L’ORATORIO DI SAN SIRO PRESSO LA CATTEDRALE DI NOVARA FRA STORIA E AGIOGRAFIA NEL XII SECOLO

Particolare di un affresco dell’Oratorio di Novara

NOVARA. A Novara la presenza di insediamenti romani ha favorito il successivo recupero delle strutture di età classica con il proverbiale processo di riuso dei materiali e il riadattamento degli stessi a edifici del nuovo culto dei misteri eucaristici.

Proprio presso la cattedrale che contende nella città prealpina a San Gaudenzio il primato architettonico si trova “incastonato” , è proprio il caso di esplicitarlo, il luogo di culto, sorto fra il chiostro della canonica e le sacrestie del duomo di Novara intitolato a Santa Maria Assunta.

L’oratorio venne costruito presumibilmente intornio al XI secolo, datazione presunta basandosi sull’osservazione della struttura litica del basamento, la dove è possibile ancora farlo in zone non rimaneggiate.

Tutta la zona perimetrale vicina al piano di calpestio è composta da elementi litici di medio spessore, di provenienza alluvionale e tenuti coerenti da malta forte in un rapporto di circa 2:1.

Si tratta comunque di un’ipotesi poiché non risultano documenti d’epoca, ne distinte di pagamento per restauri posteriori che, sicuramente, date le ottime condizioni della struttura, sono avvenuti con regolarità, ma di cui non vi è traccia.

Il piccolo oratorio, secondo alcune ipotesi date da rilievi stratigrafici, potrebbe essere esistito già intorno al IX secolo.

Ipotesi coerente con lo sviluppo del culto di personaggi ammantati di mitologia e santità, nonché di martirio, nell’epoca delle grandi imprese di cristianizzazione delle popolazioni dell’Europa del nord durante l’epopea carolingia e di quelle a seguire di Ludovico il Pio.

Ad una valutazione complessiva oggettiva e in assenza di documentazione certa, si può propendere con più garanzie per una fondazione più recente, pressappoco intorno al XII o forse fine XI secolo, tanto più che comparazioni con la morfologia, scansione degli spazi e modelli decorativi, unitamente allo stato di conservazione risultano sovrapponibili a edifici la cui commissione e datazione è nota.

Come spesso accade a edifici d’alta epoca, nei secoli seguenti al primo completamento e a seguito del rifacimento delle coperture, il piccolo tempio e sopraelevato più volte, modifica che risulta visibile immediatamente sotto la linea di gronda perimetrale. Tale modifica in genere avviene per due motivi: il primo per consentire aperture per aumentare il flusso interno di luce, il secondo per la modifica dell’inclinazione degli spioventi allo scopo di migliorare il drenaggio delle precipitazioni.

La facciata di ingresso si presenta interamente composta da materiale litico calcareo e plagioclasico come il resto dell’edificio, con una discontinuità irregolare lungo il perimetro che si accentua nella zona della linea di sottotetto.

L’approvvigionamento della luce è garantito da una finestra rettangolare sopra il portale, mentre sulla sinistra si trova un’apertura quadrata, anch’essa aggiunta posteriormente alla fondazione.

I lati delle pareti nord e sud sono scanditi da due lesene che segnano la presenza anche di contrafforti mediani.

All’interno la copertura a botte e quindi posteriore alle originali capriate viene suddivisa in due campate dalle lesene. Il limite e la scansione spaziale interna è posta in essere da una cornice modanata che si estende lungo il perimetro, dallo zoccolo di basamento al limite dell’imposta della volta; mentre sui fianchi, a modo degli arcosoli paleocristiani, si aprono due nicchie ad arco

Gli affreschi che decorano l’interno del vano e la volta, furono commissionati dal Vescovo Bonifacio, presule a Novara dal 1172 al 1194.

Il ciclo venne riscoperto dietro un intonaco coprente ormai fatiscente, intorno al 1930.

Da allora vennero portati alla migliore leggibilità possibile che consente di goderne dal vivo ma molto limitatamente in immagine da fotografia.

Il ciclo di affreschi risalenti all’età romanica e più precisamente alla metà del del XII secolo presentano scene raffiguranti le Storie di San Siro accompagnate da una “ingombrante” Crocifissione del XIV secolo.

Sulla volta compare il motivo del Cristo Pantocratore circondato dagli angeli.

Piuttosto sbiadito e denaturato nella cromia dalle percolazioni, Il ciclo di San Siro è strutturato su otto riquadri disposti su due registri

L’inizio presenta la consacrazione di San Siro da parte di Sant’Ermagora, vescovo di Aquileia e discepolo di San Marco, segue quindi l’incontro di San Siro con una nobile veronese di fronte alle porte di Verona, come recita l’agiografia del personaggio.

Vi è poi la scena della resurrezione del figlio della nobildonna e battesimo il della stessa a seguito di conversione.

Segue quindi viaggio di San Siro e del suo diacono verso Pavia, destinazione presso la quale lo si vede accolto.

Proprio in prossimità di questa scena, una scritta in gran parte illeggibile diceva “entra, o padre tanto desiderato, richiama chi sbaglia, rialza chi è caduto, ammaestra chi è nell’ignoranza”.

Identificano definitivamente la santità di Siro infine gli episodi della liberazione dell’indemoniato e della guarigione del “cieco di Lodi.”

Gli autori del ciclo decorativo restano ancora anonimi ma, l’unitarieta di stile e modelli iconografici, nonché l’originalità inventiva diffusa e un gusto “espressionista” nella fisiognomica dei personaggi, fanno largo all’ipotesi che sia un unico maestro oggi denominato “maestro di San Siro” attivo nella seconda metà del XII secolo e rinvenibilw in alcune tracce d’affetto presso la Badia di Ranverso.

A Novara la presenza di insediamenti romani ha favorito il successivo recupero delle strutture di età classica con il proverbiale processo di riuso dei materiali e il riadattamento degli stessi a edifici del nuovo culto dei misteri eucaristici.

Proprio presso la cattedrale che contende nella città prealpina a San Gaudenzio il primato architettonico si trova “incastonato” , è proprio il caso di esplicitarlo, il luogo di culto, sorto fra il chiostro della canonica e le sacrestie del duomo di Novara intitolato a Santa Maria Assunta.

L’oratorio venne costruito presumibilmente intornio al XI secolo, datazione presunta basandosi sull’osservazione della struttura litica del basamento, la dove è possibile ancora farlo in zone non rimaneggiate.

Tutta la zona perimetrale vicina al piano di calpestio è composta da elementi litici di medio spessore, di provenienza alluvionale e tenuti coerenti da malta forte in un rapporto di circa 2:1.

Si tratta comunque di un’ipotesi poiché non risultano documenti d’epoca, ne distinte di pagamento per restauri posteriori che, sicuramente, date le ottime condizioni della struttura, sono avvenuti con regolarità, ma di cui non vi è traccia.

Il piccolo oratorio, secondo alcune ipotesi date da rilievi stratigrafici, potrebbe essere esistito già intorno al IX secolo.

Ipotesi coerente con lo sviluppo del culto di personaggi ammantati di mitologia e santità, nonché di martirio, nell’epoca delle grandi imprese di cristianizzazione delle popolazioni dell’Europa del nord durante l’epopea carolingia e di quelle a seguire di Ludovico il Pio.

Ad una valutazione complessiva oggettiva e in assenza di documentazione certa, si può propendere con più garanzie per una fondazione più recente, pressappoco intorno al XII o forse fine XI secolo, tanto più che comparazioni con la morfologia, scansione degli spazi e modelli decorativi, unitamente allo stato di conservazione risultano sovrapponibili a edifici la cui commissione e datazione è nota.

Come spesso accade a edifici d’alta epoca, nei secoli seguenti al primo completamento e a seguito del rifacimento delle coperture, il piccolo tempio e sopraelevato più volte, modifica che risulta visibile immediatamente sotto la linea di gronda perimetrale. Tale modifica in genere avviene per due motivi: il primo per consentire aperture per aumentare il flusso interno di luce, il secondo per la modifica dell’inclinazione degli spioventi allo scopo di migliorare il drenaggio delle precipitazioni.

La facciata di ingresso si presenta interamente composta da materiale litico calcareo e plagioclasico come il resto dell’edificio, con una discontinuità irregolare lungo il perimetro che si accentua nella zona della linea di sottotetto.

L’approvvigionamento della luce è garantito da una finestra rettangolare sopra il portale, mentre sulla sinistra si trova un’apertura quadrata, anch’essa aggiunta posteriormente alla fondazione.

I lati delle pareti nord e sud sono scanditi da due lesene che segnano la presenza anche di contrafforti mediani.

All’interno la copertura a botte e quindi posteriore alle originali capriate viene suddivisa in due campate dalle lesene. Il limite e la scansione spaziale interna è posta in essere da una cornice modanata che si estende lungo il perimetro, dallo zoccolo di basamento al limite dell’imposta della volta; mentre sui fianchi, a modo degli arcosoli paleocristiani, si aprono due nicchie ad arco

Gli affreschi che decorano l’interno del vano e la volta, furono commissionati dal Vescovo Bonifacio, presule a Novara dal 1172 al 1194.

Il ciclo venne riscoperto dietro un intonaco coprente ormai fatiscente, intorno al 1930.

Da allora vennero portati alla migliore leggibilità possibile che consente di goderne dal vivo ma molto limitatamente in immagine da fotografia.

Il ciclo di affreschi risalenti all’età romanica e più precisamente alla metà del del XII secolo presentano scene raffiguranti le Storie di San Siro accompagnate da una “ingombrante” Crocifissione del XIV secolo.

Sulla volta compare il motivo del Cristo Pantocratore circondato dagli angeli.

Piuttosto sbiadito e denaturato nella cromia dalle percolazioni, Il ciclo di San Siro è strutturato su otto riquadri disposti su due registri

L’inizio presenta la consacrazione di San Siro da parte di Sant’Ermagora, vescovo di Aquileia e discepolo di San Marco, segue quindi l’incontro di San Siro con una nobile veronese di fronte alle porte di Verona, come recita l’agiografia del personaggio.

Vi è poi la scena della resurrezione del figlio della nobildonna e battesimo il della stessa a seguito di conversione.

Segue quindi viaggio di San Siro e del suo diacono verso Pavia, destinazione presso la quale lo si vede accolto.

Proprio in prossimità di questa scena, una scritta in gran parte illeggibile diceva “entra, o padre tanto desiderato, richiama chi sbaglia, rialza chi è caduto, ammaestra chi è nell’ignoranza”.

Identificano definitivamente la santità di Siro infine gli episodi della liberazione dell’indemoniato e della guarigione del “cieco di Lodi.”

Gli autori del ciclo decorativo restano ancora anonimi ma, l’unitarieta di stile e modelli iconografici, nonché l’originalità inventiva diffusa e un gusto “espressionista” nella fisiognomica dei personaggi, fanno largo all’ipotesi che sia un unico maestro oggi denominato “maestro di San Siro” attivo nella seconda metà del XII secolo e rinvenibilw in alcune tracce d’affetto presso la Badia di Ranverso.

LUCA NAVA