LECCO. L’avvicendamento per via di graduale ibridazione degli elementi che denunciano un’appartenenza a un’epoca e a uno stile, è fenomeno che investe tanto l’architettura quanto le decorazioni, siano esse considerate come immagini-oggetto, cosi come solo nella dimensione di immagine.
La strutturazione e la scansione dello spazio fisico nei complessi degli edifici religiosi fra XII e XIII secolo, mostra non solamente una organizzazione dei luoghi sulla base delle loro funzione pratica, ma contribuisce alla creazione di uno spazio mentale ben scandito in fatto di gradualità di importanza e sacralità.
Gli edifici di culto e le chiese in genere, ma in particolare quelle appartenenti alla nomenclatura di priorati e chiese monastiche, nei secoli considerati erano anche luoghi di sepoltura dei defunti: personaggi notabili come regnanti o condottieri nel caso di priorati, monaci e abati nel caso di centri monastici.
Per il fedele, ma anche per la persona non particolarmente religiosa, avvicinarsi all’area dell’edificio di culto è avvicinarsi a una dimensione che non contempla più soltanto un mondo di vivi, ma un altra che è strettamente collusa con quella dei morti: il rapporto con la morte, naturale alternativa alla condizione del fedele, diventa un fatto ineludibile e portato alla presenza e alla consapevolezza sempre maggiore e alka necessitàdi attivarsi per la salvezza.
Quando successivamente alla fine del XlI secolo le sepolture trovano spazio anche nel campo santo, predisposto a tale scopo, lo spazio fisico della sacralità legato all’area di culto assume estensione e influenze diverse.
L’aurea sacrale si estende gradualmente in termini di intensità percepita e questo si verifica con dinamica di espansione a cerchi concentrici, con densità che raggiunge il suo apice nella zona del santuario della chiesa, e minima alle soglie della stessa.
Lo spazio interno all’edificio di culto è poi ulteriormente diviso da plutei decorati( lontana memoria delle postazioni degli imputati nelle basiliche civili di età repubblicana e imperiale), antistanti il presbiterio con funzione di separazione della zona del coro e del catino absidale.
Questi apparati architettonico/decorativi possono essere parzialmente limitanti: un esempio efficacissimo è quello della chiesa di S.Pellegrino a Bominaco (1263) o anche quello della antica basilica romanica di San Galliano a Cantù (immagini).
In questi esempi il limite è di natura fisica e consente ai catecumeni o fedeli solo un contatto parziale, in prevalenza visivo, con i consacrati celebranti i riti.
Altre volte la chiusura imposta e la conseguente sottolineatura di divosione sacro/mondano, assume aspetto che si esaspera con l’adozione dello Jubè gotico gia a partire dal XI secolo per poi assumere carattere architettonico vero e proprio nel XIII secolo.
Lo Jubè chiude quasi completamente l’area di contatto, non solo visiva ma anche fisica, come accade ad esempio nella cattedrale di Naumburg in cui il presbiterio è interdetto ai laici, se non per una piccola scansia corrispondente al passaggio nel santuario (immagine).
La scansione degli spazi, crea una gerarchizzazione di sacralità e di importanza anche fra i fedeli: in primis differenza fra chi ha operato la scelta di rinuncia al mondo e invece l’adesione alla vita consacrata, e coloro che nel mondo sono rimasti.
Questo aspetto dicotomico ricalca un significato che è presente già nella divisione fra area sacrale e le cose del mondo esterno, con un parallelo implicito fra mondo, ricettacolo di tutti i mali e tempio come luogo del bene.
Questa visione trova motivazioni non soltanto religiose ma anche di carattere filosofico e di riflessioni sulla natura dell’anima, che nel XII secolo si arricchisce di interpretazioni sempre più ricche del Corpus Aeropagiticum e delle traduzioni di Alessandro di Afrodisia.
In virtù di questo tipo di visione, I templi di culto si presentano come una porta di ingresso nella dimensione sovranaturale, e i riti officiati, i libri sacri, i modelli salvifici da celebrare e seguire, sono la strada che apre alla salvezza dell’anima, oppure alla condanna eterna.
Le decorazioni che compaiono sugli edifici di questo tipo, mostrano fra XII e XIII, una scelta iconografica e un posizionamento all’interno di questi contesti architettonici che assolve a precise funzioni e motivato da gerarchie di importanza ben definite.
LUCA NAVA