NEOCLASSICO E ROMANTICO: POMPEO MARCHESI, SCULTORE COLLEZIONISTA ALLA GAM

Francesco Hayez, Betsabea, penna e inchiostro, pennello e inchiostro diluito bruno e grigio, biacca su carta, Milano, Castello Sforzesco, Gabinetto dei Disegni. © Comune di Milano, tutti i diritti riservati –Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, Milano. Immagine inserita al solo scopo di presentare la mostra; fonte: press kit uf stampa My Com Factory

MILANO. “Le sculpture à la mode de Milan” così Stendhal definì Pompeo Marchesi, lo scultore a cavallo tra il neoclassicismo e il romantico, in mostra ai musei civici di Milano fino al 13 giugno.

L’esposizione alla Gam, intitolata ‘’ Neoclassico e Romantico –  Pompeo Marchesi scultore collezionista‘’ vuole raccontare attraverso la collezione dell’artista, la sua impresa artistica nella Milano tra era napoleonica e restaurazione. Inoltre per la prima volta affianco a Marchesi, compaiono altri personaggi illustri vicini alla sua persona, come Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Infatti, Pompeo stesso, compì gli studi in Accademia e divenne successivamente professore di scultura, dopo il pensionamento romano presso Antonio Canova a Roma.

Oltre che scultore, Pompeo Marchesi era anche collezionista. La sua raccolta ,  donata alla città costituisce l’avvio delle collezioni artiche municipali e il nucleo della Galleria d’Arte Moderna. Attraverso le opere provenienti dall’atelier, si ricostruisce  la complessità della sua collezione, avvalendosi del contributo di diversi istituti civici. L’esposizione è anche un’ occasione per vedere i risultati dei recenti restauri compiuti sulle sculture, accostate a disegni preparatori, schizzi, incisioni e opere inedite provenienti dai depositi del museo

L’esposizione è composta da 5 sezioni, i colori degli spazi sono in varie sfumature di grigio, dopo essere entrati nella prima sezione, dove insieme alle sculture di Marchesi, sono presenti dei dipinti di pittori celebri, come un quadro di Francesco Hayez che ritrae lo scultore stesso, si prosegue nella seconda sezione, dedicata allo studio dell’artista. Qui il pezzo più importante della sua collezione  è sicuramente il bellissimo modello in gesso della statua di Ebe di Canova,  ricordato dallo scultore come opera a cui era più affezionato e fonte di ispirazione del classicismo che condizionò buona parte della sua ricerca artistica. La grazia delicata della coppiera degli dei trovava un corrispettivo nell’opera di Andrea Appiani, di cui Marchesi possedeva splendidi studi per gli affreschi di San Celso, disegni per il grandioso ciclo dei Fasti napoleonici ma anche raffinate riproduzioni in miniatura.

Entrando nella terza sala si entra finalmente nel fulcro del lavoro dello scultore: bozzetti , gessi e modelli, restaurati in occasione della mostra ed addirittura esposti per la prima volta.

Classicista e perfetta nella forma, quella di Marchesi è una scultura  in equilibrio tra la ricerca di una bellezza ideale ed eterna, mutuata da Canova, e lo schiudersi di una più moderna sensibilità  romantica, che caratterizza la scena artistica milanese, dominata da Francesco Hayez: grande amico di Marchesi, finirà per influenzarne l’opera, contribuendo ad aggiornare la scultura della sua epoca.

Il confronto tra studi, bozzetti e modelli finiti permette di ricostruire intere serie iconografiche e di seguire lo sviluppo dell’opera dalla prima idea alla sua realizzazione finale, attraverso ripensamenti e modifiche. Il contrasto tra l’inaspettata forza dei bozzetti, quasi anticlassici e la levigata perfezione dei gessi sembra tradurre l’indicazione di Wichelmann di ‘’ ideare col fuoco, ma eseguire con serenità’’.

La quarta parte, è rivolta alla vasta raccolta di disegni che Marchesi collezionò lungo tutta la sua vita, conservata al Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco. Oltre ai nuclei di disegni di quelli che lo sculture considerava i suoi maestri – esposti nelle sale precedenti – collezionò un gran numero di opere di suoi contemporanei, dando alla raccolta un gusto estremamente contemporaneo per la sua epoca, specie per un artista considerato classicista come Marchesi. Oltre ad Appiani, troviamo illustri come Luigi Ademollo , Francesco Sabatelli o Pelagio Palagi. All’ amico Francesco Hayez appartiene forse il disegno più bello di tutta la collezione, la sensuale ‘’ Betsabea al bagno ‘’ . Molte sono le opere di artisti che Marchesi conosceva e frequentava e la loro acquisizione dovette essere frutto di doni, scambi, viaggi o acquisti diretti.

Infine nell’ultima sala, si scopre che tutto il suo vasto patrimonio artistico non viene lasciato ai luoghi culturali del tempo, come l’Accademia oppure la Biblioteca Ambrosiana, bensì all’intera città : Marchesi decise che  alla sua morte, avvenuta nel 1838 di lasciare tutto in eredità al comune di Milano, che grazie all’intermediazione dell’avvocato dello scultore, accettò il dono nel 1862, all’indomani dell’unità d’Italia. Primo di una lunga serie di doni di artisti e collezionisti che si susseguirono nei decenni successivi, il lascito di Marchesi si pone quindi alle origini delle collezioni artistiche civiche.

Un lascito che non comprende solo le sue opere, ma anche la sua intera collezione, fatta di artisti a lui contemporanei.  Un gusto quindi appartenuto a un’intera epoca, diviso oggi tra i principali poli artistici della città :  dal Museo Archeologico, al Gabinetto dei Disegni, dal Museo d’Arte Antica alla Raccolta delle stampe Achille Bertarelli. Il numero maggiore di opere è però conservato alla Galleria d’Arte Moderna: il museo fu inaugurato nel 1903, ma il suo nucleo fondativo va rintracciato proprio nella collezione di Marchesi.

Concludo affermando che la mostra è un piacevole viaggio per scoprire al meglio una Milano dell’800, ricca di storia e non troppo lontano dai nostri giorni come può sembrare.

FEDERICA RODI