LE FASI DELL’OPERA ALCHEMICA FRA L’ANTICA E PIÙ RECENTE SAPIENZA

Alchimista di Pieter Bruegel il Vecchio – http://www.pieterbruegel.net/object/the-alchemist-berlin, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5826903, Wikipedia

MILANO. Le fasi dell’Opera Alchemica sono elencate in modo diverso e con nomi e simboli differenti dai vari autori, ma tutti fanno riferimento al fatto che ogni fase ha inizio con una “congiunzione” ed è caratterizzata da un processo (congiunzione – putrefazione – sublimazione – fissazione) che ha termine solo quando questi quattro momenti siano stati attraversati.

Secondo la letteratura nota, le fasi alchemiche sono diverse e in gran parte distruttive cio poi segua una ricostruzione che dovrebbe portare a una ricostruzione il cui scopo è la pietra filosofale o il “bambino filosofico” secondo la denominazione di Claize.

La materia, pinto di partenza tanto empirica quanto simbolica, dovrà essere sottoposta a successivi lavaggi e purificazioni e l’Operatore dovrà “estrarne” lo spirito volatile, distaccandolo dalle scorie della putrefazione e, successivamente, “incarnare” lo spirito e fissarlo al corpo purificato e reso incorruttibile.

La dualità spirito-corpo torna più volte nei testi alchemici come opposizione tra il Fisso, assimilato al corpo, e il Volatile, caratteristica attribuita allo spirito. Se l’esito del combattimento è quello sperato, lo spirito viene “fissato” dal corpo e il corpo sublimato e purificato dallo spirito.

È su questa nuova materia, sintesi dei contrari che si sono uniti, che l’alchimista dovrà lavorare per poi “moltiplicarla” e proiettarla su qualsiasi cosa egli voglia guarire, purificare o rendere perfetta e incorruttibile.

Nella vastissima letteratura alchemica, ancorchè per la maggior parte occulta,  in Psicologia e Alchimia, Jung individua e scandisce tre gradi di convergenza “oppositorum”, focus della pratica alchemica.

Questi tre gradi precedono l’inizio delle tre opere degli alchimisti: l’opera al nero o Nigredo, l’opera al bianco o Albedo e quella al rosso o Rubedo.

Il primo grado di convergenza denominato “ unione mentale nel superamento corporeo”, consta in “equanimità”da raggiungersi in seguito alla coniugazione fra lo stato in cui la ragione possa sottrarre al cuore lo spirito all’influenza delle emozioni e tenere la sua oggettività sopra la turbolenza della sfera corporea”: in questo si intravede l’aspetto di comunanza di qualsiasi percorse spirituale o di ascesi.

Il secondo grado tende alla riunificazione ( coagula) la dimensione corporea con quella eterea dello spirito.

Le “nozze alchemiche”, l’unione di fra la condizione di fissità corporea e la volatilità eterea….unione di aquila nelle altezze celesti e del serpente strisciante inchiodato a terra.

Si tratta di sublimare la materia nel corpo della” viva realtà”, raggiungendo la condizione per cui oggetto e soggetto, nella “unio mentis”, coincidono. Si tratta evidentemente di un linguaggio che fa ampio uso di metonimie e simboli, quasi una trasformazione nella trasformazione, non facilmente accessibile forse, ma finalizzato a portare a significato chiarificato, per via di tentativi, i risultati del processo iniziatico in grado di sanare gli squilibri della psiche ( o animus/a).

La realizzazione del secondo grado viene infatti anche descritta come l’elaborazione di una medicina o di un elisir in grado di guarire tutti i mali, sia fisici che psichici.

L’ultimo, il terzo e più perfetto grado della congiunzione consiste infine nel cosiddetto “Unus Mundus”, nell’unire cioè il microcosmo della soggettività dell’individuo con la molteplicità dell’intero universo, riconoscendo che queste due sfere di esistenza, il Microcosmo e il Macrocosmo, dipendono l’una dall’altra e sono segretamente unite tra loro. Realizzare il terzo grado corrisponde in termini psichici, secondo Jung, a trovarsi in totale comunione con il Sé, quel principio sopra ordinato e sovra individuale che non conosce limitazioni di spazio o di tempo e che ignora il principio logico di non contraddizione (del “terzo escluso”), accogliendo e componendo in modo armonioso tutte le coppie di contrari.

La materia su cui si opera deve quindi subire una triplice morte separandosi dalla parte indegna di redenzione, detta dagli alchimisti “terra dannata”, per diventare immortale nel terzo grado della congiunzione. Solo a questo prezzo l’Adepto può trasformare il proprio corpo mortale in “corpo glorioso” e spiritualizzato, fatto di sostanza incorruttibile, una “quintessenza” generata dall’unione e dalla pacificazione dei quattro elementi.

Nessuno dei tre gradi della congiunzione può tuttavia realizzarsi senza l’intervento di un terzo termine: il Mercurio dei Filosofi. Mediatore tra gli opposti viene spesso descritto, nell’unione sessuale tra i principi alchemici, come coincidenza duplice di seme e mestruo, sia maschile che femminile, le cui due nature devono mescolarsi perché la procreazione si attui. Nel matrimonio svolge il ruolo di Cupido, nato da “Ananke”, che fa incontrare gli sposi destinati l’uno all’altra, oppure è la fonte d’acqua di vita nella quale il Sole e la Luna si immergono per celebrare le loro nozze mistiche.

Non è difficile riferire le considerazioni degli alchimisti sui diversi tipi di congiunzione da realizzare tra i loro principi opposti sia al rapporto di unione tra uomo e donna, sia alla tensione che si cela in ogni essere umano tra la sua parte maschile  el’”animus” nelle donne e la sua parte femminile ossia l’”anima” negli uomini. Non è raro ritrovare nelle illustrazioni medievali la figura dell’alchimista affiancato dalla corrispondente parte femminile, ossia allo Zolfo possa unirsi con la parte mercuriale femminile non ancora sublimata, cosi da denerare per precipitazione la pietra filosofale o desiderata. E’ il rapporto uomo-donna e l’evoluzione della coscienza unica ad essere il fulcro del processo, come ha sostenuto Neumann inoltre, tale analisi può addirittura permettere di cogliere l’evoluzione di una civiltà nel suo complesso, nel senso che il tipo di rapporto matrimoniale prevalente e diffuso come modello nella coscienza collettiva è un indice sicuro del grado di evoluzione e integrazione degli uomini che vissero in quella determinata civiltà. Sempre Neumann distingue tra tre tipi culturali di “nozze spirituali” nel patrimonio storico, mitologico e religioso dell’umanità., che corrispondono a tre diverse fasi evolutive della coscienza umana.

Il primo tipo di “situazione archetipica” è quello in cui la realtà e il rapporto con l’altro vengono vissuti come relazione con un utero chiuso in se stesso, simultaneamente maschile e femminile, attivo e passivo, perché non è chiaro il confine che separa il soggetto da ciò che lo circonda e lo nutre. Il mondo, l’altro, vengono fantasticati come entità che devono accudirlo e attribuisce ad entità esterne tutto ciò che accade dentro di lui. Questa fase culturale dell’umanità coincidente con  anche la fase iniziale nello sviluppo della coscienza di ogni individuo è caratterizzata dal culto delle dee madri, rispettivamente, della propria madre biologica ed è detta “ouroborica” dall’ouroboros, il serpente che si nutre della propria coda unendo e confondendo il proprio lato attivo con quello passivo, ma anche di Ofiuco, il serpente primordiale delle civiltà pelasgiche.

L’incapacità di affrontare i propri “lati oscuri”, non integrati con il resto della personalità cosciente, conduce a introiettare la figura della “Madre Terribile”, la quale, annidata nell’inconscio, opera in modo occulto e si manifesta sotto la sua forma distruttiva come rifiuto di se stessi, impossibilità di scorgere vie di uscita dalla situazione in cui ci si trova, passività, depressione, tendenze suicide, svalutazione sistematica del presente e del passato, rifiuto del futuro e di qualsiasi prospettiva positiva.

Ogni tentativo di emanciparsi da questa situazione viene vissuto come grave tradimento nei confronti della Grande Madre, questa ormai divenuta parte dell’anima, una entità interiore che viene costantemente confusa e scambiata con entità esterne, accompagnato da un bisogno disperato di giustificarsi con la Dea irata.

Ciò con cui si viene a conflitto, senza possibilità di evitarlo è, in realtà, l’opposizione interna al processo di evoluzione della coscienza. Vi è infatti nell’uomo una forte resistenza al cambiamento, una difficoltà quasi insuperabile a sottrarsi alla coazione a ripetere i vecchi schemi di rapporto. L’aggressività e il senso di sfida dell’Eroe avverte nei confronti della Grande Madre possono quindi essere controbilanciate dall’inerzia, dal complesso di colpa e, per chi non sa trovare una via di uscita da questo conflitto, dalla disperazione. Questa resistenza è il vero drago contro il quale l’eroe è chiamato a combattere.

Perché quella “equanimità tra gli opposti”, che era poi il fine della prima congiunzione alchemica, possa realizzarsi, queste figure femminili negative, veri e propri vampiri di energia, che sono poi l’Ombra, vanno riconosciute, affrontate e portate dentro se stessi. Questa impresa, nella dinamica del rapporto uomo – donna, equivale a portare a termine l’Opera al Nero.

Prima di procedere oltre e considerare il secondo tipo di “nozze spirituali”, è necessario riesaminare il cammino fin qui percorso dal punto di vista femminile. Le donne, infatti, nella loro evoluzione, devono seguire un percorso leggermente diverso da quello maschile.

Il punto di partenza della coscienza femminile è quello dell’identificazione con la madre, o meglio, con il “mondo delle madri”, un mondo che esclude da sé il maschile se non nelle forme innocue di fanciullo o vecchio malato ed offre solidarietà e protezione, “sorellanza”, a chi ne faccia parte.

La parte maschile piu cruda è talvolta comparata al mondo dell’Ade, che crea strazio e compassione ma su tutto regna l’ineluttabilità tragica della necessità che la legge di natura compia il suo percorso cosi come il processo alchemico compie i suoi passi, il cui eco psichico genera turbolenza interiore ed emotiva.

Gli inferi dell’Ade rappresentano un mondo di desideri e passioni maschili che la fanciulla teme e non conosce. Essa si sente scelta e desiderata per delle caratteristiche femminili che non ha ancora assunto come proprie. Talvolta, invece, la “Puella” assume il ruolo di Artemide, che sa suscitare il desiderio maschile ma non sa associarvisi, e quindi deve fuggire di fronte a un maschio che, quando si avvicina troppo, viene trasformato in animale, cioè riconosciuto e vissuto solo per il suo aspetto materiale e bestiale. Lo stesso accade nel mito, Artemide trasformò in cervo Atteone, che l’aveva vista nuda mentre si bagnava presso un fontanile.

 A questo livello di consapevolezza la donna matura vive invece il ruolo della Grande Madre e nutre, accoglie, racchiude e protegge ma, nel contempo, controlla e crea dipendenza in chi le è soggetto, facendo leva sulle debolezze del maschile, che tende sotterraneamente a svalutare, opponendosi (almeno apparentemente) al percorso di liberazione dell’anima degli uomini che rientrano nella sua sfera di azione. A questo stadio di coscienza possono essere infine ricondotte quelle unioni fondate sui soli aspetti formali ed esteriori, nelle quali ognuno ricava identità e ruolo dalla maschera che l’altro gli consente di indossare.

Nella prossimo articolo verrà affrontata la seconda fase delle nozze spirituali che corrispondono al secondo membro della formula “solve et coagula”.

LUCA NAVA