CONVINZIONI RELIGIOSE E DILEMMI: L’ARTE E LA LETTERATURA NE FANNO MEMORIA

Abelardo ed Eloisa sorpresi da Fulberto (Jean Vignaud, 1819), fonte immagine Wikipedia

MILANO Per quanto possa sembrare questione di difficile conciliazione, quella della condotta morale, di pratica religiosa, afferente poi alle scelte della vita concreta, soprattutto negli aspetti relativi alla sfera emotiva e sessuale e della forza generativa annessa e infine dei principi valoriali( pur sempre soggetti a continui adattamenti epocali) fin dal medioevo trovavano come unica condizione possibile e concepibile dell’esistenza di questi aspetti, quella della necessaria e invocata conciliazione delle parti.

Nella trattazione che ne fa la letteratura artistica e quella di carattere più eminentemente filosofico-antropologico¹, il tema della necessità di osservanza di principi, più che di regole, riguardanti la sfera morale, etica, e di integrità anche personale/fisica, emerge un dato i equivocabile. Questo riguarda l’ineludibilità’ dell’osservanza di radicali questioni di carattere antropologico al fine non soltanto del progresso ( o l’estinzione ) di una civiltà, ma anche del destino e dell’equilibrio delle vita della singola personalità.

A titolo esemplificativo, nel secolo scorso l’antropologo Claud Levi-Straus rilevo’ come in ogni civiltà di ogni epoca, da quelle più pacifiche a quelle più sanguinarie, si differenziavano gin nell’organizzazione interna in tutto, tranne che in un aspetto.

Lo studioso rilevo’ insieme a Ferdinand de Sasseure, che in tutte queste la pratica di incesto era considerata come un’onta, qualcosa guardato con orrore.

I motivi risiedono per buona parte in ragioni evoluzionistiche, ma è impensabile basare una dinamica tanto ricorrente a un processo razionalizzante: ragioni profonde, radicali, costituenti la natura stessa del genere umano, specie uomo, ( ma non solo) impongono il rispetto di un tale principio.

La tragedia greca, con le vicende di Edipo fornisce di converso, la dimostrazione di quale sia l’epilogo nel disattendere un tale principio “di natura”.

La questione morale non può essere disgiunta dunque dalla manifestazione dei caratteri impulsivi della spinta generativa e a tal proposito un’altra vicenda nella storia più recente del medioevo europeo, torna ad essere esemplare.

La castrazione di Abelardo è esempio palese di questa altissima sensibilità verso temi che reclamano la loro urgenza e considerazione sopra ogni altro aspetto della vita.

A questo esempio si affianca poi la punizione Virgiliana nei confronti della regina romana

Numerosi esempi di arte plastica (ma non solo) legati alla questione morale e nel contesto della disputa sugli “universali” mostrano che la conciliazione degli aspetti sopracitati erano vissuti con consapevolezza variabile e trasversalmente nei vari livelli societari, conseguentemente a come venivano concepiti, secondo un ordine cosmogonico di ispirazione divina.

Proprio per questo non scandalizzava ( fra lX e XV secolo) la presenza nei chiostri e refettori, la trattazione della tematica in questione tramite nudi e atti di esplicita concupiscenza del mondo animale, umano e la collusione fra i due, su di alcuni dei capitelli, fregi o portali che si incontravano negli spazi monastici.

Difficile da aggettivare con una parola, l’apparato decorativo che si può incontrare in siti di età compresa fra IX e XII sec, specie in Francia, in Fiandra o nei centri monastici dei granducati della penisola italica.

Certamente parte di questi esempi scultorei per la sensibilità moderna potranno essere considerati arte profana, oscena, fortemente sessualizzata, misogina o considerazioni affini, ma solamente da chi non abbia ancora avuto la capacità di sviluppare la visione unitaria della realtà, come invece era percepita autenticamente ovvia nell’antichità classica ed ellenica, nonché nel medioevo presso i centri della cultura, vale a dire monasteri, Abbazie di vario ordine e grado e scuole cattedrali e dal XII sec. nelle università.

In questa sede si intende eludere le considerazioni della sensibilità moderna e del comportamento relativo, che guarda con favore e normalità alla promiscuità e alla facilita dei costumi, specialmente della sfera sessuale, per vagliare invece gli esempi dati dalla storia e dall’arte plastica, come manifestazione da leggere e decodificare e concentrarsi cosi su aspetti inerenti il tempo nel quale le opere stesse sono nate e che per certo verso sorprendono al riguardante nel XXI secolo.

Potrebbe sembrare aberrante l’idea cristiana medievale secondo cui i peccatori saranno puniti attraverso gli organi della loro concupiscenza, come si vede nelle serie infernali del fiammingo Hyeronimus Bosh( che a sua volta mutua alcune iconografie dal bestiario presenti negli edifici e dei centri monastici vicini a Hertogenbosh.

L’Idea di una punizione su principio morale legata al comportamento sessuale è mantenuta salda da Prudencio nella sua psicomachia dove definisce Lussuria (che lui chiama Libido) figlia di Sodoma che, armata di una torcia, attacca la Castità con una legna ricoperta di gocce di resina.

È utile ricordare che Aurelio Clemente Prudencio (in latino Aurelius Prudentius Clemens; Calahorra, 348 d. C, . 410) è stato un poeta ispanolatino conosciuto semplicemente come Prudencio, Il cui luogo di nascita potrebbe essere Calagurris o anche Calahorra.

Tuttavia, tempi più vicini al medioevo inoltrato, quando i temi morali legati ai principi religiosi delle origini del cristianesimo si sarebbero consolidati, hanno lasciato esempi e commenti sulla questione morale e il corpo in intellettuali dell’importanza di Pedro Abelardo, punito da colui che ha preso la legge per mano sua, ovvero il nobile vassallo imperiale Fulberto.

Lui lo ha fatto castrare per aver messo incinta sua nipote Eloisa, affidatagli in quanto prescelto precettore unico sulla base della sua rettitudine morale e conoscenza delle lettere e delle arti.

In questa storia merita inoltre di tenere presente qual è stata la punizione per gli esecutori della mutilazione, ma molto di più lo sono i commenti su come la coppia dal tragico destino abbia accettato le relative conseguenze del loro agito.

Abelardo riteneva che la vicenda scaturita con la giovane Eloisa fosse giusta e “non cambierà in questo sentimento”.

Il filosofo commentando a distanza di anni l’accaduto dichiarerà che :”Persistendoci e passato molto tempo dalla castrazione direi: Secondo la giustizia, l’organo che ha peccato è quello che è stato ferito e quello che ha espiato per il dolore il crimine dei suoi piaceri.”

Genera sempre un certo effetto leggere le parole dell’uomo e filosofo, ma soprattutto amante sincero di Eloisa, meditando sulle condizioni e l’offesa subita nel corpo, non meno che nell’anima:

“Per il mio crimine, io lo vedo,

è la punizione che merito.

Per il male che ho commesso

un grande danno soffro.

È stato giusto per il mio peccato

che questa spada mi abbia toccato.”

Si conserva, memoria di una classicità evocata tramite il nome “del filosofo”, Aristotele, un capitello dove appare la storia di “Aristotele ridicolizzato” che molto ha a che fare con l’idea che si vuol sostenere in questa trattazione.

È una leggenda che rimanda a tempi più lontani di quelli di Prudencio, a quelli di Alessandro Magno, ma che diede soprannome ad Abelardo che fu conosciuto e legato a quella leggenda divenuta popolare e ad un altro livello dai pensieri che il fatto gli ha prodotto nell’intellettualità:

«Quello che mi ha anche contribuito a terrorizzarmi era l’idea che, secondo la lettera mortale della Legge, gli eunuchi sono così abominevoli davanti a Dio, che gli uomini ridotti a tale stato dall’amputazione o contusione delle parti virili, vengono respinti dalla soglia della chiesa come fetidi e sporchi».

E cita i due passaggi del Levitico e del Deuteronomio, che escludevano dal sacrificio gli animali castrati e proibiscono agli eunuchi di entrare nel tempio.”

Preoccupazione per la salvezza dell’anima ( intesa da Abelardo come principio vitale e in senso piu naturalistico- spirituale che non confessionale) e retta condotta nei comportamenti sono da sempre reputati nell’umanità’ un binomio inscindibile, seppur mediato dalle culture di riferimento.

Soprattutto il vincolo morale e dovere di “preservare il corpo”, risponde a una necessità di integrità dello spirito il quale ci si relaziona, o tenta di farlo, all’alterità’.

Da ciò deriva la mediazione filosofica, poi divenuta in un secondo momento caposaldo anche della religione cristiana ( con numerose modifiche e varianti che ne hanno stravolto il senso originario, nelle sue varie declinazioni) nonché principio giuridico nella attività ermeneutica relativa al diritto, dell’etica delle intenzioni.

Testimonianza dell’importanza della questione del corpo e delle implicazioni derivanti dalla noncuranza del “preservarsi” ne è l’ampio spazio che a questa dedicano i pensatori e teosofi di ogni tempo: si può rilevare una trattazione puntuale in Aristotele, nell’etica, Agostino nelle “confessioni”, il già citato Abelardo, San Bernardo di Chiaravalle, Teophilus, San Colombano, Giovanni Pico della Mirandola, Tommaso Campanella, Nietzsche, charles Baudlaire, Emile Zola, Merleau Ponty, Husserl nell’ambito della fenomenologia e dell’intersoggettivita’ e Heidegher nella parte centrale della suo breve saggio sulla questione del tempo, per citare soltanto esempi.

Una questione, quella morale legata al corpo che nel tempo perde il suo aspetto primario se riferito ad aspetti fideistici ma che aumenta molto quelli legati alla pura spiritualità nonché a risvolti nella vita concreta nel vissuto con l’alterità, in senso di attenzione individuale nondimeno che nella percezione propriocettiva di integrità psicologica e identitaria.

Esempio tangibile in termini d’espressione artistica con cui si vive la problematica della concordanza, che forse apparirebbe di più facile soluzione se declinata più propriamente, nell’etica delle intenzioni, è la necessità di dare una risposta veritiera alla capacità soggettiva e personale di vivere con coerenza la questione morale del “preservare” il corpo, con tutto ciò che questo presuppone e implica.

Di concerto l’aspetto spirituale e morale, che innerva profondamente la condizione umana, prende forma nell’opera tormentata di Rodin, o in quella di Victor Prouve’ nel suo “I lussuriosi, secondo girone” del 1855, la contemplazione della quale, già lascia spazio al torpore e alle tenebre che dagli sfondi delle scene di promiscuità, lasciano chiaramente intravedere una oscurità esistenziale che è quella del vuoto spirituale.

Acutamente sottotraccia, ma nondimeno incisiva, la tematica della questione morale legata al corpo da ( doverosamente) “preservare”, è espressa dall’opera di Ponziano Loverini con una condanna indiretta ma quantomai esplicita ne:” la maledizione di una madre”, o anche di Giulio Aristide Sartorio in pieno clima simbolista carico di tutti i sentimenti di angoscia e straniamento, ne ” le vergini savie e le vergini stolte”.

Nell’opera del 1890, Sartorio oltre a riprendere la questione dei modi di fare pittura, lo fa con un impianto figurativo e una narrazione “per il tramite di parabola” che elude cosi il vincolo di validita del senso legato al tempo. In questo modo la problematica si estende in un ambito di validita’ del “sempre e comunque” da cui nessuno puo’ chiamarsi fuori dell’interrogazione, sincera, da porsi sulla propria condotta morale nei comportamenti( svincolata da principi religiosi?), legata all’uso del corpo come strumento edonistico ( anche e in taluni casi solo ) di piacere.

LUCA NAVA