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ROVERETO Nel novero delle mostre in corso dedicate ai surrealismi italiani, si staglia in tutta la sua portata contemporanea quella dedicata a uno dei più originali artisti del nostro tempo, Luigi Serafini (nato a Roma il 4 agosto 1949), figura poliedrica che spazia dall’architettura e dalla pittura alla scultura, al design, alle installazioni, all’arte digitale ma non solo. Celebre è il suo Codex Seraphinianus edito da Franco Maria Ricci nel 1981, un’impresa enciclopedica fantastica comprendente tutti i campi del sapere, affrontati con una scrittura innovativa, misteriosa, criptica, ricca di neologismi di fantasia, vero paradiso per i cultori di lingue antiche o morte, per gli enigmisti, i musicisti e coloro che si occupano di algoritmi e di intelligenza artificiale; un’ opera che ha raggiunto un’indiscutibile fama internazionale, come testimoniano le traduzioni francesi, spagnole, tedesche, inglesi, olandesi e persino un’edizione cinese “taroccata”. Intellettuali e creativi dello spessore di Italo Calvino, Umberto Eco, Federico Zeri, Roland Barthes, Philippe Starck ne hanno apprezzato la genialità propria di “un indecifrabile libro di culto”. In mostra il Codex viene esaltato da 60 tavole originali accolte nella prima edizione del 1981 e da una quarantina di tavole meno note appartenenti all’artista e realizzate in anni successivi. Si aggiungono a queste le tavole di altre due importanti pubblicazioni di fantasia come Pulcinellopaedia Seraphiniana dedicata alla figura napoletana di Pulcinella e Storie naturali, “un atlante di botanica immaginata”, che inducono il visitatore a considerare il rapporto intrattenuto dall’artista con l’oggetto libro e le vaste potenzialità espressive insite in tale relazione.
Come sostiene il suo ideatore Vittorio Sgarbi, grande amico dell’artista, l’esposizione in corso più che essere antologica è, una mostra ontologica, attraverso la quale emergono la visione e il condursi dell’essere per Serafini. Quest’ultimo ha curato di persona l’allestimento che risulta essere “vorticoso, eccentrico e colorato” e che fa leva su oltre 200 opere tra tavole originali, illustrazioni, disegni, pitture, sculture e installazioni. I curatori dell’evento, che figurano anche tra gli autori di un ricco catalogo, sono Andrea Cortellessa, Denis Isaia, Pietro Nocita, i quali si sono avvalsi del sostegno della Fondazione Silvano Toti da anni impegnata a promuovere e a finanziare progetti culturali e artistici.
Se scorriamo la scheda biografica di Serafini, acquisiamo alcuni dati importanti della sua formazione artistica: frequenta la Facoltà di architettura e collabora con Maurizio Sacripanti e Luigi Pellegrin; dal 1971 al 1973 compie viaggi in Iraq, in Africa equatoriale, in Congo e negli Stati Uniti, dove lavora a fianco dell’architetto Paolo Soleri nella costruzione della città sperimentale di Arcosanti in Arizona; nell’ambito del design nel 1981, l’anno dell’edizione del Codex, collabora con il collettivo Memphis e progetta le sedie Suspiral e Santa per Sawaya & Moroni come pure i vetri e le lampadine per Artemide; nel 1990 realizza la prima locandina per il celebre film di Fellini La voce della luna; espone in prestigiose gallerie milanesi, romane e d’oltreoceano; come scrittore ha pubblicato per le case editrici Fandango, Bompiani, Archinto; vanta al suo attivo articoli su molti quotidiani italiani e collaborazioni in programmi culturali di Rai Radio 3.
La caratteristica della ricca ed eterogenea produzione artistica di Serafini, per così dire della sua poetica che si traduce in poietica, è il perseguimento dell’idea di un’opera d’arte totale, di un Gesamtkunstwerk (termine usato per la prima volta, nel 1827, dallo scrittore e filosofo K. F. E. Trahndorff e poi dal 1849 dal musicista Richard Wagner) basata sull’apporto delle più variegate discipline artistiche, sui fatti relazionali e sull’originale e geniale uso della fantasia associativa. Serafini afferma, programmaticamente, in un articolo uscito su «Artribune» dell’annata 2002: «Per me l’arte è un fatto relazionale. Sono relazioni con persone e con luoghi».
Se si analizza per cenni la sezione pittorica della mostra di Rovereto, balza subito all’occhio la valenza utopica, dissacrante, sarcastica delle varie situazioni ritratte riconducibili allo stile di vita, ai clichés e alle distopie della società contemporanea con puntate a originali rivisitazioni di miti e di cosmogonie di pura invenzione. Il tutto è reso con colori forti, decisi, con effetti surrealistici, da Pop art e da Muppet show. Spesso i titoli dei dipinti sono anch’essi coniati ex novo e rientrano nella magia dei giochi linguistici che suscitano vero stupore. Valgano da esempio Ariadne auf Naxos (1998), Apollo vincitore sul serpente Pitone Cerasuolo (2000), Bovindo N. 1 (2001), Miraculum! Opera santa (2000), in cui vescovi e prelati assistono increduli al salto da un vaso di vetro all’altro con dentro un pesciolino rosso (rimando al mondo delle fiere paesane) che un pupazzo filiforme abilmente spicca. A seguire Week-end 1000/94 (ultramontano) (1994), dove in un ambiente familiare dall’atmosfera surreale irrompe all’improvviso da una finestra uno sciatore che sta per atterrare nella stanza e ancora Week-end ultramontano (1994) che mostra una coppia a letto affettuosamente abbracciata, ignara del fatto che tutto d’un tratto da un finestrone sbuca un cervo che reca sulle corna uno schermo televisivo acceso. Meritano attenzione anche Conversazione squisita con matite ben temperate (2021) (due uomini sono intenti a conversare amabilmente seduti su divani dallo schienale bizzarro, sormontato ciascuno da un pesce, sul tappeto figurano quattro grandi matite temperate a dovere) come pure Grand-Hotel with the Sky Above (1994), dove su una terrazza balaustrata gli ospiti-alcuni intenti a ballare- recano in testa un macigno a mo’ di parrucca e inoltre Città lagunare (1995) Centaurus ludens (1995), Paesaggio marchigiano (1996) e Tappetanti (2009).
Nel gruppo di sculture figurano un enorme pesce forellato con il muso da rettile, un cervo, le cui corna recano lampadine accese, la Mucca pazza, il Mangiatore di luce blu (1990) affiancati dalle creazioni di Serafini in veste di designer come le celebri Sedia Suspiral di vetro (1986) e Sedia Santa del 1990 e l’Appendiabiti ermetico (1991).
Non mancano poi le installazioni a cominciare dalla Neon scrittura (firma) (2001) in serpentina al neon sino alla controversa Donna carota (Persephone C) che presenta una donna stesa, il cui corpo termina a forma di carota e che reca nel palmo delle mani una carota come una sorta di dono votivo, un’ allegoria originale della dea della natura. Quest’ultima opera si può associare a una celebre tavola del Codex che riproduce un cavallo, la cui parte posteriore si metamorfosa in una lunga conchiglia a spirale e ai cui finimenti è appesa una conchiglia della stessa foggia. Vi è anche una sezione dedicata ai Disogni (sic), ossia ai disegni riconducibili alla sfera onirica. Come si è già rimarcato, la maggior parte delle opere recano titoli di fantasia, veri giochi linguistici che rivelano l’uso di un lessico originale da parte dell’artista. La mostra si chiude poi con i disegni d’architettura che testimoniano sperimentazioni e innovazioni mai esposte al largo pubblico. Il pregio dell’evento in causa è anche quello di offrire ai visitatori l’opportunità di entrare virtualmente nella Casa-Studio romana di Serafini (un’autentica opera enciclopedica e allo stesso tempo “una piccola cosmogonia esportabile”) da lui interamente ideata, e quindi unica in tutte le sue componenti (interni, arredi, oggetti, stoviglie e suppellettili), la quale recentemente è stata oggetto di una video-mappatura in 3D realizzata dall’Università Iuav di Venezia da leggere come un “meta-ritratto dell’artista”.
Luigi Serafini è stato definito dai curatori della mostra un autentico artista vulcanico che “ha sperimentato, innovato, messo sottosopra i canoni, riuscendo nella singolare impresa di essere costantemente molto apprezzato e seguito, iper popolare e trasversale a diversi ambiti, pur restando al di fuori dei contesti convenzionali dell’arte contemporanea”. L’allestimento voluto dallo stesso artista si profila come una magica Wunderkammer, un osservatorio colorato da cui si può scrutare la società contemporanea prigioniera del compulsivo consumismo e della massiccia massificazione. Vedere de visu le opere che compongono la fervida attività artistica pluriennale di Serafini equivale a un viaggio avvincente e fantastico nei territori dell’onirico, dell’immaginario, del subcosciente, ma anche all’entrata in un grande luna park surreale intriso di mitologia, di filosofia, di semiotica, di botanica, di architettura, di simboli ed emblemi da decrittare e quindi anche di gioco e di divertimento.
ERMINIO MORENGHI
Per visitare la mostra:
Orari: mar, mer, gio, dom 10.00-18.00
ven, sab 10.00-19.30
lunedì chiuso
Tariffe:
intero 15 Euro
ridotto 10 Euro
gratuito fino ai 14 anni e persone con disabilità
T. +39 0465670820
www.mart.trento.it