PAESAGGIO E AMBIENTE: DIPINTI DI GRANATA E PROGETTI DI BRAGHIERI IN MOSTRA

Un’opera di Attilio Granata

SOLZA (BG). Il Castello Colleoni di Solza ospita dal 7 ottobre (inaugurazione dalle ore 17:30 alle 21:00, evento collaterale: domenica 15 ottobre alle ore 18, concerto con arpa celtica di Danilo Marzorati) la mostra “Paesaggio e ambiente” con dipinti di Attilio Granata e progetti di Franco Braghieri.

“Nella XIX giornata del contemporaneo 2023, promossa da AMACI, viene proposto, come principale tema attorno al quale sviluppare le proposte artistiche, quello dell’ecologia.

Accogliendo la tematica, sempre attualissima, si è scelto, con questa mostra, di intendere in modo trasversale il termine “ecologia”, conferendo ad esso caratteri più ampi e sviluppati tramite le opere in esposizione e le personalità degli autori.

I due protagonisti di cui si propongono le opere negli spazi espositivi del castello Colleoni, sono anche le due personalità, in memoria delle quali è nata la Fondazione che porta i loro nomi e che promuove attivamente eventi culturali, legati all’arte in tutte le sue manifestazioni nonchè alla valorizzazione ambientale.

Attilio Granata e Franco Braghieri sono state due personalità per certi aspetti diverse e per altri piuttosto simili e accostabili, uniti idealmente nel loro percorso formativo e umano, attraversando come è toccato loro in sorte, quel periodo ricco di contraddizioni che è stato quello precedentei e successivo alla seconda guerra mondiale.

Chi scrive ha potuto ascoltare dalle parole dei figli quali fossero alcune delle peculiarità reciproche, le quali vengono ulteriormente chiarite e confermate dal loro lascito artistico, di cui questa mostra ne è un piccolo estratto.

Geometra di formazione Franco, e musicista Attilio e in seguito pittore, nella sua versione, diremmo cosi, arricchita artisticamente, i due si sono orientati, attraverso l’umana e fortissima esperienza bellica, e guidati da principi di carattere morale che li avvicinano, per quanto i percorsi soggettivi reali siano stati diversi.

Attraverso il diario di viaggio, “TERRA STRANIERA”, Franco descrive il suo trasferimento, a seguito di un principio di polmonite, dal fronte in Montenegro alla Germania meridionale.

Dalle frasi e dai pensieri annotati, sono palpabili, sentimenti contrastanti verso gli attori di quel teatro umano: emerge altresì nitidamente lo slancio verso gli affetti famigliari, agognati e percepiti molto lontani. Uno stato d’animo e una preoccupazione a cui si aggiunge anche per il timore per la propria salute, già precaria prima di giungere in terra straniera e ancora restia a migliorare.

Sono la famiglia e il desiderio di ricongiungimento ad essa che sostiene Franco in quei momenti difficili, manifesti sotto forma di auspici migliori, affidati al diario le cui pagine datano 1944.

L’attività di Franco come progettista, è sempre stata orientata al raggiungimento di un equilibrio fra contesto ospitante l’architettura e gli spazi interni di questa.

Un’attenzione volta a un connubio armonico con l’ambiente, ma finalizzato altresì a far divenire l’architettura un medium perché potesse avvenire una osmosi fra il contesto naturalistico e le persone che lo avrebbero vissuto.

In questo senso il progetto realizzato, diviene membrana osmotica ideale, fra elementi appartenenti a una dimensione fisica, concepito con la massima attenzione a questi aspetti di equilibrio fra ampiezza e ripartizione degli spazi, ma che evidentemente trovano il loro equilibrio dinamico soprattutto tramite aspetti percettivi e sensazionali, quindi appartenenti in larga misura alla sfera emotiva; componente onnipresente nel pensare e nell’agire di Franco.

La ricerca costante di questi risultati, si è tradotta in scelte professionali ben precise, con l’impegno in progetti che non comportassero la realizzazione di grandi complessi abitativi o industriali, che difficilmente avrebbero consentito l’aderenza ai criteri progettuali non solo di ergonomia e proporzione di cui sopra, ma anche di quell’aspetto valoriale fondamentale e tuttavia consistente in un patrimonio immateriale.

Di questa visione fortemente sensibile alla creazione di spazi a misura d’uomo, intendendo con il sostantivo “uomo” anche e soprattutto l’aspetto della dimensione animistica, che inevitabilmente deve transitare dalla considerazione del contesto ecologico, si è scelto di proporre le fasi progettuali della casa che Franco ha pensato per la figlia Daniela.

Sono illustrate alcune fasi dell’approccio progettuale, con tavole che illustrano la cura nel trasporre tutti gli elementi considerati fin qui, in qualche caso particolare, realizzati con compiaciuto indugiare sugli aspetti descrittivi.

Negli spazi interni della casa pensata per una famiglia numerosa, ma soprattutto con la volontà di far coincidere lo spazio abitato congruente con l’attività ivi svolta, si fa largo al contempo la considerazione non secondaria, dello stato d’animo di chi quegli spazi li abita, con la quale questa creazione viene vissuta, individualmente e in rapporto con l’alterità.

In questo senso l’aggettivo “ecologico”, riferito all’atteggiamento mentale, dell’approccio all’opera progettuale, è da intendersi come la ricerca di un contesto in cui l’ecologia dell’ambiente domestico, famigliare, diventa spazio di crescita soprattutto valoriale, dove per valoriale qui si intende una sfera che comprende molti aspetti: rapporti famigliari, componente religiosa, evidentemente vissuta nella riservatezza e nelle modalità personalissime, una morale che guida i rapporti con gli altri, e nell’esercizio del proprio lavoro, e molto altro ancora.

Si parla di una famiglia animata da questo contesto ed essendo questa il primo, elementare nucleo di una società, in prospettiva, tale carattere potrebbe riflettersi all’esterno, beneficiandone cosi anche quella parte di società che ne entrerebbe in contatto e dialogo.

L’esposizione di alcuni strumenti del lavoro di Franco Braghieri, quali squadre, tavole logaritmiche, lenti magnificatrici e altri oggetti del mestiere, oltre che avere il ruolo di completamento nella descrizione del conteso operativo di cui si va raccontando in mostra, marca altresì il passaggio di un tempo e di innovazioni tecnologiche intercorse, tali che, quello descritto dai suddetti strumenti, rappresenta un mondo e una concezione dell’operare ormai non più esistente.

Attilio Granata, accomunato a Franco dal medesimo percorso che lo porta a transitare dall’esperienza bellica, trova nello spostamento della sua compagnia in quel di Mentone, in area francese, un continum con quello che sarebbe stato il percorso della sua vita.

A Mentone conosce infatti la futura moglie mentre la località marittima diverrà oggetto dei suoi dipinti e pretesto soggetto sperimentale verso nuove soluzioni artistiche.

Solo dalla fine della guerra, ma già, in particolare dal 1944, data significativa anche per Franco, perché segna, oltre la fine delle ostilità, anche il ritorno fra gli affetti, Attilio da corpo concreto alla sua attività di musicista presso l’orchestra sinfonica in RAI, mettendo a frutto i dieci anni di conservatorio precedenti.

Oltre a questo, l’ospitalità presso il Pittore Gianni Maimeri nel momento di fine del conflitto a causa l’inagibilità della propria casa milanese, abbattuta dai bombardamenti, deve aver animato la vena artistica , ora anche virata in pittura, del Granata

A suggello di questa vocazione, la scuola di disegno del castello Sforzesco, frequentata da Attilio è la tappa ulteriore che conferma il serio impegno in questo senso, dell’artista.

L’ambiente RAI è frequentato da personalità artistiche e non, di vario genere e grado, dunque Attilio ha motivo di continui confronti con coloro che poi avranno a descriverlo come riservato, a tratti burbero, molto critico soprattutto con se stesso e quasi sempre insoddisfatto.

Personalità razionale, quella di Attilio, che cerca nell’equilibrio nella matematica armonia musicale, di far defluire l’energia emotiva mossa da una sensibilità che sempre resta non manifesta e carsica, pronta a riemergere attraverso l’espressione pittorica.

E’ la sua, una forma che privilegia il tratto di una realtà che percepisce cangiante, anche e soprattutto, come per Franco, negli aspetti valoriali, e nei suoi bozzetti preparativi per i dipinti (ma anche come creazione autonoma), mostrano spesso una linea aperta, talvolta spezzata, sempre passibile dunque di una correzione, prima di essere definitivamente conchiusa.

Il ruolo del colore nei dipinti, talvolta irregimentato da un disegno di fondo, spesso diviene invece unico attore dell’opera e ne definisce volumi e connotati formali.

Per alcuni aspetti, l’opera di Attilio Granata è stata guardata e accostata, quantomeno come derivazione, da chi ha avuto modo di conoscerlo, primo fra tutti il critico d’arte Raffeele De Grada, a una vena diretta con un cubismo alla Braque, accostamento del quale Attilio, se da una parte non simpatizzava, dall’altra ne era anche compiaciuto.

Quel che è evidente e riscontrabile nelle opere paesaggistiche, è una marcata sensibilità per la restituzione atmosferica omogenea e onnicomprensiva del contesto, oggetto dell’opera.

Che si tratti di Vedute, ritratti, nature morte, posto che ognuno di questi generi pittorici porta con se motivazioni originali, per esistere nel loro sviluppo tematico, il clima che ne emerge è quello di una partecipazione emotiva e, direi,di sensibilità tipica del tempo, con la quale il contesto viene restituito: tonalità cromatiche accomodanti, contorni che si fondono, luce che avvolge e omogenizza il tutto in un tono atmosferico calmierato, specchio di quello interiore.

Il secondo dopo guerra, come noto, è dominato, artisticamente dalla corrente culturale/artistica del realismo sociale, funzionale anche alla classe politica allora emergente, ma al di là di queste considerazioni più allargate, si rileva nell’arte di Attilio Granata, anche la forte vena intima che percorre, come per Franco Braghieri, il suo operare.

L’urgenza e l’estro muovono entrambi i nostri due, (la cui opera oggi viene temporaneamente accostata), nella definizione di una realtà, che prima che essere musicale, progettuale, pittorica o poetica, è innanzitutto valoriale, testimoniata in primis dai figli e in secundis da coloro che in vita, per un frangente li hanno conosciuti.

La Fondazione che oggi propone di conoscere parte del loro lascito mostra altresì, la volontà di diffondere una coscienza ecologica del vivere, costituita da rapporti umani con la necessità di maggiore autenticità da un lato da un altro quello di una coscienza ecologica intesa in senso allargato, di un ambiente valoriale più ricco e animato da valori condivisi, in modo autentico. Il raggiungimento di questi obbiettivi passa attraverso la promozione culturale sotto varie forme e di consentire o agevolare l’acquisizione di questa visione allargata della vita comprensiva dell’alterità, in qualunque forma o modalità essa si presenti, nel percorso individuale di ciascuno”.

LUCA NAVA