L’ARTE ABORIGENA DI SALLY GABORI ALLA TRIENNALE

Nyinyilki, 2010 Synthetic polymer paint on linen, 196 × 300 cm Private collection, Melbourne, Australia © The Estate of Sally Gabori. Photo © Simon StroNG, FONTE: press kit uf stampa Triennale, immagine inserita al solo scopo di presentare la mostra

MILANO. Salendo l’imponente scalinata che porta al piano superiore del palazzo della Triennale di Milano si avverte chiaramente il senso dell’attesa di varcare uno spazio sacro, quello della artista aborigena Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori. 

La mostra, ideata e curata dalla Fondation Cartier pour l’art contemporain, si inserisce nell’impegno condiviso assieme a Triennale Milano di portare al grande pubblico artisti e geografie poco rappresentati nei musei e nelle esposizioni occidentali.

Sally Gabori, nata nel 1924 sull’isola Bentinck, nel Golfo di Carpentaria, al largo della costa settentrionale del Queensland, in Australia, si è imposta come una delle più grandi artiste di arte contemporanea degli ultimi decenni solo dal 2005 all’età di 80 anni e praticamente da autodidatta. 

Iniziò a dipingere dopo aver visitato per la prima volta il Centro d’Arte dell’Isola di Mornington nella quale lei e la sua famiglia nel 1948 furono costrette a traslocare a causa di un ciclone e di un maremoto che, contaminando le riserve di acqua dolce, sconvolsero per sempre la vita della comunità aborigena Kaiadilt di cui Gabori fa parte.

Sradicata dalla sua terra e trapiantata in un luogo per lei estraneo è cresciuta nel ricordo di quanto perduto dal suo popolo, prova vivente della estrema fragilità degli ecosistemi sociali ed ambientali di popolazioni come quella Kaiadilt.

Il suo nome rappresenta la sua storia e la sua eredità. Mirdidingkingathi indica infatti che Sally Gabori è nata a Mirdidingki, una piccola insenatura situata a sud dell’isola 

Bentinck, e che il suo “animale totem” è lo juwarnda, ossia il delfino.

E come questo animale la sua pittura sembra trascinarci dentro e fuori potenti pennellate di colore come le onde del suo mare. 

Sono direttamente le parole dell’artista a sintetizzare perfettamente tutta la sua ricerca artistica: “È la mia terra, è il mio mare è ciò che io sono”. 

La mostra comprende una serie di tele di grandi dimensioni nelle quali è potente il segno del suo pennello e della forza della sua immaginazione. 

Le opere sono state raggruppate in un percorso espositivo che è anche esplorazione dei territori della sua isola natale.  

Gli ignari visitatori sono trasportati di volta in volta a Nyinyilki, sulla cosa sud-orientale dell’isola dove dominano le tinte pastello, a Thundi nel nord, impastata da poderosi bianchi e neri e infine a Dibirdibi, luogo prediletto dell’artista e quello di gran lunga più rappresentato, dove le forti tonalità diventano quasi fluo. 

Nelle tele dove i colori si fanno più tenui si è quasi stordirti dai rosa misti a vento e ghiaccio. Si percepisce chiaramente l’urgenza di cristallizzare su tela i ricordi della sua vita e di quella della sua comunità affinché la mente non li smarrisca.

In altre opere i colori si fanno delicati ed intimi come sprazzi di quella quotidianità amata e perduta. E le pennellate di ciclamino che si insinuano in spazi bianchi e freddi muovendosi rapide sono quelle che lasciano maggiormente il segno.

Nelle collaborazioni con altri artisti aborigeni i contorni di quelle isole diventano creature mitologiche fatte di mille occhi e altrettante bocche. 

Nell’ultima sala troviamo una fila di enormi tele traboccanti di colore che  portano il visitatore/viaggiatore a muoversi nel mondo interiore della artista così pieno di vita da lasciare senza fiato. 

Personalmente adoro la pittura come quella di Sally Gabori che prima di essere un contenuto è segno forte e deciso che fa riflettere sull’atto stesso di dipingere. 

In conclusione, ricordando che l’artista è spirata nel 2015 dopo 9 anni di attività e più di 2000 opere prodotte, posso dire che quanto esposto non lascia indifferenti, scuote l’anima nel profondo con una solo apparente semplicità di segno.

La mostra è visitabile fino al 14 maggio 2023 presso Triennale Milano in via Alemagna 6 dal martedì alla domenica dalla 11 alle 20. Il biglietto intero costa 12 €,  il ridotto 10€ e per gli studenti 6€. 

NICOLA BERTOGLIO

(Riproduzione del testo riservata)