AMSTERDAM. Fino al 4 giugno, nei locali del Rijksmuseum di Amsterdam, sono in mostra 28 opere provenienti dai musei di tutto il mondo del pittore Johannes van der Meer, meglio noto con l’abbreviazione Vermeer e con l’appellativo di “Sfinge di Delft” dovuto alla sua vita breve, dai tratti misteriosi. Il Nostro nacque nel 1632 a Delft nei Paesi Bassi in un ambiente familiare della media borghesia. Il padre fu locandiere e commerciante di oggetti d’arte. Avviato alla carriera artistica, Vermeer recepì, nella sua prima fase, la lezione di Caravaggio incentrata sulla resa naturalistica figurativa e oggettuale nonché sull’innovativo gioco di luce e di ombre, la cui mediazione si deve ai cosiddetti caravaggisti di Utrecht, tra cui si annoverano Hendrick Terbrugghen, Gerrit van Honthorst e Dirck van Baburen. Sposatosi nel 1653 con Catherina Bolnes proveniente da una ricca famiglia cattolica, dopo un certo periodo di apprendistato, fu accolto come membro effettivo dalla gilda di San Luca, un’importante corporazione che raggruppava artisti e pittori delle Fiandre e dei Paesi Bassi. La fase centrale della sua produzione artistica si concentrò negli anni che vanno dal 1660 al 1670. Vermeer seppe sfruttare appieno il favore di ricchi committenti che appartenevano prevalentemente al ceto alto borghese, il motore storico dell’area fiamminga affrancatasi dal pesante giogo del potere spagnolo, terra del filosofo Baruch Spinoza, rifugio di René Descartes (scriverà proprio qui il Traité du monde et de la lumière) e culla degli studi sugli astri, sull’ottica e sulla luce che influenzeranno molte opere pittoriche del periodo. Ma il tratto che connota efficacemente la pittura olandese e dei Paesi Bassi è il fascino che la realtà ha da sempre esercitato sugli artisti quali, oltre a quelli già sunnominati, Jan van Goyen, Pieter Claesz, Meindert Hobbema, Rembrandt van Rijn, Jan Steen, Pieter de Hooch, Gabriel Metsu, una realtà sfrondata dalle ipoteche cattoliche in ordine ai soggetti da rappresentare e quindi libera di ritrarre paesaggi, nature morte, interni borghesi, ritratti maschili e muliebri all’insegna dell’etica calvinista che valorizzava al massimo grado il lavoro. “Tutto si fa virtù domestica in quel mondo borghese perfetto. Eccole quindi le fanciulle intente a suonare la spinetta o a ricamare pizzi. E Vermeer in un certo senso si mette pure lui a ricamare i suoi dipinti” (Philippe Daverio). L’artista fece parte, a pieno diritto, al “secolo d’oro olandese” che diede grande impulso ai commerci in Europa e nelle Americhe nonché alle scienze e alle arti. Queste ultime godettero di un mercato assai florido, volendo l’agiata borghesia celebrare anche esteticamente i suoi fasti. Il visitatore che riuscirà a vedere questa straordinaria mostra -i biglietti sono ogni mese esauriti e c’è un costante aggiornamento della situazione degli ingressi sul sito del museo- potrà fruire tra l’altro delle opere maggiori che vanno dal 1655 al 1670 come Santa Prassede, Diana e le sue ninfe, Stradina di Delft, La lattaia, Veduta di Delft, Donna che regge una bilancia, Fantesca che porge una lettera alla signora, L’ufficiale e la ragazza che ride, Concerto interrotto, Il bicchiere di vino, Suonatrice di liuto, Donna con una collana di perle, Donna in blu che legge una lettera, Ragazza col turbante o con l’orecchino di perla (conservata al museo Mauritshuis dell’Aia visibile sino a marzo), Giovane donna che legge una lettera, Il geografo, Ragazza con il cappello rosso. In questo contesto espositivo non va assolutamente dimenticato uno dei capolavori assoluti dell’artista fiammingo quale è La merlettaia, opera della maturità (olio su tavola)eseguita tra il 1669 e il 1670, dipinto di grande impatto emotivo sui visitatori, che fa parte della pinacoteca del Museo du Louvre di Parigi. Dai titoli dei quadri sovraelencati si evince che i soggetti principali scelti da Vermeer sono, il più delle volte, donne collocate nel loro ambiente domestico intente ad azioni che connotano il loro vivere quotidiano. La genialità di Vermeer consiste nella capacità di fissare a mo’ di scatto fotografico, attraverso una sorta di gesto fermo nel tempo, una particolare situazione domestica, mediante una resa pittorica sapiente che fa leva sulla grande cura dei dettagli e dei giochi di luce sempre naturale che proviene da finestre aperte e non artificiale come accade nei quadri di de La Tour. Il gioco di luci e di ombre abilmente condotto investe le figure, gli oggetti e gli arredi domestici come lettere, spartiti e strumenti musicali, perle, abiti secondo le fogge dell’epoca, brocche, bicchieri, orciuoli, tavoli, sedie, cuscini, tappeti pregiati, tendaggi, carte geografiche e quadri appesi alle pareti (“quadro nel quadro”) così come i pavimenti in marmo di Carrara e delle Ardenne a losanghe bianche e nere disposti a mo’ di scacchiera nonché le vetrate decorate con stemmi e immagini allegoriche. Ma l’apparente semplicità di Vermeer nel raffigurare gli interni delle case borghesi che lascia presumere, per la cura dei particolari, l’uso della camera oscura, allude e cripta simboli di tenore morale (grande maestro fu in tal senso Hieronymus Bosch con le sue grottesche e visionarie creazioni) inseriti in un sapiente gioco compositivo, cromatico e luministico che vale come cifra artistica inconfondibile per le atmosfere che Vermeer ha saputo ricreare ed evocare. Valga da esempio l’analisi essenziale del celebre quadro Donna in blu che legge una lettera (1663), in cui la donna che indossa una casacca blu e appare in dolce attesa, reclina leggermente il collo, schiudendo le labbra, mentre è intenta a leggere una lettera, probabilmente speditale dal suo compagno di vita in quel momento lontano da casa. L’emozione traspare delicatamente dal volto della donna e l’atmosfera che pervade l’intera stanza, in cui sono visibili un tavolo, su cui sono abbandonati alcuni libri e una collana di perle (simbolo di innocenza e di purezza in questo caso, ma anche di vanità come nella Donna con collana di perle), due sedie borchiate, rivestite di velluto e alla parete una carta geografica della Frisia, ricrea un’aura di silenziosa e mistica fissità. La luce che proviene da sinistra, colpisce la lettera (elemento fondamentale dell’opera oltre la figura femminile posta al centro della stessa) nello studiato contrasto chiaroscurale con il blu della casacca della donna. Non si evince dalla fruizione del quadro nessun indizio sul vissuto della protagonista. Come sostiene giustamente Daverio, il pittore “Sfiora, allude, accenna senza mai invadere l’intimo riserbo dei suoi personaggi”. Questo dipinto di genere (interno borghese) fa leva su un realismo con connotazioni emotive e psicologiche di grande impatto sull’osservatore che è, in un certo senso, guidato dal gioco della luce che si riverbera e si riflette su uomini e cose. L’atmosfera che avvolge la scena è come, si è detto, sospesa, immobile e avvolta dal silenzio; è la stessa che si percepisce ammirando la Tempesta di Giorgione o la Sacra conversazione di Giovanni Bellini. La suggestione che induce nello spettatore è certamente il frutto di un ingegno e di una maestria fuori dal comune. Nelle opere Piccola strada di Delft e Veduta di Delft l’occhio dell’artista è puntato invece sul mondo esterno a lui familiare, Delft per l’appunto, dove è nato, vissuto e morto nel 1675 in ristrettezze economiche, gravato dai debiti. Nel primo quadro l’interesse dell’artista non è rivolto alla raffigurazione dello spazio e dell’atmosfera meteorologica del luogo, bensì a presentare una tranche di vita quotidiana che si svolge in una casa fatta di mattoni con frontone a capanna: una donna seduta sulla soglia di casa è intenta a lavorare a uncinetto, due bimbi giocano sul marciapiede, una fantesca è occupata al lavatoio. Anche qui l’atmosfera è sospesa, quasi rarefatta, ma non sfugge, a un’osservazione attenta, come Vermeer voglia celebrare con toni realistici il valore della laboriosità e della tenacia nel compiere anche i più banali lavori domestici, quasi a suggerire che la più grande serenità alberga nella semplicità del vivere quotidiano. Il secondo dipinto, cogliendo la panoramica di Delft probabilmente attraverso la camera oscura, evidenzia, con tratti fortemente stilizzati, le case e le emergenze architettoniche della cittadina fiamminga riconoscibili in primo piano o all’orizzonte: la cinta muraria che si affaccia sul fiume Schia, la torre della cattedrale, la porta di Schiedam con l’orologio, quella di Rotterdam e da ultimo il campanile della Nieuwe Kerk ancora esistente. Ma ciò che è significativo in quest’opera è l’atmosfera meteorologica serena e imperturbabile che abbraccia l’intera veduta: il cielo ampio nordico ancora solcato da nubi temporalesche che digradano man mano verso una massa biancastra spumeggiante, rivela un furtivo spiraglio di sole dopo il fortunale. Il gioco chiaroscurale che investe gli edifici agevola il riflettersi degli stessi nelle acque fluviali che si spandono a lato della cittadina. La critica ha voluto vedere nell’uso della tecnica puntinistica (impiego di gocce di colore puro) da parte di Vermeer una sensibilità proto-impressionista, una sorta di anticipazione dello stile di Seurat. In generale la tavolozza di Vermeer contempla colori brillanti e e allo stesso tempo dolci: l’azzurro marcato o cilestrino, il blu eccellente, il giallo ocra, il bianco biacca, il rosso declinato in diverse tonalità, il cremisi, il marrone chiaro, il nero e il verde. Dopo la sua prematura scomparsa, come è sovente il destino dei grandi, Vermeer fu completamente dimenticato. La riscoperta del sommo valore delle sue opere si dovrà solo ai pittori realisti francesi della metà dell’ Ottocento nonché a critici e scrittori dell’elevatura di Théophile Gautier, dei fratelli Goncourt e di Marcel Proust, non dimenticando l’impressionista Renoir, grande estimatore della Merlettaia del Louvre. Della produzione abbastanza fervida di Vermeer rimane purtroppo un corpus ristretto di trentasette opere, la maggior parte delle quali è di proprietà del Metropolitan Museum di New York. La mostra in corso ad Amsterdam, allestita, dopo anni di duro lavoro, grazie a un team di diversi curatori (tra cui figurano Gregor J. M. Weber e Pieter Roelofs), conservatori e ricercatori dell’Università dell’Aia e di Anversa, che si sono cimentati, utilizzando le tecnologie avanzate di scansione Macro-XRF e RIS nell’analisi accurata sia a livello scientifico che storico-artistico delle opere di Vermeer (alcune delle quali rivelano dettagli inediti dopo l’intervento di restauro), si profila di portata davvero epocale. Al riguardo Gregor J. M. Weber, uno dei co-curatori dell’esposizione pittorica in causa, afferma in modo significativo: “La tecnica pittorica di Vermeer ha sempre avuto una sorta di mistero. Come creava questo miracolo di luce e colore? Grazie alla scoperta di un primo schizzo in vernice nera, riusciamo ora a farci un’idea molto più completa del suo metodo di lavoro”. Tra i giudizi positivi su questo importante evento culturale meritano di essere citati quello del The New York Times, secondo il quale la mostra di Amsterdam “quasi sicuramente passerà alla storia come la mostra definitiva sull’artista” come pure quello del The Guardian che sottolinea come l’esposizione olandese in corso sia “una delle più emozionanti mai ideate”.
E’ disponibile per il pubblico di visitatori il catalogo (168 pagine) progettato da Irma Boom e curato da Gregor J. M. Weber dal titolo Johannes Vermeer. Fede, luce e riflessione pubblicato in edizione inglese e olandese dal Rijksmuseum, nonché MiffyxVermeer progettato sempre da Irma Boom ed edito in lingua inglese e olandese dal Rijksmuseum e Mercis.
I biglietti di ingresso sono prenotabili sul sito del Rijksmuseum di Amsterdam:
info@rijksmuseum.nl
N. di telefono +31 (0) 206747000
Orari di visita: tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 17.
Nel mese di marzo è previsto un simposio di due giorni sulla recente ricerca tecnica e storico-artistica dedicata alla pittura di Vermeer.
ERMINIO MORENGHI