo, dio del sole appoggiandosi fra due palme nella riarsa nell’isola di Delo.

Sempre nella mitologia greca la  Nike serba la palma della vittoria che è anche simbolo olimpico di primato.

Nella cultura cristiana la palma è iconograficamente connotante il martirio, ma già prima del primo martire la palma è protagonista assoluta nell’entrata di Gesù a Gerusalemme nella domenica che porta il nome di questa emblematica pianta.

In “Big Palm”,opera dal carattere cosi moderno e solare, grazie a un formato circolare che non chiude, ma proietta la circonferenza a un potenziale allargamento e dilatazione, alto è il grado di ariosità nonostante la congestione spaziale evidente generata dal naturale ma non proposto naturalisticamente ingombro del soggetto.

 “Above the sea” è il titolo dell’opera che gestisce lo spazio scenico di un mare cristallino ripartito in molteplici tessere, piuttosto regolari in forme e disposizioni, al modo di un mosaico.

 La perizia costruttiva dell’opera nella gestione dello spazio fa uso dell’espediente del pino marittimo in primo piano con il ruolo di far da quinta per stabilire primo e secondo piano  conferendo cosi rilievo e profondità percepibile fra pino e mare, quest’ultimo restituito da cangianti riflessi e varianze luministico-cromatiche proprie degli smalti.

Cangianze che si dispiegano nella dimensione di purezza e senza nemmeno quell’apporto pseudo prospettico che è possibile esperire dato della quinta dall’albero, nell’opera “Reflection”.

In “Above the sea” ci si concentra sull’effetto del rapporto fra luce, proprietà riflettenti e cromia degli smalti, ma un riflesso che, ancora una volta va inteso in chiave metaforica: si tratta sempre di un riflesso che ha direzione e verso dall’esterno all’interno, in definitiva una riflessione che conduce sempre a se.

All’opposto in “Mediterranean pine” il focus si sposta sul soggetto ben definito dal titolo, con lo spostamento sulla definizione dei racemi in tonalità cromatiche più calde rispetto agli esempi precedenti. Non è da trascurare nemmeno le modalità di parcellizzazione delle tessere che, ricomposte, conferiscono un andamento radiale alla frammentazione dell’intero corpus dell’opera, la cui origine si individua proprio dal soggetto arboreo che conferisce titolo a questo lavoro.

All’avventore delle opere è utile porre attenzione sul clima complessivo che è possibile sperimentare, immergendosi nella densa atmosfera che la lucentezza della materia consente di instaurare e la relativa capacita di veicolare lucentezza che gli smalti cosi lavorati, sono in grado di generare.

Questo apre un caleidoscopio di ambiti culturali e frammenti di tradizione che l’artista, con discrezione, porta all’attenzione e alla fruizione in diversi formati e proposte dimensionali.

5-ASTRAZIONE NECESSARIA E VIAGGIO DI RITORNO.

Non è secondario che le opere, per quanto si impongano con la presenza fisica, nascano da un principio di astrazione, non tanto dalla forma quanto dai motivi che la animano, ossia dai significati.

Evocazione di profumi, suoni, legami mnemonici, sfumature di una tradizione in via di dissolvenza, talvolta trovata dall’artista agonizzante. Si tratta di concetti a cui si associano non i sensi( come olfatto e udito nel caso di profumi e musiche)ma l’idea che di quell’esperienza i sensi hanno a suo tempo consentito.

Dal correlarsi di intricate componenti del mondo esperito, Oleksii ricava un bisogno di quiete che non è stasi ma riflessione.

Si tratta di cogliere l’apparente casualità che sottende al dispiegarsi della vita nelle cose. 

Di viaggio in viaggio e conseguente tassello esperienziale, posto sul cammino di consapevolezza, l’artista non tenta di filtrare quanto sperimentato empiricamente e lo traduce secondi categorie di percezione, come a dire non ciò che è ma ciò che appare. Tuttavia anche se questa esperienza si rivela essere non sempre idilliaca, l’artista resiste alla tentazione forte di porre la sua visione condizionata da un qualsivoglia dettato morale, ma si pone, riguardo questo aspetto, su un piano di controllo razionale.

Quello che accade artisticamente è invece un processo di astrazione dall’empirico per cogliere l’essenza, poiché è della seconda  che vivono e si giustificano in modo significante le prime.

 Se l’andata del viaggio è verso l’astrazione, occorre un ritorno alla realtà condivisa e materiale : sintesi di questo processo è l’opera d’arte.

Il grande formato di alcune opere presentate si accompagna in modo coerente al piccolo dei “frammenti” poiché in definitiva la tecnica è solo l’aspetto tangibile per veicolare ragioni  che investe molteplici aree semantiche: la tecnica, per quanto raffinata, è e resta il astratte dal tempo di cui si è accennato poc’anzi: l’opera è mezzo al servizio di uno scopo.

Attraverso il concepimento concettuale, la partecipazione emozionale e la realizzazione fattuale delle sue opere, Oleksii matura e acquisisce, inventa tecniche nuove che si aggiungono a quelle già sperimentate per veicolare ulteriori aspetti della realtà emozionale.

In virtù di questa peculiarità e del percorso coerente sviluppato nel tempo, l’artista ha cambiato e continua a mutare se stesso e la propria consapevolezza nelle esperienze di vita e del mondo, quasi a stabilire che l’unica cosa certa sperimentabile risiede nel perpetuo mutamento delle cose, ossia che non vi può essere certezza.

 Antico e moderno nell’immaginario e nelle opere, per l’artista coincidono e per estensione tendono lo sguardo verso ciò che ancora non è, ma che intimamente si percepisce che di li a poco sarà: il viaggio continua.

Dunque, da vero alchimista quale è il nostro, con verità e consapevolezza, può dire di se, ogni volta, trascorso il lungo e catartico periodo di gestazione di ogni opera, a fronte di un nuovo tassello aggiunto al deposito della memoria: “ l’m different now”.

6-OTHERS VARIANTS

A suggello di quanto illustrato fin qui, ossia degli intenti dell’artista, della sua impresa artistica delle modalità pratiche della sua attuazione, ci sono diverse opere, non presenti in mostra e  nate trasversalmente alle tematiche illustrate, che per comodità espositiva, si indicano singolarmente.

Opere come “Adriatic gate” (180×38, 2015) sia nel formato che nella suggestiva trattazione della veduta, traducono per il tramite di perizia tecnico-esecutiva e conoscenza approfondita dei materiali.

In altre tipologie di creazioni che sfuggono a qualsivoglia criterio di precisa catalogazione come “Alice in the Wonderland” (79 diam, 2024), per formato circolare e per tecniche che investono diversi materiali fra cui rame, legno, elementi meccanici si presenta emblematica e interessante. L’iconografia particolarissima, non attinente all’esperienza reale e sostanzialmente sognante, sublima  il carattere ibrido fra empirismo e nominalismo dell’esperienza artistica di Oleksii.

Anche la variante dell’oggetto concepito non come d’uso, (o non solo) in una dimensione totemica è forse la forma più efficace, la parte più appuntita delle freccia nell’arco espressivo di Oleksii. Appartenente a questa categoria di creazioni, “Life story” (2015)  è una (relativamente) piccola opera che presenta la singolare intelaiatura a triplo cerchio sovrapposto.

I tre elementi circolari sono legati da racemi e ciascuno si fa scrigno per la custodia di tre momenti di vita che sintetizzano il tema delle “tre età” assai ricorrenti nella storia dell’arte. L’opera è in un certo senso citazionista di una certa modalità tradizionale di trattare un tema filosofico. Questa parte cosi evocativa delle tre età è realizzata dall’artista con incisioni e smaltature che riprendono il tono metallico del rame ossidato.

In un generale spostamento del climax verso toni cromatici più caldi e il conferimento di una solennità discreta tramite un’atmosfera di sospensione e di silenzio, l’artista lascia trasparire quale clima interiore lo abita nella meditazione delle tematiche sulle esperienze più variegate.

Lo spunto offerto da questa esposizione non ha modo ne pretesa di essere esaustivo di tutte le tematiche a cui si è accennato, ma piuttosto di introdurre a un modo diverso di guardare all’espressione artistica tramite una antichissima tecnica artistica come lo smalto.

Un’arte fin ora troppo a lungo considerata sussidiaria di altre forme che godono di più famigliare notorietà (pittura, scultura,….etc) ma che nelle mani di un profondo conoscitore, che per altro non termina mai di aggiungere conoscenza al suo repertorio, può raggiungere vette qualitative altissime e aprire porte ad aree inesplorate dell’animo umano, rendendolo capace di esperienze vivificanti e fino a quel punto impensabili se affrontate tramite espressioni artistiche più “tradizionali”.

LUCA NAVA