ITALIAN NEWBROW AL COMPLESSO DI SANT’AGOSTINO

Vanni Cuoghi, Rottura di fidanzamento a Capodimonte (courtesy of the Artist)

PIETRASANTA. Si snoda negli spazi del Complesso di Sant’Agostino a Pietrasanta il nuovo appuntamento del progetto “Italian Newbrow”, sviluppato da Ivan Quaroni a partire dalla partecipazione alla Biennale di Praga nel 2009, e curato, in questa nuova tappa promossa dal Comune di Pietrasanta, dallo stesso Quaroni e da Valerio Dehò.

Fino al 12 settembre 2021, nella Chiesa, nella Sala dei Putti e nella Sala Capitolo, sono esposti oltre sessanta lavori – opere su tela, carta e tavola e videoinstallazioni –, numerosi dei quali inediti, degli artisti Silvia Argiolas, Vanni Cuoghi, Paolo De Biasi, Fulvia Mendini, Laurina Paperina, Giuliano Sale e Giuseppe Veneziano.

“Italian Newbrow” presenta e promuove un significativo spaccato di quella pittura italiana contemporanea che ha saputo interiorizzare i cambiamenti culturali e sociali della società liquido-moderna teorizzata da Zygmunt Bauman attraverso l’elaborazione di linguaggi eterogenei, in cui convivono differenti attitudini pittoriche.

Newbrow è un neologismo anglosassone che si frappone tra i termini lowbrow e highbrow che stigmatizzano l’opposizione tra un’arte popolare e un’arte colta. Italian Newbrownon è dunque un linguaggio o una scuola di pensiero, ma piuttosto un’attitudine, un’inclinazione, una modalità di pensiero che attinge simultaneamente ad una pluralità di fonti iconografiche, con riferimenti che includono sia allusioni alla cultura popolare (fumetto, illustrazione, cinema e cronaca) sia riferimenti alla cultura alta (storia dell’arte, letteratura, architettura e design).

All’interno della compagine Newbrow esistono due anime: l’ala pop, comunicativa e narrativa, rappresentata dagli artisti Laurina Paperina, Fulvia Mendini e Giuseppe Veneziano, che usano codici linguistici vicini al fumetto, all’illustrazione e al design, per costruire un commentario sulla cultura globale contemporanea; l’ala formalista, rappresentata da Vanni Cuoghi, Paolo De Biasi, Giuliano Sale e Silvia Argiolas, più attenta alla definizione di un linguaggio capace di combinare sperimentazione tecnica e ricerca concettuale. In entrambe le anime la citazione, più o meno velata, alle iconografie della storia dell’arte, costituisce un elemento ricorrente di quel patrimonio iconografico italiano (ed europeo), che continua ad affiorare nei codici visivi della contemporaneità.

Ciascuno degli artisti scelti per l’esposizione pietrasantese diventa così interprete a proprio modo, e in modi molto differenti tra loro, di questa combinazione di cultura alta e bassa.

Quello che si svolge nell’immaginario pittorico di Silvia Argiolas, che in quest’occasione presenta tutti dipinti inediti, è il racconto di una condizione di marginalità sociale e, al tempo stesso, la disamina di un vissuto che, contro la falsità e virtualità del mondo digitale, elegge a salvaguardia dell’individuo la verità del corpo e della psiche.

Le opere di Vanni Cuoghi presenti in mostra, tele realizzate tra il 2019 e il 2021, mostrano l’evoluzione della sua grammatica pittorica dalle stilizzazioni di stampo illustrativo tipicamente pop alla definizione di un linguaggio sospeso tra bellezza e orrore, tra elementi classici e pop, che ben si presta alla trasposizione in chiave simbolica e fantastica delle inquietudini contemporanee.

Gli interni neo-metafisici di Paolo De Biasi sono organizzati come dei set di posa: uno spazio destrutturato che interpreta la realtà come un simultaneo affastellamento di luoghi ed episodi narrativi, che ci restituiscono il senso d’urgenza e vitalità dell’esperienza umana.

Le fisionomie di Fulvia Mendini – in mostra si ammirano una decina di acrilici su tavola – alludono all’eterno femminino epurato però di ogni connotato drammatico. Fate e ninfe di matrice vittoriana si accompagnano a veneri preraffaellite e dame secessioniste interpretate alla luce di una grammatica ultrapiatta. L’artista costruisce un universo bidimensionale apparentemente semplice che nasconde riferimenti a raffinati episodi della storia dell’arte.

Di Laurina Paperina è esposta una significativa selezione di tele e video-animazioni il cui linguaggio attinge al vasto repertorio dell’iconografia pop adattandolo a uno stile lineare e sintetico, che permette all’artista di trattare i temi più cruenti con un atteggiamento di cinico candore.

Giuliano Sale dipinge corpi e spazi frammentati che sono una pura proiezione mentale dei suoi stati d’animo, in cui brandelli dell’immaginario pittorico dei grandi maestri del passato vengono filtrati da uno stile pittorico che alterna precisione e gestualità, costruzione e scomposizione, ferocia ed eleganza condensati in un linguaggio originale e unico.

All’incrocio tra realtà e finzione, fantasia e cronaca, la pittura di Giuseppe Veneziano – in mostra con alcune delle sue opere più celebri, come Self Portrait, Mc Emmaus e La Pietà di Michael Jackson, del 2010 – è segnata da uno stile sintetico e da una palette cromatica virata su tonalità pastello: cortocircuiti narrativi che ci inducono a riconsiderare il labile confine tra il vero e il verosimile, come quando recupera un’iconografia artistica del passato, trasformandola in un commentario sui vizi e le virtù del mondo contemporaneo.

Accompagna la mostra un catalogo edito da NFC Edizioni, con testi critici di Valerio Dehò e Ivan Quaroni.

CREDITS. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento; testo: press kit uf. testo NORA comunicazione; immagine: courtesy of Vanni Cuoghi.