Oltre a quello dei “Picassi” di cui vi ho parlato in un post precedente, c’è un altro “fenomeno” che impazza nel mondo dell’arte; in particolare in quello dei concorsi d’arte. Lo potremmo definire la “fenomenologia del culo artistico”. Nulla di sconcio, sia chiaro. Vediamo di cosa si tratta. Mi è capitato molte volte di esaminare, insieme ad altri studiosi, il quadro di un partecipante a uno di questi concorsi e di rimanere esterrefatto nello scoprirne la bravura, apprezzarne, di concerto con altri critici, la resa delle linee e delle forme, oltre alla padronanza nell’uso del colore. Una sorpresa che si è tradotta nell’assegnazione di un premio. Al momento della cerimonia di premiazione ecco l’inattesa scoperta, un vero abbaglio! Di due tipi. Caso numero uno: il pittore in questione non era che un principiante (o poco più) che ha indovinato un quadro. Con una fattore “c” davvero strepitoso. Caso numero due: il pittore è sì l’autore del quadro meritatamente vincitore del premio, ma guardando altri suoi lavori, la differenza è davvero notevole. Gli altri pezzi, infatti, risultano nettamente molto, molto meno riusciti: una delusione assoluta. Però quel quadro meritava davvero. Al punto che per una frazione di secondo quasi si materializza il sospetto che il quadro tanto elogiato non sia opera sua. Salvo poi essere dissuaso dallo stesso pittore che, quasi leggendo quel velato sospetto, irrompe candidamente dicendo: “quel quadro” – quello tanto acclamato, per capirci – “mi è venuto così, di getto!”. Insomma, ho o non ho ragione nel sostenere che esiste la fenomenologia del “culo” d’artista? Oppure siamo noi critici a prendere fischi (artistici) per fiaschi (artistici)?
AUTORE: SIMONE FAPPANNI © RIPRODUZIONE DEL TESTO RISERVATA