RUDE E SCABROSA PRESENZA FRA LE ACQUE DEL MERA: IL TEMPIO DI SAN FEDELE

Oratorio romanico di San Fedelino, fonte immagine: Wikipedia

NOVATE MEZZOLA (SO). Se l’ideazione del termine “romanico” inteso come una derivazione dei caratteri dell’architettura del periodo classico dell’impero, connesso all’esperienza in prima istanza del X sec. è maturata fra Francia e Inghilterra nei primi decenni dell’ottocento, ancora più recente è la sua applicazione ai paesaggi architettonici italiani e in particolare dell’Italia settentrionale.

Il tempietto di San Fedelino, di quei caratteri ne è un esempio di completa identificazione e rappresenta la testimonianza di architettura romanica più antica di Lombardia e più a nord dell’Alto Lario,più precisamente situato sulla riva sinistra del fiume Mera, nel punto in cui confluisce nel prospiciente Lago di Novate Mezzola.

Non lontano, e anzi all’inizio della Valchiavenna si trova questo piccolo vano absidato, ossia la radice documentaria in forma architettonica, e anche simbolica, dell’arte e del pensiero dei sec XI/XIII.

La suggestiva chiesetta di San Fedelino, rappresenta dunque una della più preziose testimonianze dell’arte romanica non solo in Lombardia, ma il monumento più antico dell’alto Lario e inserita nella valle che connette il principio dell’area padana con le terre delle Alpi e quelle oltre le Alpi, con un punto di attenzione al XVI sec. quando la Valtellina divenne l’ultimo avamposto prima del fronte riformato al protestantesimo.

Il tempietto sorge a ridosso di una striscia di terra prospiciente il fiume Mera che poco più innanzi tramite in deflusso ampio in pianura alluvionale, entra nel lago di Mezzola, si raggiungibile da un sentiero che parte da Casenda (Samolaco) o via fiume, da Novate Mezzola.

Il luogo così isolato è funzionale al ritiro solitario e alla preghiera, ha costituito lungo i secoli la fortuna per la conservazione di San Fedelino, nel senso che non ha mai favorito un accorrere di pellegrini, forse anche per l’assenza di reliquie, se non quella di un corpo del protomartire Fedele solo in un secondo momento traslate all’interno del sacello a lui dedicato.

Mancando oggetti su cui lucrare in secoli bui della storia della chiesa, la conseguenza è stata un evitamento della trasformazione del luogo in un santuario, nonostante la devozione al santo sia stata sempre viva e vitale, anche nella città di Como.

Il piccolo edificio che consta in sostanza di una chiesa che non ha subito ad ora, alcuna trasformazione.

Su una struttura architettonica sostanzialmente originaria, si innestano tutti i caratteri atropopaici e simbolici di un’arte, quella medievale, costruita su reti di significati a più livelli e con forti elementi di rimando. Un linguaggio visivo al massimo grado, ragion per cui ai nostri occhi compare una testimonianza intatta, e per certi versi sfuggente nel suo significato complessivo, ma fonte di nutrimento della pietà popolare fin d’inizio del XI sec.

L’ambiente naturale in cui si inserisce il tempietto poi concorre a ruolo di cornice di storia e condensato d’arte che rappresenta San Fedelino.

La chiesetta o tempietto di San Fedele (detto anche localmente tempietto di San Fedelino) venne eretto appunto a cavallo del X-XI secolo. Questi edifici in genere, venivano eretti sul luogo del martirio del santo dedicatario.

In Questo caso il protomartire appartenente alla legione Tebea, e fautore della diffusione del cristianesimo delle origini in area lariana e tuttora venerato, fu raggiunto nel luogo ove sorge il tempietto dalle truppe imperiali dell’Imperatore Massimiano e qui martirizzato intorno al 303 D.c.

Sembra che Fedelino fosse un graduato dell’esercito romano ma che, data la sua conversione al cristianesimo, si fosse rifiutato di fare sacrifici agli dei per il buon esito della campagna di conquista che stava iniziando.

Per scampare alla condanna, fuggì verso Como e risalì il lago con una barca, fino a giungere a quello che ai tempi era il paese più settentrionale del Lario, Samolaco, dove fu raggiunto dai sicari dell’imperatore e decapitato. Sul luogo del martirio viene inizialmente edificato un sacello, poi dimenticato. All’inizio del VI secolo il suo sepolcro fu visto da Ennodio, vescovo di Pavia. Nel 964 le reliquie vennero riscoperte, grazie ad una donna del luogo che avrebbe informato del sogno, ordinò di scavare alla ricerca delle reliquie, che vennero effettivamente ritrovate nel luogo indicato ed in seguito trasportate a Como per essere custodite basilica di santa Eufemia che per l’occasione venne intitolata a san Fedele. Sul luogo del ritrovamento invece venne eretto un simbolo alla memoria e santificazione del martire.

L’edificio si trova nell’antico punto terminale settentrionale del Lago di Como che, ora si identifica con l’attuale Lago di Mezzola, punto in cui unisce il fiume Mera, il quale conduce verso la via per il del passo dello Spluga.

I caratteri del romanico già maturo si evincono, come per il vicino complesso di S. Pietro in Vallate (cosio valtellino) dal profilo scabroso della pietra calcarea locale, sbozzata rudemente, che si diversifica nella sua natura in questo esempio, solo negli archetti pensili, perfettamente conservati e realizzati in materiale Tufaceo.

Fa eccezione, alla roccia carbonatica come materiale di elevazione di abside e perimetrali del vano quadrato di lato 4,15 M, anche la copertura del tetto, davvero poco pendente che si imposta senza intercapedine su una volta, e realizzata con materiale locale di ardesia.

In prossimità della linea di sotto gronda per altro, i materiali assumono granulometria più fine e disordinata, (consentendo più utilizzo di malta forte) rispetto a una struttura più organica delle ampie murature sottostanti.

L’abside essendo rivolta a est, come di consueto nel medioevo, costringe la facciata contro il crinale montano prospiciente, obbligando al realizzazione di due ingressi laterali. (immagine)

Sull’esterno del muro absidale corrono tre fasce di paraste rudimentali, tipiche del primo romanico e presenti anche in un tempietto in Bergamo, coevo al nostro edificio; il sacello di S. Croce e straordinariamente similare nella concezione.

Anche questo piccolo esempio di Romanico presenta una pianta perfettamente quadrata ma tetrabsidata e sole due feritoie strombate ad alimentare di luce per l’interno.( immagine)

Le paraste di rinforzo/decoro un cinquantennio più avanti sarebbero state sostituite da esili semi colonnine ( vedi S. Egidio di Fontanelle, S. Benedetto in Portesana, S. Pietro in Vallate, S. Giulia, S. Salvatore in Val Camonica).

L’illuminazione all’interno del vano di S. Fedelino è assicurata da due monofore laterali e una sull’abside con strombatura realizzata, sembra, un po troppo approssimativamente e con poca cura nel decoro delle ghiere negli archivolti.

L’interno presenta una copertura a volta ogivale e lacerti di affreschi, verosimilmente del XI secolo, ma troppo danneggiati per poterne fare una stima e uno studio iconologico/grafico, anche se sembra piuttosto evidente il tema cristologico declinato nell’ultima cena, o forse la pentecoste. […]

LUCA NAVA

Estratto dall’art. completo su Noesis-Noema n°12\2023. e su ” artislineblog.com