NARRAZIONE PLASTICA TARDOANTICA: IL SARCOFAGO “DI STILICONE” IN S.AMBROGIO

Scena della traditio legis fonte Wikipedia

MILANO. Non è mai sufficientemente sottolineato quanto la compostezza e la misura dell’arte plastica tardoantica abbia, in maniera subliminale, trasmesso nelle menti e nelle opere degli artefici medievali, un’idea altrettanto sublime di perfezione delle cose, riflesso della volontà di colui che le ha concepite.

Una perfezione che si invera foalmente nella giustezza delle proporzioni, che diverrà molto più tardi un caposaldo della dialettica umanistica in primis fra tutti dell’Alberti.¹

Il passaggio dalla tarda antichità all’alto medioevo, rappresenta un momento unico nella storia dell’occidente; un passaggio oltreché di secolo, anche e soprattutto alchemico nel quale cambia il pensiero del e sul mondo.

La riflessione da filosofica si fa mistagogica² piuttosto che puramente teologica e non c’è ambito dell’agire e del pensare, nonché del percepire intimamente, una condizione esistenziale che non sia mutata.³

L’escatologia già dal IV secolo, grazie alla presenza dei padri del deserto arriva precocemente a permeare tutti gli ambiti dell’esistenza e lo fa in un modo cosi radicale e viscerale che difficile, per l’uomo contemporaneo è riuscire solo a pensarlo.

Testimonianza di questo sono ad esempio le lettere pastorali di Gregorio Magno⁴ o le riflessioni di Agostino di Ippona, dello storico dei Longobardi Paolo Diacono⁵, dello pseudo Dionigi e di Proclo.

Tutti attori appositamente non distinti per fede o appartenenza religiosa ma per importanza d’apporti culturali, in una scena che fu teatro della vita di quei secoli di transizione fra basso impero e alto evo medio.

L’immagine, prima ancor della parola, in epoca di totale analfabetismo, la concretezza della scultura più che l’astrazione pittorica, furono veicolo immaginifico di formazione di immagini ideali e apotropaiche per i popoli germanici romanizzati nell’arco di poco più di due secoli.

I modelli tardo antichi e classici divengono così il medium ideale di trasmissione di valori, prima che cristianamente e puramente intesi, ibridizzzati con i dettami delle religioni naturali dei popoli scandinavi discesi a più miti latitudini e gradualmente assimilati quando non sostituitosi ai latini.⁶

Esempi di scultura narrante come quelli del cosiddetto sarcofago di Stilicone⁷ sono un esempio quasi puro di come la forma del duro marmo si renda duttile al modellamento che ne opera il pensiero filosofico-rappresentativo e teologico dei secoli V-°VIII.

Il sarcofago rappresenta un capolavoro dell’arte funeraria paleocristiana e deve il suo nome alla credenza che fosse stato realizzato per contenere le spoglie di uno dei protagonisti dell’età tardo antica ossia Stilicone; generale agli ordini dell’imperatore Teodosio e dopo di lui reggente durante l’impero del giovane imperatore Onorio.

L’opera monumentale doveva gua trovare collocazione già in antico nella Basilica Martyrum voluta da S. Ambrogio fra il 379 e il 386.

Allo stato attuale appare inglobata nell’ambone di epoca romanica, integrandosi e fungendo da base, individuando così due opere che segnano l’inizio e la fine del medioevo.

Scolpito su tutti i lati e sui frontoni questo sarcofago fornisce una delle più antiche austere raffigurazioni plastiche in cui è presente l’armonia degli esempi classici e gia si intravede quel processo di semplificazione, viatico per la nota austerità figurativa dei secoli VII – X.

Esempio di questa dinamica lenta ma percepibile sono la Natività, con il bambino Gesù in fasce, deposto nella mangiatoia e vegliato dai proverbiali bue e asino.

Sul frontale piu ampio , orientato verso nord si trova la scena della Traditio Legis⁸, dove Cristo consegna il rotolo della legge a Pietro.

Nella scena l’apostolo tiene sulle spalle una croce gemmata; presenti Paolo e degli altri apostoli.

Il lato orientale, quello verso l’ingresso, per come è orientata la basilica, presenziano alcuni episodi dell’Antico Testamento.

Quindi il peccato originale di Adamo ed Eva, immancabile, storie di Elia, Noè nell’arca, Mosè che riceve le tavole della legge, mentre sull’altra testata, compare il sacrificio di Isacco e quattro figure non ben identificate in veste togata.

Da ultimo il fronte meridionale conchiude e riallaccia la narrazione con la scena di Cristo docente fra gli apostoli.

Proprio nella docenza di Gesù si compie il senso di tutta la narrazione precedente.

La figura ancora connotata da una evidente rigidità, è mostrata seduta in trono, reggente nella mano sinistra un codice mentre la destra alzata nel gesto dell’oratore, più tardi mutuata come pantocratore.

È l’inizio dell’era cristiana e proprio in questo contesto si formano immagini iconiche che poi saranno reiterate per più di mille anni con poche varianti.⁹

Dunque ecco comparire attorno a Gesù i discepoli disposti in due gruppi di sei (anche la simmetria rientra nei principi di equilibrio), mentre ai suoi piedi è scolpito il simbolo cristologico dell’agnello.

Finezze che denotano una acuita sensibilita verso i sentimenti e l’indagine psicologica, corrispondente a una fase di ibridazione di contenuti filosofici e teologici innanzitutto, sono il viso giovanile e imberbe i Gesù come a indicare che il Salvatore è sì il maestro universale, ma la sua sapienza non deriva, similmente ai profeti presenti nelle altre fasce narrative del sarcofago dall’esperienza o da una qualche ispirazione.

Osservando le fattezzevdel Cristo è la sua bellezza e la freschezza apollunee totalmente fuori dal tempo, si manifestano in questo contesto la sua eternità, la sua eterna giovinezza quale attualità dei suoi contenuti rivelati tramite Logos¹⁰ di valenza, ovviamente, eterna.

Di contrappunto alla scena or ora descritta eminentemente cristocentrica, si impone la forza con cui viene rappresenta l’unità del consiglio apostolico: evidente allusione all’ immagine stessa della Chiesa e quindi dell’intera comunità dei fedeli.

Questa è ritmicamente ordinata ed evocata nelle arcate di fondo, realizzata con abilissimi sottosquadra a trapano, e nella compattezza delle figure d apostoliche poste a vicinanza evidente e quasi congestionante, ad esprimere la concezione cristiana della “prossimità” ¹¹e quindi dei passaggi di consegne per l’amministrazione dell’ordine divino in terra.

Una prospettiva escatologica che si imprime in rilievi di complessa e visione cristologica¹² che, qualora non fosse iconografia dettata da sant’Ambrogio in persona, ne incarna certamente il pensiero. Questo specialmente nel gioco di archi e movenze dei personaggi e oggetti, situazioni e allusioni a eventi significanti della tradizione evangelica che assume aspetto di narrazione palindroma, qualora si volesse scorrere le scene di verso e recto, si troverebbe da un lato la prefigurazione, dall’altra l’attesa di un evento vissuto ma completamente nuovo nel modo interiore di manifestarsi.[…] Bibliografia su richiesta.

LUCA NAVA