LE PITTURE PROTORINASCIMENTALI DI FARA NOVARESE

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FARA NOVARESE  L’area piemontese in particolare il Canavese¹,ha sempre goduto di contributi culturali dalla Francia (e in particolare, dalla Savoia) che hanno incontrato con intensità ed esiti variabili le influenze padane.

Caratteri ibridi che dall’alto medioevo si sono manifestati in.molti ambiti trasversali della cultura, specie nelle aree definite “fara/e”, ossia zone prossimali a centri più importanti ma con superfici o proporzioni di zone rurali soggette a bonifica e abitati, invertite rispetto ai suddetti centri maggiori.

Influenze che coinvolgono molti ambiti culturali a partire dall’arte culinaria con l’imporsi per un certo periodo dell’agrodolce, fino ad aree particolari come la forgia di particolari arazzi, armi bianche e del vestiario militare e civile².

Allo stesso modo, ricalcando quell’aspetto ibrido dei sapori, e degli altri ambiti (che hanno da sempre il carattere “internazionale” in particolare, oltre agli apporti francesi, in area padana si ritrovano quelle nordiche di matrice tedesca e fiamminga)si può descrivere il connubio di tradizione edificatoria padana con tematiche decorative più proprie dei palazzi signorili e delle corti neoplatoniche del XV secolo.

Unitamente a ciò c’è la proverbiale capacità adattativa e di recupero trasformista dei costruttori romanici d’area padana e prealpina, in periodo pertinente alla riforma Gregoriana³.

Uno degli esempi più efficaci di questo particolare intreccio di influenze e caratteri autoctoni è la chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Fara Novarese, nominata per la prima volta su una pergamena datata 1157.

Dunque la fondazione doveva risalire almeno settanta/ottanta anni prima su un sito precedente longobardo che a sua volta riabilitava il basamento di un templum d’età romana( ipotesi avanzata anche sulla base di rilievo stratigrafici).⁴

La chiesa si presenta ancora nella sua struttura originale complessivamente senza sostanziali modifiche, mentre il borgo attorno è scomparso o meglio, ne risultano solo resti di origine romana, integro è rimasto il camposanto che originariamente lambiva la parte sud-occidentale della chiesa.

Parte del complesso è anche la torre campanaria, ora assai ridimensionata a seguito di un incendio (nel XVI sec.) originatosi da un fulmine che ne ha intaccato le parti lignee riducendone l’ altezza di un terzo.

L’interno della chiesa è di particolare

Interesse per le pitture di notevole importanza sia storica che artistica risalenti al primissimo XV secolo e che danno conto di ambiti culturali e religiosi che interessavano il luogo.

La struttura della facciata è tutto sommato semplice a capanna e sulla parte orientale si trova il campanile. La chiesa si presenta a navata unica e molto allungata rispetto alla larghezza e termina, come è proverbiale per questo tipo di edifici, con un’abside semicircolare.⁵

Nel catino absidale è affrescato un Cristo Pantocratore in mandorla circondato dai simboli dei quattro Evangelisti piuttosto ben conservato.

Al di sotto sono raffigurati gli Apostoli, che però mancano di due figure, rimosse da un intervento scriteriato nel 1975 in seguito all’apertura di due monofore originali della struttura romanica.

Ma la parte veramente piu interessante di questo monovano cosi allungato( forse anche pensato per ospitare questo ciclo pittorico)sono le pitture dal carattere più raro che si trovano nel registro inferiore al di sotto delle aperture per l’approvvigionamento della luce.

Dieci scomparti divisi l’uno dall’altro da motivi fitomorfiche che rappresentano “il ciclo dei mesi”, motivo decorativo-allegorico assai tipico delle filastrocche medievali ( che trovano anche altri riferimenti nordici peninsulari come le pitture della torre dell’aquila nel castello del Buonconsiglio a Trento.

Di questo ciclo di affreschi che inizia nell’abside, Il mese di febbraio è ridotto a un frammento, dunque parecchio lacunosa.

I restanti mesi vanno da aprile a gennaio, con in più,il mese di MARZO posto sulla spalla sinistra del catino presbiteriale, e rappresentato da un giovane che porta alla bocca due oggetti simmetrici simili a corni di bue.

Si tratta forse uno strumento musicale, (atteggiamento anticipatore del maggese di li a venire?)

Nel mese di APRILE (nel catino absidale, da sinistra): un giovane biondo in tunica rossa regge in entrambe le mani due piante più alte di lui; mentre a MAGGIO c’è la figura più elegante, rappresentata da un nobiluomo, con una lunga tunica questa volta tinta in verde,( nel medioevo il verde significava rinnovamento) in groppa ad un destriero che va a caccia con il falco sottolineando la propria l’origine nobile.;

Il.mese di GIUGNO vede un giovane contadino che, al contrario di maggio, presenta una corta tunica e di colore bianco, in mezzo ad un campo ed è intento alla mietitura del grano.

Segue LUGLIO con un giovane contadino, vestito con la stessa corta tunica bianca posto nell’aia che sta trebbianto il grano con il correggiato, strumento di invenzione antica e nei secoli migliorato poi a seguito dell’integrazione e cristianizzazione delle “gens” nel sacro romano impero.

AGOSTO presenta una figura particolare: un bottaio, con una corta tunica rossa. Questo sta fissando i cerchi di ferro di una botte per la vendemmia del mese successivo.

SETTEMBRE infatti presenta: un contadino, vestito con una corta tunica chiara munita bottoni, ( forse l’unica fra quelle leggibili) che pigia l’uva nel grande tinello di legno stagionato.

OTTOBRE è il mese delle foglie morte, delle castagne e dei funghi e dunque ecco un giovane con una veste dal colore verde che torna dopo la scena di caccia, di sopra a una lunga pertica intento a buttare a terra le castagne per poi raccoglierle.

Questa scena è pervasa da grande realismo e dal vivo merita di soffermarsi nell’osservazione per piu di qualche minuto, cogliendo quelli che sono i parricolari ben visibili come i ricci fra le foglie ancora un po verdi.

In NOVEMBRE un uomo, con una corta tunica rossa protetta da un grembiule bianco legato attorno alla vita, sta preparando le carni suine per l’inverno mentre a DICEMBRE fa seguito la scena di un macellaio, con tunica bianca tiene una mazza di legno sollevata sopra la testa, nell’atto di sferrare un colpo sul capocollo di un vitello per abbatterlo.

GENNAIO è il mese dell’attesa e dell’inattivita’, ma anche di intima riflessione nel focolare fomestico al riparo dal gelo: condizione esemplificata nell’immagine icastica di una donna seduta su una poltrona, con le mani protese verso la fiamma del focolare per scaldarle.

Il realismo della scena consente di indugiare anche sulla catena del camino a cui è appesa una pentola con una zuppa in lenta cottura..

Nella controfacciata si trova in affresco un trittico con tema della Vergine col Bambino in trono, affiancata con tema san Francesco e da san Giovanni Battista riconoscibili da attributi puntuali.

Una data, oggi non più visibile, riportava l’anno di completamento al 1405.⁶

Sulla parete sud è riprodotto un san Cristoforo; di seguito del quale c’è una rappresentazione della Santissima Trinità,( stilisticamente diversa dalle pitture precedenti.

Quest’ultima scena tradizionale nel tema è infatti successiva al ciclo principale dell’edificio, essendo datata 1508.

Sulla stessa parete ma piu avanti di un metro e mezzo circa, sono venuti alla luce altri tre riquadr di cui Il primo riproduce il martirio di san Sebastiano, il secondo una Crocifissione, con la Madonna e la Maddalena ai lati del Cristo e la terza scena rappresenta una Santa con lungo abito rosso di difficile identificazione sia per lo stato precario di conservazione che per l’assenza di connotati iconografici.

Il dipinto inoltre è interrotto a metà dall’apertura della porta laterale della chiesa, operata sicuramente dopo il XV sec.

Altri due piccoli frammenti di affresco, emersi da alcuni saggi praticati nell’intonaco⁷ della parete sinistra, suggeriscono che l’edificio un tempo dovesse essere interamente decorato.

In questo ciclo di tematiche pagane, poste in un edificio sacro, sono presenti molti simboli della tradizione contadina che era una tradizione naturalista a metà strada fra un naturalismo di aperta inclinazione al panteismo diffuso e allusioni velate alla magia.⅚

Le tuniche di diverso colore e lunghezza onnipresenti e caratterizzanti l’intero ciclo, la cui presenza ho di proposito enfatizzato nel presente articolo.

Aspetti di comunanza con le “babbucce” nordiche diffuse nelle pitture della regione elvetica, sono l’aspetto simbolico e allusivo ad un sistema valoriale molto diverso rispetto all’apparente e scontato significato del decorativismo estetico-pittorico.

LUCA NAVA

Bibliografia di riferimento:

Merlo G.G.”Identità religiose tra popolazioni delle Alpi occidentali del basso medioevo, in: studi di storia e diplomazia medievale, vol.10( 1989) pp.86-106.

Caldano, Piemonte medievale, ed.Capricorno, 2020

S. PERCIVALDI, La civiltà medievale sulle Alpi occidentali, ed. Il capricorno, 2023.

BAWTREE J., Il ciclo dei mesi. Da Aosta a Otranto, alla scoperta di un tesoro dell’arte medievale italiana, Terra Nuova edizioni, 2020.

M. DI GIOVANNI, Ciclo dei mesi nella chiesa di San Pietro a Fara Novarese, Assoc. Storia della Chiesa Novarese –Interlinea, Novara, 1981.

M.R. FAGNONI (a cura di), Alla scoperta di antichi Oratori campestri, Provincia di Novara, Novara. 2003.