CARATE BRIANZA Nella mostra delle icone realizzate da Emil Tzeinski Marinov, allestita presso villa Cusani/Confalonieri a Carate Brianza, l’iconografo di origini bulgare, e residente in Italia ormai da diversi anni, offre un excursus attraverso l’iconografia sacra di origini e tradizione orientale, in particolare della fede cristiana-ortodossa.
La mostra consta fondamentalmente di due sezioni: si comincia direttamente dalla sala principale che accoglie il visitatore con un ampio numero di esemplari di icone scritte secondo la tradizione codificata dai maestri Dionisio, Vladimir e Rubliev a partire dal medioevo fino all’età moderna.
Scorrendo le immagini si ritrovano tutti gli elementi iconografici durante la loro metamorfosi formale.
Ma ciò che maggiormente conta per apprezzare al meglio quanto è dato da leggere è poter cogliere la chiave di lettura simbolica di tali immagini.
È uno sforzo che è richiesto; c’è la necessità di essere in qualche modo proattivi nel confrontarsi con modelli divenuti tali per via di assimilazione contenutistica di carattere filosofico/teologico e successivamente codificate a modo di alfabeto simbolico, solo in parte figurato.
Così, se la distinzione fra i modi di lumeggiare nella madre di Dio di Vladimir, piuttosto che nella Trinità di Rubliev o in un San Nicola della tradizione latina, diviene attività piacevole per esercitare l’occhio, fondamentale è rintracciare l’origine di tali stilemi nel problema originario dei modi di raffigurare la divinità e in particolare il Cristo.
Il mondo pagano ha da sempre offerto modelli già sedimentati nell’immaginario del tardo impero come quelli di orfeo nelle vesti di pastore( lll sec.) tali che questi, con ampia casistica, venissero recuperate e mutate di significato di volta in volta diverso.
Questo accadde tendenzialmente seguendo i dettami dei primi due concili di Nicea e quello di Calcedonia (entro il v secolo entrambi) sulla natura del Cristo, della verginità di Maria e della natura una è trina al contempo di Dio.
Tuttavia intervenne a quel tempo del cristianesimo delle origini un problema di accettazione delle immagini e necessità di uniformare credenze di popoli con credenze similari ma anche con divergenze assai importanti.
Se infatti la popolazione latina e grecizzata ancora serbava forti i principi di una religione della natura, con cardini filosofici piuttosto che teologici, quella cospicua percentuale di ebrei romanizzati aderenti ai principi vetero testamentari, avevano necessità di uniformarsi al precetto di non fare nessuna immagine ne dipinta ne scolpita di Dio.
Dunque il percorso di genesi di un’immagine che potesse effettivamente essere venerata, piuttosto che adorata, tenne banco nel dibattito teologico fra oriente e occidente per almeno cinque secoli.
Mentre il dibattito teologico prosegue, il modello tardo antico della pittura naturalistica di matrice tardo imperiale viene a fondersi con la pittura ritrattistica della valle egiziana desertica del Fayum.si tratta di ritratti eseguiti su papiro in dimensione reale, volti riprodotti naturalisticamente di ll e lll sec e apposti , in luogo del volto sul corpo mummificato dell’effigiato..( immagini.)
Quell’immagine da essere immagine dell’effigiato, così realisticamente proposta, opera una sovrapposizione con il concetto: immagine della persona VS l’essere della persona stessa: le due finiscono per coincidere.
E per questa via fondono i loro caratteri con la necessità della creazione di un immagine, non più di un defunto, ma del Cristo, astrattiva degli attributi divini tale che la si possa venerare e non adorare: si perché l’adorazione è dovuta a Dio solo, la venerazione alle di lui immagini.
La fissità dell’immagine iconica affonda poi le radici in una leggenda che riguarda un pittore di corte del re di Edessa.
Il sovrano malato udì voce che sarebbe guarito solo guardando l’effige di Gesù.
Ordinò allora un ritratto del Cristo è il pittore, tentando di realizzarlo, si scontroso la difficoltà di poter procedere per l’abbigliamento che il volto di Gesù generava.
Lo stesso figlio di Dio allora, dopo aver bagnato il telo di lino ed essermelo passato in volto, creò impressa la prima immagine acheropita che fu poi capostipite delle successive di matrice ortodossa. ( immagine)
La prima immagine occidentale invece, la più antica del volto di cristo è quella irregimentata dai simboli alfa e omega, derivante direttamente dalle immagini della valle di deserti del Fayum.( immagini)
È soprattutto nel concilio di Francoforte nel Vlll secolo, in età carolingia che prende corpo una teologia fortemente dogmatica e di conseguenza anche una modalità rappresentativa dei contenuti dei dogmi religiosi.
In questa fase storica il modellato tridimensionale a rilievo basso o in tondo pieno, tentano la sintesi formale più spinta che troverà il proprio contrappunto nell’immagine bidimensionale e rigidamente impostata delle figure iconiche della cristianità.( immagine cristo)
Dal concilio di Francoforte però l’unità procedurale fra occidente e oriente sui temi dogmatici viene meno: l’occidente e la tradizione latina della figurazione naturalistica, mal volentieri ha tollerato la completa astrazione concettuale e la riduzione a simbolo di complessità tematiche, non solo di matrice teologica ma anche e soprattutto filosofica.
Mentre l’oriente di lingua greco/ Cirillica rimarrà fedele all’ortodossia conciliare dei primi secoli dell’era cristiana , l’occidente svilupperà un linguaggio improntato fortemente al naturalismo, scontrandosi spesso e volentieri con la difficoltà di non disporre di una grammatica rappresentativa adatta a esprimere una realtà trascendente.
Mentre le icone orientali e di matrice greco-ortodossa conservano la loro rigida astrazione venerabile, l’occidente affronta la questione del rapporto con il divino corpo-a-corpo: le madonne e il bambino occidentali sono una mamma e un figlio che si potrebbe pensare di incontrare camminando per strada, quelli della tradizione orientale restano realtà inattingibili il cui unico rapporto può essere quello della venerazione.
Le immagini ammesse nelle prime basiliche cristiane di IV e V secolo sono immagini dunque non naturalistiche, inserite presso l’iconostasi( immagine) dell’edificio di culto e removibili per la sostituzione in ordine a festività calendariali.
Durante il medioevo occidentale, il processo di genesi e mutamento iconografico passa attraverso particolari tecnici riflettenti i contenuti di matrice dogmatica che nel frattempo andavano definendosi.
La più importante di queste e che nelle icone presenti alla mostra in corso a villa Cusani è possibile apprezzare è quella riflettente la teoria delle lumeggiature.
Nei corpi iconici risiede anche la sapienza( motivo per il quale cristo si assimila a un filosofo) e la sapienza conduce a verità. Cristo disse di sé di essere via, verità e vita, nonché la luce del mondo.
Dunque questi attributi li si ritrovano tutti bella modalità astrattiva e figurata dell’icona, in cui la luce non riflette plasticamente i volumi corporei sotto le vesti che li ricoprono, ma avviene il contrario: ossia essendo il corpo del santo piuttosto che della vergine o del Cristo, fonte di vita e luce, essi stessi emanano tale luce.
La teoria luministica della pittura naturalistica di matrice latina qui è completamente rovesciata: la luce è interiore, non zenitale o solare, di conseguenza le ombre sono abolite.
Il cielo delle icone è un cielo d’oro, astrazione assoluta e dimensione divina, non certo il cieli screziati di nuvole dei pittori del primo Umanesimo italiano.
Le aureole e la preziosità di tocchi di bulino su vesti e corone nelle icone sono forse l’ultimo indizio di preziosità e al tempo stesso riferimento particolare che spinge verso l’assoluta e inattingibile astrazione di queste immagini.
Nelle proposte di Emil Marinov si ritrovano le innovazioni apportate da maestri della tradizione moderna Teofane il greco, attivo nel XlV sec. Passato dalla Grecia alla Russia, (fig.) Rubliev allievo del primo, operoso nel XV secolo e apportate di quella cifra stilistica unificante gli stilemi ortodossi e quelli occidentali per via di un particolarissimo modo di declinare la teoria dei corpi di luce.
Tutti questi aspetti sono però la naturale evoluzione delle categorie teologiche, e del dogmatismo che per primo Vladimir, nel XIII sec. aveva messo a tema e le cui madonne, proprio per una verità non naturalistica ma per categorie teologiche, ribaltano il concetto della tenerezza consolatrice della madre verso il figlio, tale per cui è vero il contrario di ciò che sembra dall’immagine ( fig.) fino all’evoluzione raggiunta al tempo dello zar Ivan.
Alle soglie del XV sec. l’influsso dei modelli d’occidente contamina in modo pervasivo la tradizione ortodossa tale che si rende inopportuno proseguire oltre tale indicazione cronologica in questa considerazione.
Sezione a cui dedicare non meno attenzione è quella delle due sale con opere grafiche.
Le realizzazioni presenti sono una declinazione particolarissima delle tematiche religiose e cosmogoniche realizzate dall’artista.
Si tratta di un tentativo riuscitissimo di aprire un varco fra le pieghe rigide di un’iconografia millenaria, per consentire anche una riflessione autonoma su quanto detto fin qui, che possa aprire la mente e il cuore a una possibilità di far più proprie alcune realtà spirituali, fin ora rese così inattingibili da una tradizione che rischia la rottura per la distanza che il tempo ha creato e la conseguente incomunicabilità e non assimilazione dei contenuti o assimilazione parziale degli stessi da parte della civiltà stessa che l’ha generata.
LUCA NAVA
Carate b.za, Villa Cusani, dal 2 al 10 Dic. 2023
Orari 10-18 tutti i giorni.