LA PATERNITÀ DELL’OPERA D’ARTE É DI CHI L’HA IDEATA O DI CHI L’HA ESEGUITA?

Interno di uno spazio espositivo. Immagine tratta da Pixbay di i. Company inserita al solo scopo di accompagnare l’articolo ma senza una diretta correlazione con il contenuto del medesimo.

MILANO. Da qualche giorno le cronache d’arte si occupano di un caso che sta facendo davvero scalpore: lo scultore transalpino Daniel Druet è in procinto di portare in un’aula di tribunale Maurizio Cattelan, fra i maggiori artisti contemporanei, per ottenere un cospicuo risarcimento.

Il motivo? Druet, che ha materialmente realizzato nove fra i pezzi più noti dell’artista padovano, fra cui Him, che rappresenta Hitler improbabilmente inginocchiato mentre prega, sostiene che Cattelan, il gallerista Perrotin e lo spazio museale Monnaie de Paris che ha ospitato la mostra “Not afraid of Love”, allestita nel 2006, non lo abbiamo adeguatamente nominato nel volume che ha accompagnato la rassegna e nei relativi credits.

Per completezza va detto che Druet ha comunque ammesso d’essere stato regolarmente pagato per l’esecuzione di quei lavori, naturalmente con cifre nettamente inferiori – com’è logico – dalle stellari battiture all’asta spuntate dalle opere in questione.

Al di là dei risvolti giudiziari che si andranno a dibattere nelle sedi opportune, a noi interessa porre in evidenza un’altra questione, quella della paternità dell’opera d’arte. In altre parole: essa appartiene a chi ha ideato l’opera oppure a chi materialmente l’ha eseguita?

Molto commentatori hanno fatto osservare che, guardando al passato, la questione potrebbe trovare una rapida soluzione: infatti, non di rado anche grandi maestri si sono serviti di maestranze per completare o eseguire opere. A confermarlo sono anche le didascalie di cataloghi e musei che parlano, a ragione, di “collaborazioni” e “aiuti”.

Detta così, non ci sarebbe neppure spazio per una discussione su chi attribuire la paternità dell’opera da ascrivere a chi l’ha ideata e, caso mai, ne ha seguito le fasi realizzative.

In questo caso specifico, però, la questione, è più complessa, in quanto, leggendo più approfonditamente le dichiarazioni dello scultore, pare di capire che Druet sostenga di ricevuto solo generiche indicazioni per eseguire i lavori, non una specifica e approfondita collaborazione e “regia” da parte di Cattelan.

Queste le parole esatte di Druet rilasciate a Pascale Nivelle apparse sulle colonne de “Le Monde” del primo maggio 2022: «Il (Cattelan, ndr) envoyait un fax de dix lignes ou bien ses collaborateurs italiens, qui parlaient à peine français, me donnaient quelques instructions. Tout ça était assez vague, et c’était à moi de me débrouiller».

Quindi, se così fosse, ammettiamolo soltanto come pura ipotesi, dato che, come detto, ancora tutto è al vaglio della magistratura francese, cioè se Cattelan avesse effettivamente dato solo poche e scarne indicazioni, a chi sarebbe da ascrivere l’opera? A lui, che comunque ha ideato l’opera, a Druet oppure a entrambi?

A mio parere tutta la vicenda va inserita in un contesto specifico: ovvero il “tipo” di arte che pratica Cattelan. Il quale non è come un artista “tradizionale”, mi si passi il termine, che si mette davanti alla tela bianca e con matita e pennelli realizza un dipinto.

La sua arte prevede la concettualizzazione dell’opera, mentre la realizzazione è affidata ad altre mani. Se si ragiona in questo modo credo che la paternità sia da ascrivere completamente a lui. Ma, ripeto, è un parere personale.

AUTORE: SIMONE FAPPANNI