
VEROLANUOVA (BS). Fino al 4 giugno 2023, le due monumentali tele di Giambattista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770) conservate sulle pareti laterali della cappella del Santissimo Sacramento nella Basilica di San Lorenzo a Verolanuova (Brescia) tornano visibili in tutto il loro splendore, dopo il restauro recentemente concluso promosso dalla Fondazione della Comunità Bresciana attraverso il Fondo Fidanza.
La restituzione alla comunità delle due tele più grandi al mondo del maestro veneziano è celebrata da una iniziativa, dal titolo Tiepolo a Verolanuova. A tu per tu con i due capolavori restaurati, curata da Davide Dotti, con la collaborazione della Parrocchia di Verolanuova e il sostegno di BPER Banca, Lic Packaging e inblu, che consente ai visitatori di apprezzare, per la prima volta, da una prospettiva inedita e a distanza ravvicinata, la raffinatezza dei due dipinti, seguendo un percorso che li porta a nove metri di altezza, grazie a una struttura costruita appositamente per l’occasione.
Realizzate intorno alla metà degli anni quaranta del Settecento su commissione della nobile famiglia Gambara, le due opere di Tiepolo a Verolanuova sono alte dieci metri per cinque di larghezza e sono caratterizzate da una straordinaria qualità pittorica e fervida creatività compositiva.
I soggetti – Il sacrificio di Melchisedec e La caduta della manna – richiamano il tema eucaristico per la presenza del pane e del vino – offerti da Melchisedec, re e sacerdote di Salem, antico nome di Gerusalemme, ad Abramo – e dalla manna, il “cibo degli angeli”, disceso per volere di Dio sul deserto per la salvezza degli israeliti dopo l’uscita e la liberazione dalla schiavitù in Egitto.
Nel primo dipinto, la scena, ambientata al limitare di un bosco, è ariosa e di grande respiro spaziale, pur essendo popolata da numerosi personaggi che si dispongono lungo i lati esterni. Nel centro del campo pittorico vi sono i due protagonisti: Abramo, in abiti militari e con le mani giunte, s’inginocchia in preghiera davanti a Melchisedec il quale eleva al cielo un piatto contenente pane. Alle sue spalle è collocato un altare su cui poggiano una brocca di vetro con del vino rosso e del pane che il sacerdote offrirà ad Abramo. Assistono al sacrificio uomini in costumi orientali, donne, bambini, soldati, musici e vari animali. Nella parte superiore della composizione gli angeli si affacciano dalle nuvole per osservare cosa stia accadendo sulla terra; in lontananza, circondato da un bagliore di luce divina, si scorge Dio Padre benedicente appoggiato al globo, simbolo del suo potere sul mondo.
Ne La caduta della manna, Mosè, protagonista dell’episodio veterotestamentario e riconoscibile dalle corna di luce sul capo, svetta in tutta la sua maestosità dallo sperone roccioso. Alle sue spalle si nota una tenda, all’interno della quale era forse custodita l’Arca dell’Alleanza. Altre tende che si scorgono nello sfondo ricordano il lungo viaggio che gli israeliti stavano compiendo nel deserto di Sin, a sud della penisola del Sinai, per raggiungere la terra promessa. Mosè, allargando le braccia, si rivolge al cielo per ringraziare gli angeli che stanno facendo cadere la manna per sfamare il popolo ebraico rimasto senza cibo che, incredulo, si affanna a raccoglierla in piatti, otri e ceste. Mosè ordinò al suo popolo di prendere la manna secondo il bisogno di ogni famiglia: solamente il sesto giorno avrebbero dovuto raccoglierne una quantità doppia, perché il giorno di festa si sarebbero riposati.
Gli interventi, coordinati a livello scientifico e organizzativo da Davide Dotti, sono stati realizzati dagli studi di restauro Abeni Guerra di Brescia e Antonio Zaccaria di Bergamo sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia.
Proprio nelle parole dei tre restauratori, il senso di questa delicata operazione: “Il restauro è stato un work in progress lungo 12 mesi, pronto a modificare di continuo metodologie e materiali nel confronto con le micro e macro problematiche che convivevano su 106 metri quadrati di pittura di Tiepolo. La monumentale struttura autoportante allestita in loco ci ha consentito di operare in contemporanea sui due teleri e di esplorare, anche con indagini diagnostiche, un giacimento di dati sulla tecnica tiepolesca. Quello appena concluso non è stato un semplice restauro “estetico” ma un intervento complesso, dovendo in prima battuta far fronte a diffusi sollevamenti e a cadute in atto della materia pittorica. Una pulitura graduale e riformulata passo passo nell’approccio e nelle miscele ha per la prima volta liberato completamente la pittura originale tiepolesca – fino ad oggi contaminata dallo stratificarsi nel tempo di vernici, materiali estranei e interventi pittorici – arrivando a recuperare consistenti brani, finora occultati, di pellicola pittorica originale e a ripristinare i contrasti chiaroscurali. La stuccatura ha colmato una miriade di lacune, con la cura “plastica” di riproporre la texture corposa e materica delle pennellate tiepolesche, fornendo una base corretta al successivo intervento di integrazione pittorica. Condotta con una minuta grafia a puntini, identificabile a distanza ravvicinata, l’impegnativa operazione ha risarcito tutte le porzioni cromatiche perdute, misurandosi con l’intera gamma della tavolozza di Tiepolo, per restituire all’opera una lettura integrale. Particolarmente sfidante per le dimensioni monumentali delle opere e per l’imprescindibile presenza degli elementi di ponteggio, la lieve verniciatura finale ha messo in campo virtuosismi tecnici non scontati, con l’obiettivo di assecondare con discrezione le variazioni materiche e luminose in cui Tiepolo era maestro, che uno strato di vernice spesso e omologante avrebbe inevitabilmente spento”.
Le tormentate vicende conservative dei teleri di Verolanuova si legano strettamente a due figure che hanno segnato la storia italiana della tutela del patrimonio artistico: Ettore Modigliani, storico direttore della Pinacoteca di Brera e Soprintendente della Lombardia, e il restauratore Mauro Pellicioli. Modigliani nel 1911 promosse il primo restauro e la foderatura dei due dipinti, ma già l’anno successivo si rese necessario rifare l’intervento. Nel 1918, per metterli al riparo dai pericoli della guerra, furono arrotolati su un grande cilindro in legno e consegnati a Modigliani per essere ricoverati a Roma, in Palazzo Venezia. Nel 1920, al rientro a Verolanuova, venne eseguito un nuovo restauro, curato da Francesco Annoni e Mauro Pellicioli. Per salvare le due opere dai bombardamenti della seconda guerra mondiale vennero nuovamente avviate le pratiche per il loro trasferimento; tuttavia, il conflitto terminò prima che le lunghe trattative tra la Curia bresciana e la Fabbriceria di Verolanuova portassero a un accordo. Nel 1952 Pellicioli compì un ulteriore restauro nel corso del quale fu nuovamente rifoderato il Sacrificio di Melchisedec, mentre sulla Caduta della manna fu eseguita l’operazione del trasporto del colore, ossia la trasposizione della pellicola pittorica dalla tela originale a una nuova tela. Il traumatico intervento farà divergere definitivamente il futuro conservativo della Caduta della manna da quello del Sacrificio di Melchisedec che, a oggi, presenta un migliore stato di conservazione.
FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Ufficio stampa Clp