L’artista è un servo?

Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay 

Durante una gita agostana al lago di Garda, mentre la mia dolce metà si aggirava per negozi di vestiti e scarpe, mi sono intrufolato in una ex panetteria, trasformata da un pittore in atelier temporaneo. Mentre guardavo i suoi quadri, soprattutto vedute delle incantevoli cittadine che punteggiano il Benaco, fra cui Sirmione, Peschiera, Desenzano e Salò, per citarne solo alcune, l’artista magnificava i suoi successi commerciali davanti a una donna che sembrava intenzionata ad acquistare una delle sue tele. “Guardi – diceva – io ho servito personaggi del mondo del cinema a cui ho venduto molti quadri”. E via una litania di nomi degni di un colossal hollywoodiano. “Per non parlare dei cantanti che ho servito e a cui ho venduto non sa quanti quadri”. E sotto con un’altra sfilza di nomi che a Sanremo si sognano. “E che dire dei politici? Beh, ho servito anche loro”. E naturalmente, anche in questo caso, ecco un filotto di nomi infinito come il numero di opere vendute. La signora era stupita, mentre io rimanevo in disparte un po’ perplesso di tutto questo parterre du roi e del fatto che l’uomo ripetesse in continuazione in verbo “servire”. Comunque, quando ormai la signora aveva già le mani nella borsetta per estrarre il portafogli e pagare, ecco il colpo di scena: “Allora è un pittore professionista!”, ha esclamato ammirata la donna. “No, disse, faccio il servo,perché l’artista è un servo”. La signora, un po’ indispettita, lo salutò senza comprare il quadro, dicendogli sdegnata che non avrebbe mai comprato quadri da un “servo”. Il pittore, rammaricato e sorpreso, mi chiese cosa ne pensassi. Insomma, davvero l’artista è un servo? Se diamo al termine un significato non strettamente letterale, potrebbe essere un’affermazione plausibile: l’artista “serve” a qualcosa, a soddisfare, come ci ha insegnato la filosofia, il nostro bisogno estetico e in particolare il nostro personalissimo senso del bello. Se invece torniamo all’etimologia della parola, consultando la Treccani, allora si fa fatica a condividere questo pensiero. Infatti, in questo caso il verbo indica una “sottomissione alla volontà altrui” (http://www.treccani.it/vocabolario/servire/). Significato che sfugge all’idea di artista che è sinonimo di libertà espressiva. Dunque l’artista è o non è un servo?