
CESENATICO. Il “mare interiore” di Roberto Pagnani si fonde, nella personale aperta al pubblico fino al 27 novembre alle sale espositive del Museo della Marineria con la suggestiva visione dell’esterno Porto Canale leonardesco.
Un universo figurativo dove le navi cargo del porto di Ravenna diventano quasi icone di piccole città galleggianti, e compaiono pesci dall’aspetto vagamente antropomorfo insieme a frammenti di paesaggi, spiagge con accennate presenze vegetali.
Nato a Bologna nel 1970 ma cresciuto a Ravenna, Pagnani, pittore, illustratore, scenografo, ha esposto le sue opere in varie città italiane e straniere (da New York a Kolding, da Bologna a Toronto), ed è presente in molte collezioni sia pubbliche che private.
Pagnani, cosa significa per lei come artista avere ”il mare dentro”?
«Questa mostra che raggruppa insieme i temi a me cari di paesaggi, navi, pesci, contiene l’idea del “mare dentro il mare”. Non mi interessa la pittura didascalica, ma ciò che viene dal mio inconscio pensando al mare, ricostruito come nei sogni, come nelle immagini della mia infanzia del porto di Ravenna. Paesaggi marini interiori che realizzo quasi sempre spalmando il colore con le mani, o spremendolo dai tubetti dando poi colpi di spatola. Come nel canto la voce, strumento della pittura sono le mani. Frammenti di paesaggio, con vegetazione, dune, e un mare che in realtà, e pesci talvolta dall’espressione attonita e umana, quasi come le maschere di una commedia».
“Bastimenti della memoria e del sogno – scriveva Domenico Settevendemmie nel testo critico a “Rotte” di Pagnani – che si fissano per sempre sulle retine dei nostri occhi pure quando l’orizzonte marino è una linea perfetta, tra realtà informe e pensieri in movimento. Noi siamo quel segno minuscolo, luce intermittente, scorza di ponente, magia levantina».
Perché c’è un profondo legame con la poesia?
«Questa mostra è nata seguendo l’idea del poeta Stefano Simoncelli, che mi chiamò ad illustrare la sua penultima raccolta “Un barelliere del turno di notte”. Un incontro avvenuto felicemente a Cesenatico. In opere come quelle esposte, “Fata Morgana”, “Exodus”, “Paesaggio lagunare”, immagino ancora che il mare arrivi nel cuore di Ravenna, come era in antico. È un cercare il mare e non trovarlo, proprio come Cervantes fa dire a Don Chisciotte: “cercar mariola per Ravenna”. Non è un mare eclatante, ma limpido, chiaro, come visto liricamente all’alba, frutto d un immaginazione introspettiva. Un mare perfetto per un poeta. Per questo ho voluto collaborare con vari poeti, come Eugenio Vitali, Nevio Spadoni, Valerio Fabbri, Cetty Muscolino.
Da tre generazioni la sua famiglia opera nel mondo dell’arte. Cosa le ha portato questo contatto diretto con i protagonisti della pittura informale europea?
«Mio nonno era un importante collezionista, amico di grandi nomi di fama internazionale come Mattia Moreni e Georges Mathieu, mio padre era pittore e in questo clima fecondo ha dato
la prima impronta alla mia opera, come l’uso dei colori rosso e blu. Ho trovato nell’informale un legame profondo con la poesia, con il concetto di “opera aperta”, non conclusa, introdotto da Umberto Eco. La possibilità che si possa vedere “altro” in un quadro oltre l’apparente, la nostra natura profonda». (Apertura sabato, domenica e festivi, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19, infomusei@comune.cesenatico.fc.it