MACCHIAIOLI: L’AVVENTURA DELL’ARTE MODERNA IN OLTRE 80 OPERE A PALAZZO MAZZETTI

Vicenzo Cabianca Acquaiole della Spezia 1864 Olio su tela, Collezione privata, Courtesy Butterfly Institute Fine Art,
Galleria d’arte, Lugano; fonte: press kit Palazzo Mazzetti

ASTI. Fino al 1° maggio, presso gli spazi del Palazzo Mazzetti di Asti, si può visitare la mostra I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna. In oltre ottanta opere si ripercorre una delle stagioni compositive più feconde dell’Ottocento italiano, mediante le opere di maestri del calibro di Fattori, De Nittis, Boldini, Lega, Banti e di tanti altri.

Questi i dettagli desunti dal comunicato stampa: “A Palazzo Mazzetti la mostra rappresenta un’occasione unica per scoprire i Macchiaioli, il movimento pittorico più importante dell’avanguardia italiana risorgimentale e il clima sociale che fa da sfondo alla vicenda di questi artisti, oltre ai temi, ai contenuti e ai personaggi di questo rivoluzionario movimento: si potranno ammirare opere quali Mamma con bambino (1866-67) di Silvestro Lega, Tramonto in Maremma (1900-05) di Giovanni Fattori, Bambino al sole (1869) di Giuseppe De Nittis, accanto a Alaide Banti sulla panchina (1870-75) di Cristiano Banti, Una visita al mio studio (1872) di Odoardo Borrani e Signore al pianoforte (1869) di Giovanni Boldini.

In mostra, dunque, anche opere a cavallo tra Ottocento e Novecento che raccontano come le conquiste formali e concettuali dei Macchiaioli furono recepite e sviluppate dalle successive generazioni di pittori.

Opere dai contenuti innovativi per l’epoca che vertono sulla potenza espressiva della luce, che rappresentano la punta di diamante di ricchissime raccolte di grandi mecenati di quel tempo, personaggi di straordinario interesse, accomunati dalla passione per la pittura, imprenditori e uomini d’affari innamorati della bellezza, senza i quali oggi non avremmo potuto ammirare questi capolavori.

Talvolta donate dagli autori stessi e più spesso acquistate per sostenere gli amici pittori in difficili momenti, queste opere – in grado di assecondare il piacere estetico e arricchire le più grandi quadrerie – sono diventate capolavori ricercati anche dai grandi intenditori d’arte dei nostri giorni.

Progettata per mettere a confronto fra loro i capi d’opera della “macchia” (1856-1868) naturalismo toscano (1865- 1900), la mostra propone una narrazione visiva dalla nascita all’evolversi e al concludersi dell’esperienza artistica dei Macchiaioli e del loro entourage, dal 1856 fino al ‘900 inoltrato.

La mostra, curata da Tiziano Panconi, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, la Regione Piemonte e il Comune di Asti, gode delcontributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, è organizzata da Arthemisia, con la collaborazione del Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia e vede come sponsor Gruppo Cassa di Risparmio di Asti.

IL MOVIMENTO DEI MACCHIAIOLI

Formatosi a Firenze, a partire dal 1855- ‘56, il gruppo dei Macchiaioli nacque quale reazione all’inerzia concettuale e formale delle accademie e specularmente ai fermenti ideologici del Risorgimento.

Il movimento macchiaiolo affermava la teoria della “macchia’’ sostenendo che la visione delle forme solide è determinata dalla proiezione della luce su di esse che crea zone d’ombra e zone di chiarore, costruendo così, visivamente, le volumetrie.

Macchie di colore, distinte, accostate o sovrapposte ad altre macchie di colore, erano gli elementi costitutivi di piccoli quadretti di estrema sintesi, nei quali erano tracciate puntualmente le forme e i profili sebbene espoliati di ogni particolare descrittivo che non fosse ritenuto essenziale alle funzioni strettamente espressive.

L’artista, sovvertendo i rigidi dettami accademici a cui si rifaceva tutta la pittura dell’epoca, si dichiarava libero di rendere con immediatezza verista ciò che il suo occhio percepiva nel presente, così come concettualizzarono i teorici e critici del gruppo Telemaco Signorini, Diego Martelli e Adriano Cecioni.

I pittori dell’avanguardia ottocentesca – dapprima riunitisi nelle sale del Caffè Michelangelo di Firenze e poi in luoghi emblematici come Castiglioncello o La Spezia – fra la metà degli anni ’50 e ’60 riformarono il lessico espressivo imperante, coniando una rivoluzionaria sintesi formale e luministica, guadagnandosi per ciò l’appellativo (dispregiativo) di “macchiaioli”.

Nei decenni successivi ebbe luogo un’ulteriore, lenta e profonda trasformazione di tale linguaggio, modificando i principi e i riferimenti culturali autoctoni che avevano animato l’iniziale riforma: come nel resto d’Europa sbocciò anche in Toscana un peculiare filone naturalista, le cui metriche compositive si rifacevano a differenti prerogative filosofiche e stilistiche, attraverso le quali veniva recuperata la vena narrativa e descrittivista.

La gran parte degli artisti attivi in Toscana fra il 1875 e il 1885, aderirono a queste nuove ricerche, non più esasperate dai violenti contrasti luminosi né dalle abbreviazioni formali neo quattrocentesche della prima ora, confrontandosi con le novità prodotte in ambito europeo dal Realismo e dall’Impressionismo.

Avvertirono l’emotività letteraria dei romanzi sperimentali di Zola e Verga e l’aleggiare della nuova sensibilità naturalista, formando una vera e propria scuola che seppe marginalizzare gli effetti vaporosi portati dalle tendenze francesiste. Plasmarono una cifra stilistica del tutto originale e immediatamente riconoscibile, poggiata sulla severa tenuta formale del disegno e sulla puntuale ripresa dal vero dei valori luministici del soggetto, solitamente a sfondo naturalistico o sociale, attinente alla contemporaneità, alla vita in campagna o della media borghesia.

Nel processo di evoluzione sociale che accompagnò la collettività ottocentesca, l’arte, svincolatosi dagli obblighi delle committenze nobiliari o regie, assunse l’onere di rappresentare la realtà così come si presentava agli occhi dell’artista, chiamato dal comune senso civico risorgimentale e dall’amor patrio a fotografare la vita delle classi più disagiate, sovente impegnate nel duro lavoro dei campi o in quelli più umili nelle città.

Il linguaggio pittorico regionale e nazionale si aprì alle suggestioni internazionali, rinnovandosi seppur mantenendo piena coscienza delle sue radici, ben affondate nella cultura artistica antica e rinascimentale.

Nella seconda metà del secolo, l’artista guardava al futuro confrontandosi con il passato e con i tempi lenti dello scorrere della vita della civiltà contadina e della provincia. Tali ambiti sociali divennero soggetto di composizioni con forti richiami scultorei, caratteristici del procedere pittorico dei Macchiaioli che si mostrano “ad una rassegna organizzata”, geniali interpreti del passaggio: li distingue la tecnica del tutto nuova e sperimentale della “Macchia”. Un linguaggio che, nonostante l’estrema sintesi formale, non riduce la puntualità della silhouette e del disegno. “lo, per conto mio – scriveva Fattori – tolto di sapere scrivere un pochino, ero perfettamente ignorante e – soggiungeva argutamente – mi sono grazie a Dio conservato […] solo l’arte stavami addosso senza saperlo, né ancora lo so”.

I Macchiaioli quindi quali interpreti identitari del gusto e delle filosofie positiviste di un’epoca, con i suoi diversi e contrapposti stili di vita: uno sobrio e riflessivo, legato ai valori, anche moralistici risorgimentali, delle piccole provincie italiane e l’altro vissuto all’insegna nella fiducia incondizionata e nella speranza nel progresso.

Elenco degli autori: Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Stefano Bruzzi, Giovanni Boldini, Luigi Bechi, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Eugenio Cecconi, Nino Costa, Vito D’Ancona, Giuseppe De Nittis, Arturo Faldi, Giovanni Fattori, Ruggero Focardi, Luigi Gioli, Silvestro Lega, Giorgio Lucchesi, Giuseppe Magni, Ugo Manaresi, Ruggero Panerai, Antonio Puccinelli, Raffaello Sernesi, Filadelfo Simi, Telemaco Signorini, Raffaello Sorbi, Adolfo Tommasi, Ludovico Tommasi, Angiolo Tommasi”.

FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Ufficio stampa Palazzo Mazzetti