PAESAGGI: DA MIGLIARA A PELLIZZA DA VOLPEDO AL CASTELLO DI NOVARA

Giovanni-Segantini, Mezzogiorno Alpi -1891, press kit uf stampa della mostra

NOVARA. Il Castello di Novara ospita, fino 6 aprile 2025, una mostra incentrata sul paesaggio fra Lombardia e Piemonte, la presenza di sale di diversa cromia, indica già di per se un ambito di trattazione diversa di temi e soggetti, e c’è da elogiare la scelta dell’allestimento in questa mostra novarese.

Si, perche sono oltre settanta i Paesaggi che illustrano l’evoluzione della pittura di paesaggio tra Piemonte e Lombardia, lambendo la Liguria dagli anni Venti dell’Ottocento al primo decennio del Novecento e uno sfondo monocromo non sarebbe stato di alcun aiuto nella comprensione dei criteri di allestimento e nella scansione dei diversi ambiti.

Sarebbe facile, all’inizio dell’itinerario interno algli ampi spazi del castello, aspettarsi di Immergersi nel clima del romanticismo teutonico e di riflesso in quello franco-fiammingo, almeno per quello che riguarda una rappresentanza di carattere introduttivo a quelle che sono state le correnti culturali europee del XIX secolo, dal romanticismo alla secessione e quindi al simbolismo.

E invece ci si trova a percorrere le vie dell’Italia settentrionale nel pieno XIX secolo con tutte le bellezze paesaggistiche e anche le forti contraddizioni socio politiche che, a frangenti, emergono, specialmente la dove i soggetti rientrno nella pittura di genere.

Tra gli autori che concorrono a dipingere quel secolo, alcuni dei protagonisti dell’arte attivi in Italia e in qualche caso in Europa; fra questi i capofila dell’arte documentaristico come Giovanni Migliara da cui prende avvio titolo ed esposizione, ma proseguendo poi con personalità di forte pregnanza simbolista quali Segantini, Pellizza da Volpedo e Previati come outsider considerato in alcune prove di inclinazione particolare.

Si precorre un itinerario variegato che va dalle campagne ai monti di Lombardia, Piemonte e I contesti valligiani e costieri della Liguria: un area ristretta, ma che ben condensa il sentimento comune della parte settentrionale dell’Italia di allora, che si può soltanto identificare come area geografica e non politica, almeno non fino al 1861 e per il Friuli / Trentino l’inclusione è da spostarsi circa dieci anni piu avanti.

Presenti alcuni grandi artisti operanti in questa terra che è possibile vedere attraverso il loro operato, calato nelle suggestioni delle ampie vedute che determinano i territori ricchi di varietà. Dalle vette alpine alle trasparenze dei laghi, dalla campagna fino al mare, ma senza ignorare il mondo del lavoro dei campi e delle vie dei borghi cittadini e della vita comune.

L’itinerario si svolge in nove sezioni che

cominciano con l’area di influenza romantica: qui si trovano le vedute di Giuseppe Canella o i paesaggi “istoriati” ovvero legati a episodi di storia particolare, genere nel quale eccelle Massimo d’Azeglio.

Il naturalismo romantico d’oltralpe, sia tedesco che Franco-fiammingo e la sua influenza sul paesaggismo italiano stimolano lo studio della natura dal vero, aprendo la strada a nuove ricerche, come succede nella localita di Rivara, in Piemonte e in alcune aree valligiane lombarde.

Da segnalare in questa sezione, quale nota di nota di maggiore attenzione, è il dipinto con soggetto “il Vespero”, di Antonio Fontanesi, realizzato en plen air.

Parte importante, in un contesto di forte cambiamento di equilibri politici e riflessioni sul paesaggio, alla vigilia dell’esordio dell’era industriale, sono certamente gli Incontri e sodalizi artistici in luoghi come i caffè che da sempre gli artisti amano frequentare: in tali contesti nascono e si sviluppano le poetiche realiste.

Il tutto poi si traduce in un dipingere in varie località piu disparate e amene, e sono luoghi che spaziano dalle aree cittadine lombarde al Canavese alla provincia di Imperia-Savona.

Merita menzione particolare in questo contesto l’opera dal titolo” Sulle rive del lago del Bourget”, datato 1864, di Antonio Fontanesi.

Importante, secondo chi scrive, è rilevare le note di fortissima tensione emotiva che tuttavia resta latente nel lirismo nei dipinti di Fontanesi, non meno che in quelli di Avondo imitati con discreto risultato degli altri artisti della “scuola di Rivara”.

Un intimismo e una forte solitudine percepita è quanto traspare da queste immagini; a fronte di paesaggi dal languore metafisico e da un rapporto con gli animali e l’elemento boschivo e della brughiera che non tornerà più nei pittori a venire, che da questi muoveranno, e che si vedono procedendo da qui in avanti nell’itinerario proposto.

La datazione del dipinto di Fontanesi è indicativa anche che i tempi erano maturi per il passo ( azzardato?) verso la pittura di impressione indagata nella quarta sezione.

Questa si apre con il segno rinnovato en plein air di Filippo Carcano, autore di cui alcuni lavori di piccolo-medio formato, sono comparsi gia in una recente mostra alla villa reale di Monza dedicata al paesaggio.

Carcano è autore di laghi soprattutto, e paesaggi affini a questo climax, affrontati con un nuovo linguaggio un po difficile da “digerire” dopo le pitture smaltate e laconiche di Avondo e Fontanesi.

Ma Carcano rende al meglio “l’impressione del vero” o meglio, i limiti dello sguardo fugace dal vero che risente della mancata contemplazione ma, appunto dell’impressione; si veda a titolo di esempio “La quiete del lago datata 1878.” Con “L’Isola dei Pescatori”Filippo Carcano segna l’approdo del naturalismo lombardo a nuovi orizzonti e la diffusione del nuovo linguaggio datto di tinte comolementari e tratti nervosi e bozzettistici e si inoltra in quella tendenza del Naturalismo che documenta con luoghi anche gli aspetti poi ordinari della vita e delle abitudini di chi quei luoghi li vive e che prendono le distanze dalla pittura ancora fortemente statica e scenica di Paolo Sala dal quale le differenze si possono apprezzare poiché i due sono esposi vicini non a caso.

Ci si riferisce quindi tanto alle aree rurali della Pianura Lombarda quanto al naturalismo calato nel paesaggio urbano.

La ricca sezione dedicata a quest’area merita almeno la citazione di opere come

“Tra i Navigli e il Carrobbio”, che data 1880 e non da meno importante “Sotto la neve” del 1881: due opere di un sontuoso quanto ermetico, Giovanni Segantini che intrattiene il “discorso” milanese con uno dei capisaldi nelle vedute( dopo Migliara) ovvero Mosè Bianchi, presente con “Milano di notte,1886” e anche “le colonne di San Lorenzo”. Un classico del repertorio di questo periodo a Milano.

La Lombardia delle prealpi è colta con incedere luministico quasi ansioso e crepuscolare da Leonardo Bazzaro con “all’Alpino” .

Bazzato è artista di con sottili sfumature sia cro.atiche che luminose e variazioni tonali infinite.

Dalle Prealpi si passa all’alta montagna con Lorenzo Delleani ” il lago Mucrone” e dinuovo Filippo Carcano con “Dall’alto ,1895 e Il ghiacciaio di Cambrena 1897.

Contemporaneamente in questi anni pervasi da un vento simbolismo proveniente da nord delle Alpi che trova nel paesaggio la via sperimentale.

Tra le opere in sala che ben esemplificano queste novità “Mezzogiorno sulle Alpi” 1891 e “L’amore alla fonte della vita 1896” di Giovanni Segantini

La mostra volge al termine come da titolo, con l’opera dal titolo “Sul fienile 1894, di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

C’è anche un curioso accostamento di due versioni dipinte a distanza di 25 anni sullo stesso tema da Angelo Morbelli i centrati sulla “Nebbia domenicale”1890 e “Alba domenicale” 1915 in cui si coglie parte dell’evoluzione del linguaggio.

A Pellizza è stato riservato un particolare itinerario denominato appunto, “Pellizziano” che avvia verso la chiusura di una mostra dallo sforzo organizzativo e qualitativo molto alto, e che invita all’approfondimento della figura di Pellizza, quale artista tra i più incisivi del suo tempo.

-“Paesaggi ritrovati” di Pellizza da Volpedo- da conto dei tre paesaggi ritrovati, prima noti solo in foto in bianco e nero.

Al Castello di Novara presenzia “La Clementina”, 1906, che peraltro introduce come accade sempre più spesso in mostre di questa portata, a un estratto del docufilm “Pellizza Pittore da Volpedo”

LUCA NAVA