SPAZIO LOGICO: IN MOSTRA L’ARTE DI GIULIA MARCHI

Lo spazio e la deposizione del tempo di Giulia Marchi, press kit uf stampa della mostra

BOLOGNA. Il processo creativo di Giulia Marchi, “spazio logico” connesso, intrecciato, che ambisce ad una totalità, un’attitudine al sentire l’immagine prima ancora di comprenderla, è al centro in contemporanea di ben tre mostre, a Bologna, Roma e Como. 

Ricerca letteraria e approccio concettuale sono precisi stilemi del linguaggio fotografico di Giulia Marchi. Il contaminare con materiali di diversa natura la scena dell’arte è parte integrante del suo lavoro. Fotografare è riflessione; richiede e pretende conoscenza, studio e comprensione profonda.

Le sue personali aperte fino al 7 maggio e attualmente in corso a Roma: “Una pietra sopra” alla Matèria Gallery a San Lorenzo, e “Un tempo lungo”. 
Ilaria Cuccagna & Giulia Marchi alla Galleria Ramo a Como, allargano ulteriormente i confini del suo progetto di ricerca personale

Ha scritto della sua opera nel catalogo della mostra romana il critico e storico della letteratura Andrea Cortellessa: «vedere il linguaggio rappresenta dunque un caso quintessenziale di sinestesia, ma anche una condizione allucinatoria».  

Marchi, perchè ha posto al centro di questi nuovi lavori in mostra l’esigenza di ridisegnare, allargare i concetti di spazio, di tempo?

«”Una pietra sopra” sono io oggi, i miei studi e la mia quotidianità. C’è un’opera a Roma il cui titolo è emblematico e forse è la sintesi del percorso intrapreso sino ad ora: «questa non è una risposta ma un evento del vuoto». È una citazione di Emilio Villa, un essere umano speciale, che appunto scelgo come titolo per un quadrotto di ferro alto più di tre metri che da terra raggiunge il soffitto interrotto ad una certa altezza da un leggerissimo foglio di carta.

C’è il peso del rimanere ancorati a terra in quest’opera e c’è il tempo della lettura, della riflessione che le parole riportate sul foglio pretendono. I materiali sono fondamentali alla comprensione del lavoro e portano con loro le peculiarità dei due concetti espressi, appunto il peso ed il tempo. La mediazione scultorea è una conseguenza naturale del mio pensare al lavoro oggi. Michelangelo affermava «tu vedi un blocco, pensa all’immagine».

Nella precedente mostra al Labs, aveva seguito i fili rappresentati da Wittgenstein e dalla sua ricerca sullo spazio, come come dai labirinti concettuali indagati da Cnosso a Borges. Qui invece i testi dell’architetto Rem Koolhaas…

«Il percorso del mio lavoro è continuamente dialettico, non riesco a vedere chiusure o restituzioni definitive. “Una pietra sopra” è letteralmente un cambio di prospettiva che metto in atto nel procedimento di ricerca, spostare il punto di vista spesso riserva inaspettate risposte. Realizzare un’opera per me equivale alla stesura di un testo, i materiali sono parole grazie ai quali in primo luogo parlo a me stessa, quanto accade a chi guarda il mio lavoro non è cosa mia, non pretendo di imporre significati o concetti. Le carte specchiate sono forse emblematiche per quanto sto affermando, la parola incisa è un “vettore”, un suggerimento a ricercare se stessi in quello che si sta osservando. “Un tempo lungo” è quindi un capitolo di un testo che riscrivo partendo da presupposti ben consolidati. I materiali scelti sono le certezze di un discorso perennemente in evoluzione. Soggetti alla ricerca del loro predicato verbale». 

AUTORE: MARCELLO TOSI