
ROVERETO. È davvero interessante la mostra monografica dedicata a Mario Reviglione (Torino 1883-1965), un singolare pittore, incisore e disegnatore del secolo scorso, un artista purtroppo dimenticato per la sua riservatezza e ritrosia che caratterizzò gli ultimi decenni della sua esistenza spesi sempre al servizio dell’arte con maestria e ingegno.
L’evento, nato da un’idea personale di Vittorio Sgarbi e dedicata alla memoria del critico Italo Cremona, si avvale della curatela di Beatrice Avanzi e di Adriano Olivieri e ospita, negli spazi del MART, 60 opere dell’autore provenienti da collezione pubbliche (tra cui 3 dipinti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica e 3 del Gam di Torino) e private (la stessa collezione Cavallini Sgarbi ne annovera alcune di pregio). Il catalogo, a cura del MART, riporta, tra l’altro, preziosi materiali d’archivio (copertine di libri e riviste, ritratti fotografici, un quaderno di poesie, una pubblicazione sugli ex libris incisi in legno ecc.) assai utili a ripercorrere l’itinerario artistico del Nostro che prende avvio a Torino nel 1883, una delle città più culturalmente e artisticamente fervide e d’avanguardia della Penisola, soprattutto nella svolta tra Ottocento e Novecento.
Mario Reviglione, di formazione classica, frequentò l’Accademia Albertina che però fu costretto ad abbandonare per l’insofferenza verso il Naturalismo ottocentesco, il cui corifeo fu il celebre ritrattista Giacomo Grosso. Tra le frequentazioni del dopo-accademia che condizioneranno non poco il suo iter artistico, vi fu quella di Leonardo Bistolfi, di Felice Carena e dell’incisore Carlo Turina (significativi esponenti del Modernismo), non dimenticando gli apporti, da lui interiorizzati, della pittura divisionista e simbolista italiana (Gaetano Previati, Cesare Saccaggi, Felice Casorati) ed europea in particolare di quella francese (Gustave Moreau e Odilon Redon), belga (Fernand Khnopff e Leon Spilliaert) e austriaca (Klimt e la Secessione viennese). Nel clima del cosiddetto ritorno all’ordine, lo studio dei maestri della pittura italiana del Trecento e del Rinascimento interesserà anche Reviglione che, come si vedrà, ne riproporrà le ieratiche posture e movenze. Il critico torinese Vittorio Pica, pur essendo entusiasta del Nostro per le sue sorprendenti doti di disegnatore e colorista, ne contesterà le scelte stilistiche da lui definite “neo-primitiviste”. D’altro canto, Reviglione avvertiva l’urgenza di sperimentare nuovi linguaggi pittorici e perciò di aprirsi ai movimenti artistici d’Oltralpe.
All’esordio espositivo avvenuto nel 1903 a Torino presso la Promotrice delle Belle Arti (studi, acquerelli, pastelli e oli di sapore simbolista), farà seguito la sua partecipazione alla Mostra milanese Nazionale del Ritratto (1906), alla Biennale di Venezia dal 1907 fino al 1922, alla Quadriennale di Roma, alla prima Esposizione d’arte della Secessione romana (1913-1916) e a numerose mostre torinesi fino al 1942. Reviglione seppe farsi apprezzare dalla critica anche in qualità di incisore, le cui creazioni perderanno, man mano, il loro carattere liberty a favore di quello decorativo e coloristico prossimi alla Secessione viennese, cui si avvicinò intorno al 1910. A quest’ultimo riguardo, non va assolutamente dimenticata la sua collaborazione al periodico mensile «L’eroica» fondato a La Spezia e diretto da Ettore Cozzani, rivista che uscirà negli anni 1911-1921 e 1924-1944, cui l’artista fornirà originali e stimate xilografie create nello spirito redazionale teso a valorizzare le forze creative nazionali nei campi più disparati delle arti. Nel 1912 grazie al suo talento, Reviglione fu invitato a esporre le sue incisioni all’Esposizione italiana di xilografia tenutasi a Levanto nel 1912, un appuntamento che lo consacrerà come disegnatore e colorista di rango. Alla fine della primo conflitto mondiale, l’artista di indole schiva, si chiuderà sempre di più in se stesso, una condizione di isolamento favorita anche da una presa di posizione artistica controcorrente che si accentuerà per un verso con la perdita dell’amata moglie Giuseppina Morganti, sua musa ispiratrice, e per l’altro dopo la seconda guerra mondiale, portandolo a concludere la sua parentesi terrena in povertà e del tutto dimenticato. Nonostante questa scelta artistica isolazionista, egli continuerà a esporre i suoi lavori nelle mostre torinesi fino al 1942. A un anno dalla morte, Italo Cremona (pittore, scenografo, critico d’arte e teatrale e prosatore) dedicherà a Reviglione una mostra monografica commemorativa organizzata presso la Galleria Fogliato di Torino, l’ultima prima di quella in corso al MART di Rovereto che vuole restituire “la doverosa centralità a uno degli artisti più interessanti e meno conosciuti del secolo scorso” o meglio sottrarlo all’oblio, cui ingiustamente è stato confinato.
La mostra delle opere di Reviglione al MART, nella sua completezza, si snoda attraverso un percorso equilibrato e di grande respiro fruitivo documentando ampiamente i generi prediletti dall’artista: la pittura di paesaggio e il ritratto. Quanto al primo genere meritano di essere ricordati in particolare: Notte di luna a Chialamberto (1909) con effetti coloristici algidi e metafisici; Il lago dei poeti (1912-1914), connotato da un’atmosfera rarefatta, sospesa, in cui appare sullo sfondo un’isola con boschetto e un accesso in luce dal sapore iniziatico. Su una balza di un monte figura un castello lievemente accennato; Sera veneziana (Giudecca) (1912), in cui figura una dimora apparentemente anonima, dall’intonaco roseo con imposte verdi, un giardino e l’immancabile attracco; una gondola se ne sta però solitaria sul canale ed è avvolta da un alone di mistero che si spande in tutta l’opera; questo dipinto testimonia la passione di Reviglione per le atmosfere serali e notturne che riteneva assai evocative e romantiche; Notturno metafisico (Alassio) (1912), una donna dalle dimensioni ridotte passeggia su una spiaggia deserta al chiaro di luna in direzione del borgo di Alassio quasi spettrale; Paesaggio (Lago d’Orta), risalente agli anni Dieci rivela reminescenze del Realismo paesaggistico ottocentesco; Preludio lunare. Ricordo di viaggio (1914): si tratta di un paesaggio notturno con un delicato effetto luministico e di tenore metafisico, che, secondo Virginia Bertone, rimanda, quanto al titolo, allo stretto rapporto esistente tra pittura e musica, quest’ultima intesa come “l’unica tra le arti capace di suscitare emozioni”; Preludio (1916) che rievoca un’atmosfera notturna e rarefatta dovuta ai riflessi lunari sul lago. A seguire Paesaggio notturno con lago (1916) come pure Intermezzo elegiaco (Pannello decorativo, 1922), che evoca per certi versi L’isola dei morti del pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin. Una figura femminile, elegantemente abbigliata, dorme su un fianco in balia dei sogni. Tutto avviene ai bordi di uno specchio d’acqua, sul cui sfondo appare un isolotto con un giardino fiorito e dei cipressi svettanti che si riflettono nel lago. L’attracco è in luce; dietro i monti fa capolino la falce lunare. L’atmosfera avvolge la figura muliebre ed è, come recita il titolo, di sapore elegiaco, nostalgico; la donna sembra oniricamente anelare a un approdo di serena beatitudine.
Figura-guida della sezione «Ritratti» è quella della poetessa Amalia Guglielminetti (1911-1912, autrice dei volumi I volti dell’amore, Anime allo specchio, Le seduzioni. Le vergini folle, le cui copertine si devono al Nostro), la quale viene presentata come l’icona della femminilità moderna e fatale, elegantemente abbigliata e ingioiellata, dal corpo sinuoso, morbidamente adagiata su un divano, una maniera inedita, quella di Reviglione, di prefigurare le dive del cinema dei ruggenti anni Venti, ma non solo. La pubblicità sempre più presente sulle riviste del tempo offriva del resto l’immagine della donna moderna sempre più emancipata, che seguiva la moda, si prendeva cura del proprio corpo (nuovi prodotti cosmetici) e liberamente era dedita al fumo.
I riferimenti alle movenze dei volti, dei corpi e al decorativismo klimtiani sono rintracciabili nel Ritratto in nero (Ritratto della signora Levi Muzzani) del 1916 e in Zingaresca in bruno e argento (1920), dove il pittore ritrae una femme fatale dall’abito prezioso che attraversa tutto il il corpo sensualmente esibito; sullo sfondo una carta da parati a foglie dorate ne risalta la carica seduttiva. Nel Ritratto di Mimì Mosso (1913) il volto femminile presenta invece tratti quasi pre-raffaeliti (sir John Everett Millais) che giustificano in parte quel neo-primitivismo già a suo tempo rintracciato in alcune opere di Reviglione in sede critica da Vittorio Pica.
Il Silenzio (Silentium) datato 1907 pone al centro una giovine donna vestita di bianco, quasi diafana e angelicata, in preda a una sorta di rapimento estatico. Il messaggio che l’artista sembra voler trasmettere all’osservatore è la necessità di far tacere idealmente la parola, a favore del colloquio intimo dell’anima, cui la donna si accinge con una postura ieratica ancora di gusto liberty.
Una sottile ironia, come hanno già a suo tempo rimarcato alcuni critici, vena l’Autoritratto a Duemila (1925), in cui l’artista, occhialuto, è rivolto al pubblico con in testa una cuffia ornata di fiori (l’associazione all’eccentricità di Frida Kahlo quanto al suo modo di agghindarsi è quasi diretta); indossa un curioso abbigliamento dalle tonalità giallo e ocra con fini decori in blu. Tale giudizio vale sia per l’Autoritratto degli anni Venti sia per quello del Teologo (Don Carena) (1935), presentato in tutto il suo austero rigorismo tutto da sfatare come pure per Il gatto persiano fa l’indiano (Il gatto) del 1920, in cui l’animale domestico, morbidamente accucciato su un cuscino, viene investito da una pioggia di colori provenienti da uno sfondo segnato da un dripping ante litteram e dal vaso posto nelle immediate vicinanze, un’opera questa che può essere letta anche come una sorta di capriccio moderno. La maestria coloristica di Reviglione si evince inoltre in Eternità del 1920, dove la figura centrale è stavolta un nudo femminile molto aggraziato disteso languidamente su un telo rosso (simbolo della passione) ai bordi di uno specchio d’acqua azzurro turchese, su cui si riflette la luce solare. Lo sfondo è appena accennato e contempla alcune rovine (il trascorrere del tempo). La mano della donna rivolta verso l’alto allude alla solennità sacrale del momento (un’aureola ne cinge infatti il capo), in cui si celebra l’eterno femminino. L’opera può ricollegarsi soprattutto dal punto di vista cromatico al realismo magico di Ubaldo Oppi.
Nell’opera Stabat mater del 1927 il sapiente studio anatomico mutuato dagli antichi maestri del Rinascimento italiano ed europeo ma anche dal Realismo ottocentesco si coagula nella figura della madre vestita a lutto che, con una mano sul cuore e l’altra aperta lungo un fianco offre, con gli occhi rivolti al cielo, le sue sofferenze. Le rughe realistiche del volto conferiscono una forza espressiva e un pathos straordinari alla figura che può adombrare per certi versi la Vecchia di Giorgione o il Ritratto della madre di Rembrandt. E’ una madre, quella di Reviglione, che è frutto della trasposizione laica della sacralità religiosa di molti dipinti degli antichi Maestri, accentuata dal fondo oro. Si tratta di un lavoro pregevole che costituisce senza dubbio un fiore all’occhiello della Fondazione Cavallini Sgarbi.
La mostra contempla, in aggiunta, numerosi disegni preparatori per alcuni dipinti nonché per gli ex-libris realizzati successivamente da Reviglione a riprova della sua indiscussa maestria come disegnatore ed incisore.
Grazie all’entusiastico interesse di alcuni appassionati, tra cui figura lo stesso Vittorio Sgarbi, ideatore del presente progetto, si è avuta la sorprendente riscoperta di questo pittore raffinato dalle molteplici nuances stilistiche che la mostra di Rovereto in corso propone all’attenzione degli addetti ai lavori e al largo pubblico. Un appuntamento vivamente consigliato.
ERMINIO MORENGHI
Orari:
martedì-domenica: 10.00-18.00
venerdì 10.00-21.00
lunedì chiuso
Tariffe:
intero: euro 11
ridotto: euro 9
gratuito fino a 14 anni
Contatti: T. 800 397760 (n° verde)
Prevendita online: www.mart.tn.it nella sezione “Prenotazione e acquisto biglietti” www. biglietti.mioticket.it