LEONARDO, DE DIVINA PROPORTIONE: L’UOMO VITRUVIANO

Leonardo, Uomo vitruviano, fonte immagine Wikidepia public domain

MILANO. Il disegno in esame rappresenta forse il più efficace condensato della concezione neoplatonica del cosmo propria dell’umanesimo italiano : “L’uomo Vitruviano”, opera su supporto cartaceo eseguita per mano di Leonardo da Vinci.

Si tratta di un’opera[1] nascente dal rinnovato interesse per le proporzioni e l’armonia insite nella legge di natura, ricercata fin dall’antichità e riscoperta da parte degli umanisti del XV secolo.

L’ ordine, la proporzione, la concinnitas e la simmetria sono solo alcuni aspetti, alcuni modi di guardare la realtà caratteristici del mondo classico.

L’umanista rinascimentale, e Leonardo rientra a pieno titolo fra questi, trova il suo modo di inserirsi armoniosamente nel mondo, attraverso la riscoperta dell’ordine trascendentale scritto nelle leggi di natura.

Dal XIII secolo le fonti antiche vengono ordinate attraverso un lavoro filologico ed esegetico, i testi tradotti, spesso dal greco e dal siriaco in latino, ancora nel rinascimento, la lingua ufficiale della cultura e mezzo di espressione letteraria e trattatistica che spesso veniva accompagnata da disegni: caso esemplare di questa prassi è proprio il foglio con l’uomo di Vitruviano.

Marco Vitruvio Pollione è stato un architetto, scrittore e teorico dell’architettura d’epoca augustea (80 a.c.- 15 a.c.) e autore del trattato intitolato “De Architectura libri decem”.

Attraverso i canoni proporzionali e descrittivi contenuti nel trattato, che in via prioritaria stabilisce morfologia degli ordini architettonici e origine degli stessi, nonché i relativi rapporti proporzionali sulla corrispondenza alle proporzioni delle membra del corpo umano, gli umanisti hanno estratto tutte le successive teorie sull’ordine cosmico.

Operando in questo modo e assorbendo ulteriori contributi provenienti dalla cultura orientale e di alcune ineludibili scoperte codificate nel basso medioevo, come la sezione aurea o la serie armonica di Fibonaci, “il mosaico dell’ordine cosmico” poteva essere composto.

L’uomo di Vitruvio costituisce una elaborazione teorica e geometrica, nondimeno ideale, nella quale le proporzioni delle membra del corpo si trovano inscritte in una circonferenza e in un quadrato le cui diagonali, unitamente a individuare il cento della forma geometrica, determinano il baricentro ideale, misura proporzionale fra le membra del corpo umano.

Tuttavia la ricerca umanistica di metà XV secolo non si limita a una pura questione proporzionale di grandezze ma anche di intima natura delle cose.

La famosa frase “uomo misura di tutte le cose “, pronunciata da Protagora nel Teeteto, il famoso dialogo di Platone, ripresa poi in epoca rinascimentale, potrebbe dare adito in questo senso a una visione antropocentrica della questione.

In realtà si tratta di una prospettiva, un punto di vista dal quale guardare la realtà, una posizione dalla quale le proporzioni “si danno” come dato originario costitutivo all’uomo, quasi a enunciare una forma di eudaimonia.

Nell’opera a disegno di Leonardo sussiste quindi una matrice intimamente neoplatonica, per la quale l’infinitamente grande coincide con l’infinitamente piccolo; il  dentro come al fuori.

La scelta della fattura stessa dell’opera è intrisa di queste preoccupazioni, tanto che perfino il processo di genesi della carta e dell’inchiostro usato per la realizzazione dell’opera, non sfugge alla necessità di aderire a questi principi di ordine cosmico che sottende non solo agli aspetti macroscopici della realtà ma anche e soprattutto a quelli di intima costituzione.

BASE DI SUPPORTO : LA CARTA.

La carta sulla quale prende vita l’opera leonardesca è costituita di “cenci” ossia panni di cotone lasciati macerare in acqua e soluzione alcalina. Lo sfaldamento riduce il materiale di partenza in una massa omogenea.

Il risultato ottenuto viene asciugato parzialmente per poi essere unito a fibre di canapa e lino stratificando le parti in modo tale che le componenti si distribuiscano equamente legandosi fra loro.

Il composto cosi ottenuto viene poi passato al torchio per uniformare la superficie e compattare gli strati fino al punto di totale asciugatura.

Alla soluzione alcalina di partenza è aggiunto un legante a base acida, spesso collagene come legante (responsabile dell’ingiallimento precoce della carta per via di ossidazione).

La produzione della carta rinascimentale non ebbe mai aspetto di uniformità, risentendo molto della qualità delle materie prime impiegate, nonché dell’efficienza dei mezzi utilizzati per trattare i tessuti e le relative fibre fino anche alla purezza dell’acqua utilizzata.

Carte grige erano di scarsa qualità, quelle azzurre decisamente migliori, mentre quelle color crema, come è il caso del foglio leonardesco, denotavano una presenza importante di legante di matrice organica per compattare gli strati e generalmente veniva trattata, prima del disegno, con polvere ocra o rossastra come lo stesso Leonardo opera nello studio per addome e gamba sinistra di uomo nudo (londra, british museum, 1506).

Fin dalla fine del trecento, manifatture importanti anche se neonate come quella di Fabriano e Bologna stabilirono standard qualitativi per i loro prodotti, inserendo filigrane distintive nelle produzioni.

IL DISEGNO, PUNTA METALLICA E INCHIOSTRO.

Il foglio leonardesco in esame è realizzato tramite disegno che mostra apporti di puntasecca, tecnica in vigore e molto apprezzata fino alla fine del quattrocento, consistente in uno stilo affilato di materiale metallico, in genere di argento puro o più spesso in lega.

Il foglio su cui viene usata la puntasecca deve venire adeguatamente preparato con osso calcinato creando cosi la ruvidità sufficiente a trattenere la parte metallica dello stilo che gradualmente tende a consumarsi.

La dinamica da cui si ricava il segno evidenzia la quasi impossibilità di correzione del segno una volta tracciato se non a discapito anche della preparazione sottostante.

L’opera in questione reca pochi apporti di puntasecca, tutti rinvenibili nelle aree di lievissime lumeggiature, relative al disegno più che in quelle ove è presente scrittura.

Preponderante in termini di percentuale è invece la presenza di inchiostro ferrogallico, una tipologia di pigmento che, unitamente al coefficiente di assorbenza della carta, può risultare pressoché indelebile una volta applicato.

Si tratta di una miscela di composti organici e inorganici già presente negli scriptorium monastici dell’alto medioevo, apprezzato per la facilità di preparazione, il basso costo e le variabili tonali che è possibile ottenere.

Il procedimento consiste nel  mescolare alcune “galle”, ossia resine e cortecce di quercia ricche di tannini e vetriolo verde, generalmente conosciuto come solfato ferroso e vino per aumentare la carica tannica e l’intensità del rossiccio di alonatura.

A questa soluzione di base possono essere aggiunte bucce di melograno e altro vino per aumentare la carica tanninica.

Il tutto filtrato e reso a densità desiderata, poteva in un secondo momento essere diluito per ottenere un tono di saturazione minore.

L’inchiostro usato per il foglio leonardesco è una soluzione altamente tannica e piuttosto scura che aveva alla base anche la presenza di mallo di noce in macerazione.

Tuttavia, presenziano almeno due tipi di inchiostro nel foglio con il disegno del corpo inscritto in forme geometriche: la parte disegnata e il testo sottostante, che presenta l’alta carica tannica e un denso colore scuro.

La parte apicale della scrittura che si adegua nell’andamento, alla presenza del disegno, è una parte apposta in un secondo momento da Leonardo, ma importante perché contiene unitamente un omaggio a Vitruvio e una dichiarata adesione ai principi della geometria euclidea ben esemplificati e sintetizzati nella figura dell’uomo.

GEOMETRIA EUCLIDEA E TRASPOSIZIONE PROPORZIONALE ARMONICA .

Nel foglio di Leonardo compaiono un quadrato, simbolo dell’ordine cosmico e un cerchio, simbolo di quello divino; in essi è inscritta la figura umana.

Di tutte le parti presenti, come la dimensione delle braccia e l’oscillazione delle stesse o come accade per le gambe e la loro apertura di 60° Leonardo da conto illustrandone i rapporti proporzionali con le figure geometriche piane di ottagono, esagono e quadrato.

Ci sono però due punti che sono determinanti per comprendere i riferimenti cosmologici e principi armonici che la speculazione sul tema, in questo foglio si cela, ma soprattutto la necessità di far coincidere le proporzioni del corpo umano a quello del corpo di fabbrica dei templi cristiani.

Va sempre ricordato che Leonardo muove la sua speculazione dal trattato sull’architettura vitruviano.

Non sorprende quindi che la comparazione proporzionale fra membra del corpo umano si ritrovi in scansione per le dimensioni di navata liturgica e transetto dei templi cristiani, talvolta anche precedenti lo studio di Leonardo, come ad esempio la cattedrale di Pisa progettata da Boscheto nel XII secolo.

La chiave per comprendere i riferimenti all’armonia delle proporzioni risiede proprio nella ricerca della proporzione aurea partendo dalla geometria euclidea.

Leonardo adotta apparentemente le proporzioni modulari suggerite da Vitruvio, ma tale espediente in realtà è solo un modo di trattare le profondità dei corpi modulari in modo piano.

Egli affida tutta la geometria del corpo a due punti che stanno ad altezza irrazionale, e li descrive, come l’ombelico che sta a metà del corpo a 12 palmi di altezza e il punto della giugulare.

Di quest’ultimo l’autore non parla ma lo evidenzia sul disegno.

Il punto di ombelico invece è citato ma poi eluso dalle considerazioni geometriche.

Il posizionamento di questi due punti corrisponde a valori aurei e pertanto irrazionali, non individuabili analiticamente ma per via di procedimento costruttivo geometrico.

Il punto di giugulare corrisponde alla linea orizzontale che passa per le braccia divaricate e se ne trova conferma in una serie di punti sul foglio di depressione da punteruolo lungo il braccio DX. Questi sono segnati sul disegno stesso, come se Leonardo avesse voluto partire dal braccio sx dell’uomo e tracciare l’asse del quadrato e la linea verticale come assi portanti della struttura: corrispondentemente l’asse della navata e quello del transetto del tempio cristiano.

Esistono temi precostituiti che gli uomini dell’alto medioevo già conoscevano avendole ereditate dal pensiero antico e questi vanno anche oltre le proporzioni della geometria euclidea che, applicate alle arti figurative, alla scultura e all’architettura, sottostanno alle stupefacenti creazioni di tutti gli artisti del rinasimento.

Nel foglio leonardesco Il punto di giugulare diviene il fulcro dell’ottagono costruito con lato uguale all’apertura delle braccia.

Le gambe invece con la loro apertura a 60°come precisa Leonardo, determinano il segmento che sottende il lato della figura dell’esagono.

Ottagono ed esagono sono due figure geometriche intimamente connesse alle proporzioni dell’uomo e sempre celate e taciute dall’autore nella parte scritta del foglio, ma più che mai presenti e determinanti per la corretta lettura del tentativo speculativo dell’umanista toscano.

A legare le proporzioni di queste figure vi è un carattere fondamentale: il lato dell’ottagono è sezione aurea del lato dell’esagono. Il lato dell’esagono è sezione aurea del lato del quadrato, c’è una sequenza precisa di valori numerici irrazionali tramite principi euclidei.

Ampiezza delle gambe, rotazione delle braccia e lato del quadrato sono in sequenza aurea: se si potessero definire analiticamente, approssimando le componenti decimali periodiche, avremmo tre numeri della serie di Fibonacci, in cui la terza cifra segue dalla somma dei due che la precedono in una serie armonica ad andamento asintotico.

Ma Leonardo è partito da Vitruvio e dalla questione architettonica con le proporzioni esemplate su quelle del corpo umano.

Dunque è utile e conclusivo tornare sui templi, non classici ma cristiani: le chiese e i chiostri monastici.

Dalle dimensioni dei due chiostri monastici dei monasteri medievali, nella maggior parte dei casi, ci si rende conto dell’esistenza di un ordine che i complessi religiosi incarnano.

Il simbolo della vita terrena è il 4. Il chiostro ha 4 lati, 4 sono i punti cardinali, 4 sono gli elementi naturali, 4 sono gli evangelisti che moltiplicati per 3, simbolo di trinità fanno 12, il numero degli apostoli e delle colonne nel chiostro piccolo.

Il 4 si ripete in modo continuativo e come multiplo. Il chiostro è concepito secondo certe proporzioni “divine” che hanno rapporti con le proporzioni del corpo dell’uomo vitruviano: il lato del chiostro piccolo è di 7 pertiche, ogni pertica sono oggi 3,18 metri.

Anche il numero 7 si ripete costantemente nelle sacre scritture, nel caso particolare dell’apocalisse di S. Giovanni fino a 54 volte.

Il chiostro grande quadruplica le dimensioni di quello piccolo e lo sfalsamento o disallineamento dei due chiostri corrisponde esattamente a una pertica.

Lo spazio del chiostro piccolo è corrisponde di solito a circa 13 metri per lato(anche se non sempre tutti i complessi sono esemplati con le stesse dimensioni di base, ma tutti rispettano il criterio proporzionale) e questo valore corrisponde all’altezza del punto più alto della chiesa attigua, generando la struttura perfetta di un cubo, ossia la Gerusalemme celeste, ricostituita in terra. Nella forma e nel numero-simbolo, il monastero e il tempio, cosi come, per estensione,in tutte le cose della natura, sono permeati intimamente di armonia trascendentale, e nell’opera in esame, esemplati sull’armonia delle proporzioni auree individuate nel corpo umano, che diventa cosi, da questa prospettiva, misura di tutte le cose.

AUTORE. Leonardo da Vinci.

DATAZIONE : 1490/2

DIMENSIONI: 34,4 × 24,5 cm

TECNICA: punta metallica e inchiostro su carta.

UBICAZIONE: Venezia, gallerie dell’Accademia.

BIBLIOGRAFIA.

Sulla biografia dell’artista: E. Kris e O. Kurz, Legend, Myth and

Magie in thè Image of thè Artist, New Haven, Yale Univ. Press, 1979 (I ed. 1927) (ed. it.

Torino 1989); E.H. Gombrich, L’eredità di Apelle. Studi sull’arte del Rinascimento, Torino

1986; R. e M. Wittkower, Les Enfants de Saturne. Psychologie et comportement des artistes

de l’Antiquité a la Révolution frangaise, Paris 1991;( traduzione inglese) J.-M. Massing, Du texte a l’image: la

Calomnie d’Apelle et son iconographie, Strasbourg 1990;(ed. In traduzione inglese) Les «Vies» d’artistes, a e. di M.

Waschek, Paris 1996; (ed.trad. inglese).La scrittura dell’arte. Testi e immagini. Biografìa e autobiografia d’artista nell’Umanesimo e nel Rinascimento, a e. di G. Albanese e M. Ciccuto, Pisa 2004; “Vite parallele”: memoria, autobiografia, coscienza dell’io e dell’altro, a e. di Rosanna Gorris, Verona.L’immagine di Leonardo, Firenze 1994 («Lettura Vinciana» XXXIII, 1993).

Atti del Convegno di studi vinciani. Documenti, analisi e inediti leonardeschi, Firenze, Leo Olschki, 1953.

Ettore Verga, Bibliografia vinciana (1493-1930), Bologna, Zanichelli, 1931.

Raymond S. Stites, The Sublimations of Leonardo da Vinci, with a Translation of the Codex Trivulzianus, City of Washington, Smithsonian Institution Press, 1970.


[1]    Riguardo alla figura umana come exemplum di proporzione aurea, anche Francesco di Giorgio Martini aveva gia sperimentato modi per trovare le perfette corrispondenze auree. Di tale impegno Leonardo era al corrente.

LUCA NAVA