PONTE SAN PIETRO. Metamorfosi è il titolo della mostra personale di Francesco Aquilini presso gli spazi espositivi del Museo degli smalti CKI ITALY – ARtCHIVIO ENAMEL MUSEUM di Ponte S. Pietro. L’inaugurazione è in programma sabato 23 novembre alle ore 17, con presentazione di Luca Nava.
Ci sono artisti per i quali l’impegno nell”opera omnia sono disgiunti dalla vita privata, per altri al contrario, non si può prescindere dalla conoscenza dei caratteri biografici e legarli a quella che è l’esperienza del vissuto per poterne intendere gli intenti e i passaggi evolutivi.
In questo secondo caso si deve inquadrare l’esperienza di Francesco Aquilini. Romano di nascita con una vita a dir poco variegata e vissuta attraversando buona parte dei decenni più esaltanti e insieme deteriori del secolo scorso.
Da una condizione giovanile passata nel quartiere di Centocelle, Francesco nella prima maturità balza in un contesto opposto a quelli che sono stati i primi standard di vita, grazie al suo lavoro di fotografo che lo porta a lavorare per l’hotel Excelsior della capitale, immortalando cosi personaggi che oggi sono entrati nell’immaginario collettivo e fanno parte della storia artistica del cinema e della moda internazionali.
Sono gli anni della dolce vita e del boom economico, compresi fra i decenni 60, 70 e 80 del secolo scorso, terminati i quali Aquilini apre un nuovo capitolo della sua vita, trasferendosi in Lombardia e seguendo il desiderio di costruire una famiglia, che si realizzerà con la presenza anche di tre figli venuti al mondo in poco più di tre anni.
L’attività di fotografo continua in un contesto ormai cambiato e legato più a un discorso commerciale e di produzione di servizi per pubblicità, e al contempo foriero di nuove conoscenze.
Viaggi all’estero e impegni di natura diversa ma sempre legati al mondo dell’immagine da scatto o dipinta, arricchiscono il bagaglio figurativo del nostro che manterrà sempre questo imprinting da cacciatore di immagini e particolari come cifra stilistica distintiva.
Ma oltre a questa condotta di vita divisa fra lavoro e situazioni mondane e una famiglia a cui dedicarsi, Francesco coltiva e con successo, la passione per la pittura che, inizialmente è calata nel genere del paesaggio con modello ispiratore gli epigoni del movimento macchiaiolo e del paesaggio crepuscolare che sono stati un punto valoriale irremovibile della pittura di fine XIX secolo e inizio XX.
Da un certo punto in poi, ben individuato alla metà degli anni ’90, qualcosa cambia nel modo di vedere il mondo intorno, e di conseguenza anche l’arte che ne diviene riflesso.
Dietro ad ogni impegno, attività pratica o intellettuale che comporti una costanza di continuità nel tempo, sussistono motivazioni che possono talvolta trovare comunanza con il contesto in cui nascono, anche se non sempre tale corrispondenza si verifica ma, sempre, tali caratteri si ammantano di una caratterizzazione e ragione soggettiva.
Modalità di esplicazione e impronta stilistica sono le note immediatamente evidenti di una cifra espressiva; più in sordina e sottotraccia invece sussistono gli aspetti di originalità contenutistica e quindi valoriale.
Nel caso di quest’uomo piu che maturo ma con l’entusiasmo di un giovanotto, il cui carattere e la proverbiale ironia insita nella personalità, nonché il fatto non trascurabile d’esser figlio dell’Urbe e da ultimo il fatto fortuito, o più semplicemente destino, ha posto come episodio scatenante il cambiamento di paradigma in un incontro: quello con la poesia.
Correva l’anno 1994, allorché Aquilini frequentando l’associazione artistica GAE in quel di Erba (lc) ascolta declamare una poesia di Lorenzo Pontiggia che aveva come tema centrale il volo di farfalle.
Questo è l’episodio da cui ha origine la svolta: la pittura paesaggistica operata a ottimo livello fino a quel momento non si dimostra più in grado di corrispondere alle necessità di una sensibilità scossa da altre immagini e suggestioni.
La forma e i decori che la natura produce sulle ali della farfalla, risultato della metamorfosi operata all’interno del bozzolo, sono l’elemento di maggiore attrazione e sembrano essere alla base della medesima metamorfosi avvenuta nell’animo dell’artista che l’ ha voluta traslare sulla sua pratica pittorica.
Da una pittura tradizionale e figurativa si passa repentinamente a una progressiva astrazione che ha come punto di partenza, nella realtà empirica, un soggetto dal potere affabulatorio quanto effimero, come le ali di farfalla, e per questo ancor più prezioso.
Nascono cosi i primi “profili d’ala” caratterizzati da contorni marcati e una dimensione grafica evidente, una cromia ridotta nelle gamme e, particolare di non poco conto, soprattutto se rapportato al percorso precedente, il venir meno della terza dimensione.
L’iconografia si appiattisce sulla bidimensionalita e questo aspetto sposta su un piano differente la sintassi che si genera della nuova grammatica pittorica adottata dall’artista.
Rapidamente questa tendenza evolve cosi che i colori, la varietà degli stessi, la cangianza insita nelle fantasie naturali delle ali di farfalla, si specchiano e si ingigantiscono nelle opere che, una volta riempito il vulnus lasciato dell’abbandono della figurazione, rapidamente si susseguono e che a tratti mostrano una pittura smaltata che esalta la bidimensionalita : riemerge il taglio fotografico nell’attenzione al particolare sotto forma di zoom.
In questo periodo, rappresentato in mostra da un maggioritario numero di opere, oltre al focus sul colore, che a tratti sembra cosparso dal pulviscolo dorato che ricopre le ali delle farfalle, il carattere delle realizzazioni beneficia dell’apporto di tratti calligrafici a china e inserti di carattere disegnativo, elementi prodromici alla successiva tappa dell’evoluzione.
Coincidente in parte con nuove situazioni di vita e lavorative, il primo decennio degli anni duemila vede i fondi dei dipinti tingersi di un nero intenso sopra cui si stagliano fantasie piu disegnate che non dipinte aventi la loro matrice e modello nella suggestione iniziale, non tanto delle ali ma del valore evocativo che queste hanno avuto per l’artista.
La forma si stilizza, i colori si saturano, l’ala della farfalla viene se non sezionata, guardata quantomeno in modo fotografico, quasi analitico.
Diventano sempre piu evidenti gli interventi e l’insistenza nell’arricchire i profili alari o quanto ne resta dal processo di astrazione, con sezioni di curvilinee simili a isobare topografiche, muovendosi su un crinale tanto analitico da sfiorare il rischio di volgere in un’espressione asettica.
Tuttavia il gesto e l’incedere di Francesco è sempre mosso nel suo evolvere, da un afflato emotivo e mai finalistico che ridurrebbe invece l’operazione a un meccanicismo freddo e mortifero.
Prova di questo atteggiamento ne è il fatto che dalla fase molto attenta al segno e all’evoluzione dello stesso, Francesco da vita a quello che lui ha denominato il ciclo dei pixel.
E’ chiaro ancora una volta il riferimento a quel progressivo sgranamento dell’immagine fotografica quando si opera un ingrandimento: la realizzazione da origine in tutto e per tutto a opere a tecnica mista in cui il comparto dipinto e colorato si regge su un apporto diffuso a china.
La divisione o la presenza pervasiva di quadrettature o pixel di piccole dimensioni però non trova soltanto motivazioni in un approccio fotografico ma anche riferimenti puntuali da episodi di vita vissuta, come si diceva in apertura.
Motivi ispiratori infatti si ritrovano in un’esperienza di viaggio ad Aquileia e nell’incontro la tradizione antica presente nei mosaici conservati nella città friulana ad aver motivato a una scelta cosi orientata.
L’approccio complessivo di questa opera protratta per lungo tempo e che coinvolge tematiche anche diverse, ad esempio quelle legate ai proverbi popolari, affrontati con l’ironia tipica di Francesco, fanno parte di un modo di dare forma ad un mondo in continuo cambiamento e, forse, umanamente affrontato anche con un minimo di apprensione a cui il nostro risponde con la sua proverbiale ironia e atteggiamento volto al positivo.
Lo stesso autore dichiara di non aver avuto modelli di riferimento se si escludono i pittori della tradizione paesaggistica guardati nel suo primo periodo del quale, in mostra si riportano alcuni esempi.
Ragion per cui l’intera esposizione e verosimilmente, per trasposizione, l’intera opera, va guardata come un racconto di una vita da molti definita “da film”, per certi versi simile nell’intonazione ad alcuni esempi del cinema pasoliniano prossimo agli anni giovanili e della prima maturità di Aquilini; esempi divenuti emblema di riscatto su base valoriale e dei contenuti delle esperienze di vita, sublimati dall’affezione alla pratica artistica; un film la cui trama è scritta dal protagonista che, in questo caso, coincide con il regista.
(Estratto del catalogo)
LUCA NAVA
METAMORFOSI: AQUILINI AL MUSEO DEGLI SMALTO
Mostra personale di Francesco Aquilini presso gli spazi espositivi del museo degli smalti CKI ITALY – ARtCHIVIO ENAMEL MUSEUM di Ponte S. Pietro.
Dal 23/11/2024 al 15/12/2024
Inaugurazione sabato 23 ore 17.
Orari visite:
martedi_domenica 15-18