ALZANO LOMBARDO (BG). Le strane circostanze e le improbabili vie attraverso le quali si generano connubi di significato tramite accostamenti di corpi fisici delle opere d’arte, che altro non sono che corpi significanti, spesso danno origine a percorsi inusitati, sia sul piano degli orizzonti che essi propongono, sia nei modi con cui questi possono essere raggiunti.
Una di queste inattese circostanze si concretizza ad Anzano lombardo, in provincia di Bergamo, nel complesso del museo d’arte sacra di San Martino che ospita dall’Accademia Carrara l’alcova di Ganimede. Un’opera tanto speciale per la committenza privata e per rappresentatività che essa porta con se come esempio di sviluppo di un tema profano a fronte di un elevatissimo campionario a tema sacro.
Il percorso museale in San Martino comprende la chiesa stessa consacrata in onore dell’omonimo santo e le annesse sacrestie, tre per la precisione, oltre allo spazio del museo vero e proprio.
In questo contesto trova collocazione nuova e permanente l’Alcova del Fantoni (e aiuti).
La Basilica di San Martino è suddivisa in tre navate affiancate da una serie di cappelle. L’ interno si presenta in stile barocco con decorazioni a stucco e intarsi di materiali preziosi a forme geometriche e fitomorfe, oltre a contributi di mani diverse di scultura in prevalenza Barocca.
Fra le molte decorazioni è però riconoscibile n particolare il pulpito, vuoi anche per l’isolamento parziale da altro per la sua sopraelevata esposizione (realizzato da Andrea Fantoni e Gian Battista Caniana).
Immediatamente percepibile la qualità del manufatto dalla complessità e i telamoni che sono esempio della maestria di questi artisti nel rappresentare la fatica espressa dal lavorio che le scene stesse esemplificano,sorreggendo la “coppa” simbolicamente figurata.
Ma non solo di scultura si parla: a completare la decorazione di questo spazio sacro, non mancano affreschi in pieno gusto tardo barocco frammiste a gusto neoclassico.
In questo contesto trovano spazio opere come la tela del “Piccio”, al secolo Giovanni Carnovali, che si fa spazio all’interno della Cappella del Rosario, portando con sé precocemente i prodromi di un successivo stile romantico.
La prima delle sagrestie è accessibile dal corpo laterale della Basilica, e questo consente di mantenere un clima, nel percorso non dispersivo come molti “stacchi”da ambiente a un altro.
In questo spazio sono conservati gli attedi e gli elementi liturgici, posti in grandi armadi intarsiati e inseriti in nicchie appositamente ricavate.
Si tratta dell”opera della bottega di Grazioso il Vecchio.
Nella realizzazione della seconda Sagrestia, invece, la gestione dell’impresa era già passata ad Andrea Fantoni, il quale ha lavorato per tutto l’iter in san Martino al fianco di Gian Battista Caniana nella decorazione degli arredi lignei.
Proprio in questa seconda opera congiunta si trovano, nella parte bassa delle sculture dove gli intarsi sono in legno pregiatissimo di bosso, le “virtù” sotto forma di allegoria, mentre il resto dell’opera è realizzato in radica e piuma noce, distinguibili per le cangianze delle venature del materiale ligneo sapientemente esibite.
La cimasa infine, riporta un martirologio, dove le scene dei martiri, drammaturgicamente proposte come di consuetudine per il periodo,sono alternate da racconti della vita di Mosè sulla sinistra e di Cristo sulla destra.
Si giunge così alla terza ed ultima Sagrestia, affiancata al palazzo seicentesco sede del Museo d’Arte Sacra San Martino e in precedenza dimora dei conti Pelliccioli del Palazzo.
Si giunge quindi, dopo un percorso di acclimatazione interiore attraverso gli spazi sacri della basilica, alla monumentale
Alcova di Ganimede, a metà strada fra scultura e architettura.
Opera di mano di Grazioso Fantoni il Giovane, nipote del più noto Andrea e figlio di Grazioso il Vecchio, commissionata da Gerolamo Sottocasa come dono nuziale per Elisabetta Lupi.
L’accostamento ai caratteri di un’architettura trova ragioni non soltanto nella monumentalità ma anche in termini di ripartizione stilistica e spaziale delle sezioni del corpo ligneo.
Si tratta infatti di una struttura con un arco centrale e due aperture ai lati, che ha il compito di dividere la camera dal letto coniugale.
Le decorazioni in legno, questa volta di tiglio, rappresentano icone allegoriche della famiglia dei Sottocasa: seguendo I modelli diffusi in scultura già nel XVI sec. Per questo genere di commissioni, si trovano sulla sinistra la casa a torre e l’aquila tipici dello stemma della famiglia.
Sulla destra invece sono rappresentati dei contadini che offrono a un’aquila dei pulcini: un’immagine che allude chiaramente, alla fonte di ricchezza della famiglia come proprietari terrieri.
Ai lati della monumentale opera di ebanisteria, si trovano due finestre sulle quali sono presenti quattro figure, anch’esse allegoriche, la prima di queste , quella da sinistra, rappresenta il “pensiero scientifico”, riconoscibile dal compasso, la seconda incarna la “poesia e l’arte”, rappresentate dal libro aperto e quasi proposto al riguardante.
La terza figura collocata sull’apertura destra ritrae in allegoria “l’alba di un giorno lavorativo”, un’immagine complessa, ripresa molte volte nella successiva pittura romantica e come figura letteraria. La natura e significato della scena sono intuibili dagli attrezzi di lavoro e dalla presenza del gallo addormentato.
L’ultima allegoria rappresenta la sera, facilmente riconoscibile dal vestito adorno di stelle e dalla inequivocabile fiaccola.
All’apice troneggia, la rappresentazione monumentale del mito di Ganimede posta sulla cima dell’arco centrale, capolavoro dell’artista che, da molti particolari, richiama per larga parte lo stile dello zio Andrea Fantoni.
Dal 1995 l’opera è stata esposta nel contesto dell’Accademia Carrara
Tuttavia l’allestimento del nuovo percorso inaugurato dopo la pandemia all’inizio del 2023, non ha trovato collocazione idonea per l’Alcova. Nonostante questo un’opera di tale importanza per l’area bergamasca e non solo, non poteva non essere esposta.
Ragioni di tipo pratico, tra cui il peso, le dimensioni e la fragilità, quindi la difficoltà dello spostamento delle parti del mobile, determinano l’impossibilità di far rientrare nel gruppo di opere esposte a periodi alterni nel primo piano dell’Accademia Carrara.
La scelta della collocazione nel museo di San Martino ad Alzano, gon un afgido decennale, risponde anche ai criteri di ricerca di un luogo che potesse valorizzare l’Alcova e che, allo stesso tempo, avesse pertinenza culturale e affinità, con l’opera stessa
LUCA NAVA