LE RI-VELAZIONI DI BERARDI LAVATURA ALLA CASA MUSEO DI SANT’ALBERTO

Un’opera in mostra

RAVENNA Ri-velazioni: il velo come metafora e mistero della visione nell’opera di Rosetta Berardi Lavatura. “Dietro il volto” dei suoi ritratti fotografici, esposti al pubblico fino al vernissage finale del 6 aprile alla Casa museo Olindo Guerrini di Sant’Alberto (v. Guerrini 60) l’affermata artista siciliana che vive e lavora a Ravenna, indaga l’universale mistero del velo.

Berardi, come s’intravede dietro i volti, enigmaticamente assenti nelle sue figure, quello che lei definisce: «l’universale mistero del velo» che è «è un talismano. Debolissimo nella sua trama ma fortissimo nel suo mistero»?

«Non è importante il volto, ma l’atteggiamento, lo stato del velo, il suo fascino, la sua ambiguità. Il velo osservato da dietro le spalle della donna è carico di mistero e di poesia. E’ come immaginare l’altra faccia della luna. L’immaginazione è spiritualità. Il mio punto di vista è nella contemplazione del velo. Mi fa pensare, mi seduce. E’ un simbolo culturale e spirituale. Il velo è anche una cifra del mio lavoro pittorico. Velare per svelare. Per anni ho velato, con l’uso della tarlatana, forme da me dipinte. Una griglia che cambia la visione».

Fino a pochi decennio fa era normale, anche in Romagna, vedere le donne, soprattutto anziane, con il capo coperto da scialli e foulardsù. Questo rituale e intrigante “velamento” ti ha profondamente affascinato, sin dall’infanzia?, 

«Sì, è vero. Dalla Sicilia, dove io sono nata, ho il ricordo di mia nonna che indossava uno scialle prima di uscire. Ai miei occhi di bambina lei appariva maestosa, come una scultura. Penso che questo ricordo stia all’origine del mio interesse verso il velo. Mi ha portato a fotografare, nel corso degli anni e in vari paesi, le donne velate. Nelle mie foto, di grandi dimensioni, le re si ergono ieratiche su sfondo, nero o bianco o rosso, con l’intenzione di rendere l’immagine scultorea e di far risaltare il tessuto, la trasparenza, la trama e le varie decorazioni. Sono donne di vari paesi che indossano il velo in modo diverso per motivi differenti: appartenenza etnica, scelta religiosa, costume».

L’arte dietro il velo. Come l’ha ha ispirata la celebre, sicilianissima “Annunciata” di Antonello da Messina?

«L’Annunciata di Antonello è uno dei dipinti che amo maggiormente. Ho avuto il piacere di vederla dal vero e pur essendo un’opera di piccole dimensioni, appare immensa, per la composizione, per il silenzio, per l’armonia, per l’azzurro del velo che cattura lo sguardo e l’immaginazione, tanto da non dimenticarla mai più. Fra le mie opere c’è una suora (vista di schiena) che più di una volta a qualcuno ha richiamato alla mente l’Annunciata. Immagino per il colore del velo e per il rigore della composizione».

Il velo e l’Oriente. La sua esperienza indiana. «Non il nero esclusivo ed escludente, ma l’eleganza del colore e del disegno: l’oro, il rosso, l’arancione, la regalità. Il proclama, la protezione».

«Il velo non è solo l’Oriente.  Il velo è universale. L’uso del velo ha attraversato i secoli e fa parte della storia dei popoli, a Oriente come a Occidente. La donna velata è una tradizione millenaria. Nell’Antico Testamento Rebecca si copre il capo. Nel mondo romano era un rito di passaggio: da nubile a sposata. Nell’abito da sposa il velo c’è sempre stato. Di velo non ce n’è solo uno, ma infinite varietà. Il velo esprime significati molteplici a volte anche opposti. C’è anche il velo seduzione, la danza dei sette veli e Salomè per sottolineare l’aspetto seduttivo legato al velo. Il velo indiano si caratterizza per l’eleganza e per i colori dei tessuti, ma anche per come le donne lo indossano. Dietro i veli indiani si celano diverse identità: la donna ricca, la donna spazzina, la donna madre, la donna lavandaia. Tutte con il proprio velo, mai uguale, mai sgradevole, sempre regale».