
Circa mezzora di tragitto separa la Rocca di Angera dal castello di Masnago, e si possono entrambi visitare nell’arco di una giornata per apprezzare similitudini e differenze che li caratterizzano.
Entrambe le strutture guardano il lago Varesino prospiciente ed entrambe oggi rivestono il ruolo di sede museale, mantenendo viva l’attenzione sulla natura e le proprie origini.
Gli spessi muri stanno li a far memoria del passato turbolento attraversato.
La rocca sorge sopra un promontorio, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, prospicente Arona, a controllo, come si conviene a un fortilizio di tale dimensione, di quasi tutta la vasta porzione del territorio varesino, nonché di uno snodo strategico come il punto di innesto del corso del Ticino.
La antica disposizione la dava la rocca di pertinenza della mensa vescovile milanese e venne realizzata nelle forme attuali tra XIII e XIV secolo.
Qui vi fu uno degli scontri più acuti nelle lotte tra Torriani e Visconti, nel cui pieno possesso tornò solo dopo il primo decennio del Trecento.
Oggi la Rocca di Angera è sede del museo italiano del giocattolo e della bambola. Ma, oltre a queste collezioni uniche e di manifattura d’alto livello, anche ad Angera come a Masnago, sono ben vive le tracce delle arti del passato, specialmente ad affresco.
La decorazione ad Angera è sudduvisa per ambienti e aree tematiche con pitture a fresco, restaurate con criterio conservativo la dove necessario.
Il valore documentario è notevole ( per l’approfondimento relativo alle influenze di carattere tardogotico rimando alla sezione apposita per questo tipo di trattazioni)³ a partire della Sala di Giustizia che costituisce una delle principali testimonianze figurative della fase di sviluppo del linguaggio pittorico gotico in territorio lombardo.
Oltre che ad esercitare notevoli influenze su tutta l’iconografia transalpina, il ciclo pittorico presente propone inoltre un precoce esempio di pittura a tematica profana, di significato storico-politico e celebrativo, nonché allegorico.
La sala, al secondo piano dell’ala viscontea, grazie alla pianta rettangolare, è stata divisa in origine, in due parti da un arcone a sesto acuto.
Compaiono nel soffitto le volte a crociera, rivestite da una decorazione, insolitamente vivace a motivi geometrici, con quadrati e tondi intrecciati su modello dell’incrocio infinito ( tipico dei code miniati)⁴.
Tutto concorre a formare una sontuosa area dipinta divisa in sei campate e con pareti illuminate da bifore.
Gli spazi murari fra le aperture ospitano la decorazione pittorica, che si articola in tre registri sovrapposti entro grandi archi definiti da modanature ornamentali con stelle e fiori stilizzati⁵.
Le scene al centro, sono sovrastate da una fascia piuttosto alta con soggetti a carattere astrologico-astronomici, come tipico della dislettica alchemica, mentre il registro più basso è formato da una decorazione a losanghe che doveva, in origine, sostenere un elegante velario dipinto, oggi quasi del tutto scomparso.
Il ciclo narra le gesta della famiglia viscontea e in particolare quelle di uno dei suoi membri.
Si tratta di Ottone Visconti, arcivescovo e signore di Milano dal 1277 dopo la vittoria ottenuta a Desio sulla famiglia avversaria dei Torriani.
Da tempo gli studi⁶ hanno collegato gli affreschi ad una precisa fonte letteraria denominata “il Liber de gestis in civitate Mediolani”, panegirico a onore dei Visconti scritta dal monaco Stefanardo da Vimercate⁷, probabilmente nell’ultimo decennio del Duecento; ( per le similitudini con altri scritti celebrativi coevi).
A questo prototipo si ispirano i tituli⁸ che accompagnano le scene, mentre altre iscrizioni latine si riferiscono al registro primo e riportano, a completamento della fascia decorativa superiore appunto, alcuni versi del trattato astrologico “De Sphaera.”
Dal punto di vista stilistico l’autore dei dipinti mostra uno spiccato gusto per la complessa impaginazione delle scene, e questo fa pe sarebbe, con ampi margini di certezza a contatti con la Francia, ma anche con il mondo di Fiandra, soprattutto per via commerciale, ma anche grazie ad autori che gia di istanza nelle corti europee, poterono contribuire al diffondersi dei modi nordici, come ad esempio Matteo di Giovanni ⁹.
Una nota di dubbio organizzativo nell’impaginazione lo lascia il fatto che non è secondario il rapporto figure-architetture in cui le forme sono semplificate ed i volti, privi di caratterizzazione individuale.
Questi ultimi ricavano forte consistenza dalla risentita definizione lineare e dagli spessi contorni scuri; invero poco affini ad attenzioni maggiori altrove ¹⁰ o anche riferibili quali elementi di continuità con la tradizione pittorica duecentesca di matrice bizantineggiante, filtrate probabilmente attraverso la conoscenza di opere di area veneta.
È del resto già presente e viva quell’attenzione che sarà tipicamente lombarda per la definizione realistica dei dettagli o per la descrizione dei costumi che poi trapassera nelle arti degli arazzi e nelle pitture più raffinate degli artisti di XV/XVI secolo come il Tanzio, il Mola, ma anche prima con Suardi, Zenale, Morazzone, e certamente anche gli emiliani Sassoferrato fino al Dolci.¹¹
Il vivace effetto d’insieme della sala è accresciuto dalla girandola di colori della volta, vera e propria epifania cromatica che trova i suoi immediati confronti nella volta del S. Bassiano di Lodi Vecchio, ( basilica dei dodici apostoli di cui il link allegato) anch’essa decorata con soggetti laici.
Le raffigurazioni dei pianeti e dei segni zodiacali sono invece ancora legate a quelle tematiche astrologico-astronomiche che ebbero enorme sviluppo fin dagli inizi del Medioevo cristiano e in particolare in periodo romanico;¹² connesse alla scansione del tempo e delle diverse attività lavorative, in particolare agricole e pastorali, che presentavano molteplici implicazioni etiche, civili e religiose.
Ad Angera l’accostamento di questi temi a scene¹³ di carattere narrativo sembra voler sottolineare una sorta di continuità e di arcana memoria nonché dalla fatalita e dalla irreversibilità degli eventi storici.
Tutto lo spazio è posto nell’aula di giustizia della Rocca, il ciclo doveva avere inoltre valore di exemplum per chi era chiamato a giudicare, attraverso la sottolineatura di motivi come quello della clemenza del vincitore sul nemico vinto o dell’assoggettamento del potere terreno agli astri e alla Fortuna, e con precise indicazioni sulle virtù che dovrebbero accompagnare l’esercizio del potere.¹⁴
Si intrecciano qui credenze astrologiche, naturalismo e panteismo, questioni morali e molto altro.
L’aspetto della datazione dei dipinti è la nota delicata e ardua da definire: le ampie oscillazioni tra il 1277 della battaglia di Desio¹⁵ ed il 1314, anno in cui Matteo Visconti acquisiva definitivamente il possesso della rocca dopo un periodo di dominazione da parte dei Torriani e di altre famiglie, è quella più accreditata anche per paragoni con esempi simili nell’alta Lombardia.
Doveroso infine, un cenno all’esposizione delle numerose “bambole”, il cui appellativo sembra in questo caso riduttivo e non idoneo a rendere giustizia a quelle che sono autentiche opere di manifattura eccelsa e simulacri di una parte del gusto, conservato nella tradizione, proprio grazie a questo oggetti particolarissimi che tengono insieme ceramica, stoffe preziose, oreficeria e molto altro.¹⁶
Anche le collezioni di servizi in ceramica e porcellana presenti in esposizione, sono elemento utile di armonizzazione e costruzione di un contesto dai rimandi al gusto di tempi tanto lontani quanto affascinanti.
LUCA NAVA
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