FERRARA. Sono passati trentotto anni da una delle più celebri burle della storia dell’arte: il ritrovamento, in un fosso, di presunte sculture, a forma di testa, di Modigliani, secondo una leggenda che vuole che fu lo stesso Modì a gettarle in acqua in quanto non soddisfatto della riuscita. La notizia fa il giro del mondo, i critici dell’epoca ne dibattono l’autenticità. Ma è tutto falso. I pezzi sono opera di tre studenti universitari che neppure si aspettavano, forse, tanto clamore. Ora questa vicenda diventa un film.
Questi i dettagli desunti dal comunicato stampa.
Dopo 38 anni, una delle più grandi beffe nella storia dell’arte torna alla ribalta con un progetto cinematografico, che ha per protagoniste le (false) teste di Modì, ora in mostra Ferrara fino al 25 settembre.
La Fondazione Ferrara Arte, in occasione di FAKES da Alceo Dossena ai falsi Modigliani, ha contattato gli autori per raccontare, a quasi quarant’anni di distanza, questo appassionante capitolo del falso nell’arte dal loro punto di vista.
Anno 1984: è il centenario della nascita di Modigliani, a Livorno sono in mostra quattro delle 26 teste realizzate dall’artista. Secondo una leggenda, lui stesso avrebbe gettato nei fossi livornesi quattro sculture, ritenute insoddisfacenti, prima di andare a Parigi. In occasione dell’esposizione, partono gli scavi per la ricerca: nessun risultato. Entrano in gioco tre goliardici studenti universitari, Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pier Francesco Ferrucci, che decidono di realizzare una testa con i tipici tratti ‘alla Modigliani’, e la gettano nel fosso. Il 24 luglio avviene il ritrovamento: la notizia fa il giro del mondo, esperti e critici d’arte si dividono, la burla entra nella storia.
“Realisticamente nessuno a Livorno pensava si potessero davvero trovare, era una leggenda. Il canale era stato ripulito già nel dopoguerra e nulla era stato trovato – racconta Pierfrancesco Ferrucci -. Ci venne l’idea di riprendere quella storia. Speravamo di finire sul giornale il giorno dopo”. I tre amici rimangono di sasso quando a essere scoperte per prime sono altre teste (realizzate dallo scultore Froglia, Modì 1 e Modì 3, sempre in mostra a Ferrara), “che tutti cercarono di far passare per autentiche”.
Anche Vittorio Sgarbi (ideatore della mostra, curata da Dario Del Bufalo e Marco Horak, con la collaborazione di Pietro Di Natale), che era tra gli scettici, al tempo viene chiamato a esprimersi sulla “sconcertante e divertente” storia delle pietre di Livorno. Il catalogo della mostra riprende quanto riportato dal critico d’arte nel 1989, nella prefazione al volume di Gianni Pozzi, Teste a sorpresa.
Scriveva Sgarbi: “Andai e, giudicando, come scrissi, «troppo sublime e ateistica» l’idea di una burla boccaccesca, pensai che tutto sommato le teste dovessero essere buone, ma che certamente non erano belle, e che richiamavano le primitive stele della Lunigiana (opere certamente aliene da intenzione d’arte); e che in fine sarebbe stato assai opportuno ributtarle nel fosso”.
Ora, quarant’anni dopo, vogliono raccontare questa incredibile storia in un film. Non sono gli unici: in parallelo, anche il regista livornese Paolo Virzì ci sta lavorando, come ha riportato il Tirreno nei giorni scorsi. “Il taglio che vogliamo dare è del tipo Amici Miei di Monicelli, giocoso, ma sempre veritiero, a tratti profondo, lasciando la possibilità di immedesimarsi in personaggi autentici – spiega Ferrucci -. È la storia di tre ragazzi che si trovano catapultati nel mondo degli adulti proprio nell’attimo in cui avrebbero voluto rimanere ancora adolescenti. Lo scherzo voleva forse proprio rimandare il più in là possibile il passaggio all’età matura”.
Vogliono anche “chiarire molti punti rimasti inesplorati”. Primo su tutti “il tentativo di strumentalizzazione politica del nostro gesto: nella Livorno dove è nato il Partito Comunista, ancora oggi c’è chi lo etichetta come una burla di ragazzi di buona famiglia nei confronti del popolo. Molti pensano che l’abbiamo fatto per soldi, ma non fu così”. Ancora poco sviscerata è anche “la scomparsa della figlia di Modigliani, Jeanne – avvenuta tre giorni dopo il ritrovamento delle teste, il 27 luglio – in circostanze non ancora chiarite, prima che si recasse a Livorno per dichiarare la falsità delle opere”. Tutto è caduto in una sorta di oblio, secondo Ferrucci, per questo “la fiction chiuderebbe il cerchio: in cuor mio spero che la città di Livorno faccia pace con questa storia”.
C’è infine il desiderio che le opere trovino collocazione permanente in un museo a Livorno, con un percorso che racconti la vicenda. Pier Francesco Ferrucci, ora direttore all’Istituto europeo di oncologia a Milano, l’ha inserita perfino nel suo curriculum. E alla domanda se, 38 anni dopo, lo rifarebbe, non ci sono titubanze: “Certamente, sì – e parlo come sempre a nome di tutti e tre – è stata una trovata intelligente, anche se francamente non ci eravamo posti obiettivi ambiziosi, ma è stata una esperienza che ci ha fatto crescere. Siamo tuttora molto amici, abbiamo condiviso un periodo della vita che ci ha legato in modo indelebile, pensiamo come una testa sola”. Una testa ‘per’ Modigliani.
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FAKES
da Alceo Dossena ai falsi Modigliani
Ferrara, Palazzo Bonacossi, 7 aprile – 25 settembre 2022
FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Fondazione Ferrara Arte Comunicazione